Intervista a Rancore: fra Sanremo, infanzia, e ermetismo

di InsideMusic
Rancore, ormai, rapper romano, è sulla bocca di tutti.

Da perfetto sconosciuto, con quel nome, Rancore, che già esprime un manifesto programmatico intero; noto solo nei circoli underground, è in attività dal lontano 2006, anno in cui aveva quindici anni. Ora, è reduce da ben due successi: quello di Musica per Bambini, album in cui si è destreggiato sia nella produzione delle basi che nella composizione e interpretazione dei testi, che ha registrato ottime vendite e recensioni entusiastiche, e quello a Sanremo. Infatti, con la vittoria dei premi della critica e della sala stampa, Argentovivo, in compagnia di Daniele Silvestri, è la vincitrice morale di questo festival di Sanremo.

Avevamo già incontrato Rancore, al secolo Tarek Iurcich, in occasione dell’uscita di Musica per Bambini (qui la recensione); ci è sembrato doveroso aggiornarci.

Ciao Tarek! Come stai? Se ti ricordi, hai già incontrato un esponente di InsideMusic, e abbiamo parlato di Musica per Bambini. Ora sei andato oltre, sei andato a Sanremo, hai vinto tutto meno che il titolo (critica Mia Martini, sala stampa Lucio Dalla, miglior testo Sergio Bardotti): com’è stato?

È stato un grandissimo onore. Ero un grandissimo fan di Daniele, e andare all’Ariston con la canzone che abbiamo concepito insieme è stato grandioso. Un’esperienza totalmente positiva.

Daniele Silvestri è un po’ come te, è romano, e questa già è una gran cosa in comune!  Com’è nata l’idea di Argentovivo? È come ci è entrato Manuel Agnelli nel progetto?

Sono fan di Daniele Silvestri da una vita, tanto per cominciare. Daniele,poi, aveva già la canzone pronta. Mi ha contattato, e ci siamo incontrati in studio grazie ad un amico in comune. Non c’è stata subito l’idea di andare a Sanremo, forse, se lo avessi saputo, la mia creatività nello scrivere la strofa ne sarebbe stata inibita. Mi sono chiuso per settimane, in casa a scrivere, e poi è stata decisa questa cosa del festival. Da lì è stata una corsa per consegnare in tempo il brano! Eppure, sono soddisfattissimo del risultato. Manuel Agnelli era già stato contattato da Daniele per fare Argentovivo insieme, sono io che sono stato introdotto successivamente.

Questo Sanremo è stato quello di rottura, come dimostra la tua presenza. C’erano state delle avvisaglie, prima ma quest’anno la gestione Baglioni della kermesse più conformista di sempre l’ha resa l’anticonformismo per eccellenza, fra voi, zen circus, e la trap. Ti sei sentito parte di questo cambiamento?

Sì, e ne sono stato felicissimo. Argentovivo è stata una grandissima vittoria, e stare sul palco dell’Ariston, in qualità di Rancore, senza snaturarmi, è stata la parte migliore. Sono riuscito ad essere me stesso al cento per cento. Non ho subito l’emozione, anzi, a forza di dirmi che sarei stato emozionato sono riuscito ad essere concentratissimo!

Sì, è vero. Le esibizioni sono state impeccabili, laddove molti altri si sono invece fatti prendere dal panico. Ad ogni modo, i bambini: un filo conduttore che parte da SeguiMe, che hai scritto quando avevi quindici anni, e che porta da Argentovivo. Il concetto del bambino che urla – e viene zittito – è un classico della tua poetica. Perché? Quanto c’è di autobiografico in questi bambini arrabbiati?

Come ti ho detto, la canzone Argentovivo era in realtà già pronta, ed io ho soltanto scritto la mia strofa. Beh, in Musica per Bambini, tutto il mondo attuale – che non amo, e in cui non mi riconosco; è un mondo sempre meno a dimensione umana, in cui accadono cose inenarrabili – è rappresentato è un bambino. Un bambino col quale è difficile comunicare, perché è distratto: ecco perché si usano delle strategie da strilloni, grandi titoli sui giornali, uso dei mass media per stupire. Non si riescono più a cogliere i messaggi silenziosi, non si va più in profondità. C’è comunque una componente autobiografica, perché, a quanto pare, la comunicazione è il mio primo problema (ride). Inoltre, quando ho composto Musica per Bambini – mio primo album da tempo senza il DJ Myke, in cui ho dovuto far anche da producer – non sapevo se avrei continuato a far musica. Ad ogni modo, lo scopo finale sia di Argentovivo che di Musica per Bambini tutto, non è tanto fornire delle risposte, quanto più porre delle domande. Interrogarsi sul perché la realtà vada in un certo modo.

Avrai cambiato idea, riguardo il continuar a far musica, spero! Ecco. Dato che parliamo di Musica per Bambini, toglimi una curiosità: che connessione c’è fra il principe crudele di Sangue di Drago e questo mondo che non ascolta più nessuno?

Il principe vuole creare un mostro. È una strategia, quella di creare un nemico più forte per distogliere l’attenzione, che è stata sempre usata e di cui ora, vedo, viene perfino abusato. Il principe, in realtà, crea il drago, trasformandovi un suo oppositore attraverso la magia del suo fedele mago. Un po’ come nei Promessi Sposi: si cerca un capro espiatori per problemi diversi.

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Rimanendo in tema Sanremo, la polemica riguardo Rolls Royce di Achille Lauro è montata in modo spaventosamente rapido (ignorando quella riguardo Virginia Raffaele satanista). Vista dal di dentro, da artista che è stato a Sanremo, com’è stata?

(ride). Tu dici che c’ero, ma è stato come se non ci fossi! Se non per le serate in cui mi sono esibito, sono sempre stato chiuso in camera. Ho letto poi dai giornali della polemica riguardo Achille Lauro. Lì per lì, quando ho sentito la canzone, mi è piaciuta.

Anche a me. E non ci ho visto nemmeno granchè differenza con Vita Spericolata di Vasco Rossi, nei contenuti. Lui voleva una vita spericolata, Sferaebbasta soldi e fama. È cambiata la forma, ma è comunque una canzone gradevole.

Non ci ho visto significati reconditi. Inoltre, i musicisti, per me, si dividono in due categorie: chi abbraccia il diavolo, e chi cerca di ucciderlo. C’è sempre un pizzico di oscurità nella creazione artistica.

Tutte le arti, dai. Tu sei fra quelli che cercano di ucciderlo?

Io sono fra quelli che cercano di mantenere una propria integrità di fronte ad esso. Anche per questo porto sempre il cappuccio, in live, o il cappello. È per proteggermi da influenze negative, per proteggere il mio centro. Sai, i francescani dicono, come da regola di San Francesco, indossano il cappuccio – la cocolla – per mantenere la purezza di spirito. È la stessa cosa che faccio io: per mantenere il candore di un bambino, la sua ingenuità. Ce lo avevo anche all’Ariston, durante le esibizioni di Argentovivo. E sulla copertina di Musica per Bambini.

E perché i dadi, allora?

Perché gioco con le parole, da sempre. Come un bambino gioca coi suoi giocattoli..

Ultima domanda su Sanremo, giuro! Come sai, alla fine, ha vinto, grazie ai voti della sala stampa e della giuria, Mahmood. La sua canzone ha una tematica che esula da quanto proposto finora a Sanremo: un padre che riappare al figlio solo per spillare denaro. Credi che questa vittoria si inscriva all’interno del Sanremo di Rottura? 

Assolutamente sì, e credo fermamente che questo Sanremo non potrà far altro che influenzare i successivi, in quanto finalmente specchio della realtà. La realtà musicale che c’è in italia, dall’indie al rap, che è sempre esistito ma che Sanremo ha ignorato. Anche il tema, del brano di Mahmood, è abbastanza rivoluzionario, inusuale.

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Parliamo delle tue strategia compositive. Un tuo collega, Murubutu, alias Alessio Mariani, con cui hai collaborato ne L’uomo che viaggiava nel vento nel brano Scirocco, mi ha detto di te che tu, nella tua composizione, “hai delle grandiose visioni ermetiche, che solo tu vedi, e che cerchi di descrivere sinceramente”: è vero? Ci ha azzeccato?

Assolutamente sì. E sono francamente onorato che Alessio mi abbia descritto così. Lui è una persona coltissima, ed è fra i migliori rapper italiani al momento.

Sei troppo modesto.

(ride) Comunque ha ragione, ho delle visioni di mondi che cerco di esplorare: è come quando si visita un luogo sconosciuto, accessibile solo a se stessi, e si deve redarre un diario di bordo, e deve essere il più particolareggiato possibile. Per questo utilizzo un linguaggio fruibile, che, per quanto ermetico, è comprensibile e racconta una storia. La racconta, descrive il paesaggio, soprattutto a me stesso, perché sento il bisogno di interpretare a mio modo quello che vedo. Posso dire di essere un gran ricercatore della verità.

In Italia c’è adesso una fioritura di trapper, che hanno tematiche lontane anni luce dalle tue, di Murubutu, di Mezzosangue, di Jesto: si può dire che è musica d’evasione. Ora, da trentenne, che fa musica da quando ha quindi anni (SeguiMe è del 2006) in un’epoca in cui è facilissimo rimediare basi e comporre musica, come vedi questa nuova generazione di musicisti?

Ne ho ventinove, non invecchiarmi di un anno (ride)! Credo fermamente che fare musica rapidamente, di getto, non sia meno lodevole di farne con, diciamo, impegno. Sono semplicemente due approcci diversi di fare arte. Prendi gli impressionisti, e prendi un quadro rinascimentale. Nel secondo c’è grandissimo studio dei particolari, grandissimo impegno da parte dell’artista nel ricostruire la figura, ma nell’impressionismo c’è grande spontaneità. Sono due modalità diverse e non per questo comparabili. La gente ha anche bisogno di musica d’evasione, che parli di frivolezze, che parli di questioni di tutti i giorni. Non per forza di visioni ermetiche! Non esiste solo il conscious hip-hop.

Rimaniamo in tema canzoni d’amore. Tu non ne hai mai scritte sensu strictu, e quando l’hai fatto erano di SMS sei molto stronza tremendamente caustiche, o irreali, come nell’ipocrisia del principe di Sangue di Drago. Credi, ad ogni modo, in questo sentimento, e credi che possa sinceramente esistere fra esseri umani?

Guarda, credo che parlerò d’amore e ci scriverò canzoni quando lo conoscerò davvero. Ad ora, non so dirti. Però posso affermare con certezza che credere nell’amore è come credere in Dio: è più forte la ricerca di esso che la sua stessa esistenza. Mi spiego meglio: l’amore esiste finchè c’è qualcuno che lo cerca. L’amore, dunque, esiste perché esistono canzoni che ne parlano, e perché c’è chi le ascolta. È dunque un bene che esse esistano, e che siano scritte. Stesso dicasi per Dio. Se fosse concreto, tangibile, sarebbe raggiungibile, e perderebbe allo stesso tempo di concretezza. Ad ogni modo, credo che uomo Y e donna X siano destinati ad amarsi, a stare insieme.

Ci sono citazioni letterarie, fumettistiche (soprattutto in Musica per Bambini), per tutta la tua produzione musicale: che rapporto hai con le altre arti, oltre alla musica? Non ti chiudi ad esse, come hai detto che fai col mondo, o sei come una spugna?

Mi ispiro molto, in realtà. Credo che su tutti noi artisti cada la stessa pioggia, ma sta alla sensibilità di ognuno – e per ogni arte è diversa – raccoglierla ed interpretarla a proprio modo. Per questo, non mi chiudo affatto ma sono apertissimo ad altre modalità espressive.

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Nelle tue liriche nomini spesso formule chimiche. Perché tanto accanimento?

Perché comporre musica è un po’ come la chimica. Si mettono insieme vari elementi, si vede cosa ne nasce. Ed è spesso sorprendente. Sono inoltre appassionato di alchimia. Del resto anche “ermetico” come parola ha radici alchemiche, legate al mago Ermete Trismegisto.

Sunshine è piena di riferimenti all’alchimia, se non sbaglio.

Sì, assolutamente, ma non solo. Lo faccio anche quando parlo del mercurio, in Argentovivo, che è appunto una traslitterazione del mercurio; mi fa riflettere anche quanti alchimisti siano morti per via del mercurio, nel tentativo di purificare l’oro e ottenere la pietra filosofale. Una ricerca infinita.

E ora, che hai vinto moralmente sanremo ed il tuo album ti ha lanciato nelle vette della musica italiana, che progetti hai da rivelarci?

Guarda, ad ora voglio solo concentrarmi sulla dimensione live. Questo tour sarà un vero e proprio viaggio all’interno di Musica per Bambini, quasi un disco a sé! Ci saranno parti teatrali, personaggi, attrezzature di scena: tutti i miei giocattoli. Poi, chissà cosa ne uscirà. Credo che continuerò a fare musica.

Allora ci vediamo all’Atlantico, a Roma, il 16 marzo!

Certo! Buona serata.

A te!

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