Resist, Within Temptation: stelle e guerre che esplodono [Recensione]

di InsideMusic
Camaleontici come loro solito, i Within Temptation sono tornati. Ambientando Resist durante una sconosciuta quanto dolorosa guerra non ancora avvenuta, dando voce ai soldati di una scalcagnata resistenza ad uno sconosciuto nemico. Resist è uscito il 1 febbraio 2019 per Spinefarm/Vertigo.

Cinque anni di dolorosa assenza per Sharon Den Adel, la bella e talentuosa cantante (autodidatta, eh), per suo marito Robert Westerholt, compositore della maggior parte della musica degli olandesi nonché chitarrista, oltre che della pletora di strumentisti che compongono la band: Ruud Jolie alla chitarra solista e agli scream, Stefan Helleblad alla seconda chitarra ritmica, Martijin Spierenburg alle tastiere, mentre Jeroen Van Veen e Mike Coolen occupano rispettivamente basso e batteria.

Cinque anni di stop, da Hydra, album che aveva segnato il passo verso una sonorità molto…meno gothic, distante gigaparsec da quell’Enter che aveva dato la fama alla ban – cui va aggiunta anche un’ingrombrante presenza di nientepopodimenchè Xzibit. Sì, gente, il tizio che faceva Pimp my ride e Pimp my wheels. Lo trovammo nel singolo And we run, godibilissimo ibrido fra dance e symphonic metal in cui triturava versi come bengala.

Dunque, le operazioni di contaminazione musicale da parte dei Within Temptation sono tutt’altro che rare, e a tal proposito va ricordata la serie di splendide cover che la band fece nel corso del 2013, The Q Music session. Beh, se la voce di Sia nella bella Titanium di David Guetta era già paradisiaca, quella di Sharon den Adel è un biglietto di sola andata per l’Empireo.

Ad ogni modo, avendo ben in mente chi sono i Within Temptation – null’altro se non, assieme ai Nightwish dai quali si sono sempre più discostati nel corso dei decenni la miglior band female lead che si sia mai vista in Europa – andiamo ad ascoltare Resist.

Resist, Within Temptation; artwork e tracklist

resist within temptation recensione

01. The Reckoning
02. Endless War
03. Raise Your Banner
04. Supernova
05. Holy Ground
06. In Vain
07. Firelight
08. Mad World
09. Mercy Mirror
10. Trophy Hunter

 

 

 

L’album si apre con The Reckoning, ed è già una sorpresa. Il growl di Jacoby Shaddix dei Papa Roach ci introduce verso un brano che fonde elementi di cornamuse fortemente folk ed una base symphonic metal, sebbene tremendamente orecchiabile e totalmente scevra della componente gothic – se non nel bridge – che fu un marchio di fabbrica per Sharon e Soci, la quale comunque si diletta in deliziosi gorgeggi. Una vera e propria chiamata alle armi, neanche la coppia di cantanti cantasse adal balcone di vedetta di una fortezza, e l’intero esercito si prostra ai loro piedi. Endless War è l’evoluzione di The Reckoning, in cui gli stessi effetti neo-folk vengono recuperati e rielaborati, per un brano che fa il verso agli Amaranthe (qui la recensione di Helix) per intensità di sound, ma che è Within Temptation per la classe espressa. Ecco, ciò che si nota di  Resist: la pienezza del suono. Non esistono momenti di pausa, fra le fittissime intelaiature di tutti gli strumentisti che compongono la band; laddove i synth si interrompono, appaiono i cori di Endless War. Chissà che fa il Viaggiatore del mondo di Destiny, videogioco Bungie, stanco e sofferente per aiutare i suoi guardiani privi di luce?

Nella futuristica crociata dai bassifondi di Resist, c’è spazio, poi, per una vera e propria sigla dell’Attacco dei Giganti, estasiante quale è Crimson Bow and Arrow. Beh, non so se avete presente l’intero EP degli Epica dedicato al fortunatissimo seinen; ecco, Raise your Banner recupera quel sound prettamente giapponese. Nel Sol Levante nacquero, un tempo, gli X-Japan, e furono in grado di fondere epòs neoclassico, rock, e godibilità; e Raise Your Banner, terzo brano di Resist, un inno uptempo dal ricchissimo tappeto di synth e in cui le voci di Sharon e di Anders Friden degli Inflames –lei, eterea principessa, gutturale e gracchiante lui – si fondono per un’altra hit.

La stella più vicina a noi attualmente pronta ad esplodere in supernova – uno stadio di un astro in cui esso, non più in grado di sostenere la fusione nucleare di idrogeno in elio per esaurimento dello stesso, e durante la quale si libera degli strati più esterni scagliandoli nello spazio circostante – è Betelgeuse. Non ho idea se i Within Temptation si siano ispirati ad essa per Supernova, quarto brano da Resist, ed il più esplosiva. Come se non bastasse, torna a rimarcare il nuovo corso elettro pop dei Within Temptation: catchy al punto giusto, cui aggiunge un arrangiamento orchestrale magistrale. Il finale, fatto di cori latini, è Hollywoodiano al punto giusto; il tocco del genio da soundtrack distopica.

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N49, una nebulosa dovuta all’esplosione di una supernova nella Grande Nube di Magellano.

E si prosegue nella falsariga del sound ibrido, epico, maestoso, giapponese con Holy Ground, che però risulta essere una ballad amara mascherata da brano elettropop, e basata, stavolta, interamente sulla persona e sull’estensione vocale di Sharon den Adel. E se c’è un momento loffio in Resist, è proprio con la successiva In Vain, che nulla aggiunge a quanto già espresso, cui, semmai, sottrae energia, tentando di proporre un brano catchy ma eccessivamente oscuro. Come una supernova che è evoluta in buco nero, e non in meravigliosa nebulosa.

Terzo ospite di Resist è Jasper Steverlinck, cantautore e chitarrista Belga degli Arid e collaboratore di lungo corso di un altro fiammingo d’eccellenza, Arjen Lucassen degli Ayreon, per Firelight. Dotato di voce virile ma melodiosa, Jasper è il valore aggiunto ad un brano già eccelso – Firelight, dotato di quella carica di eleganza ed epòs decadente che è tanto caro alle cantautrici electro-pop nordeuropee. Susanne Sundfor, Aurora, per citarne due. Rarefazione per una ballad che è sottofondo musicale ad una lenta marcia di ribelli scalcinati: una crociata degli straccioni contro una patinata up-town che nulla concede.

Dopo tanta bellezza, la scialba Mad World appare quasi una provocazione per l’ascoltatore, un mix fra gli Amaranthe con meno idea ed i filler dei Within Temptation fin dai tempi di Mother Earth.

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A me ricorda un certo videogioco Bungie.

Eppure, amici miei, non disperate. Continuate a confidare negli olandesi, e nel genio compositivo di Westerholt, secondo solo a Tuomas Holopainen dei finnici Nightwish; ed eccoci, quasi alla fine, per la regina di tutte le ballad pop del nuovo corso dei Within Temptation. Fra echi di Sia e Lady Gaga, ricordi delle furono hit Memories e Angels, ecco che parte Mercy Mirror: ballad nebbiosa e struggente, dedicatela a chi volete, controvoglia, lontano dalla vostra vita. Come Betelgeuse che sputa via la sua crisalide di elio.

My heart like a planet the sun forgot
Where now? Orbiting the light that I had lost
More than words is silence teaches
How to see and to feel what is real
When sunlight reaches my soul?

Resist si chiude con Trophy Hunter, che mescola tutto quanto presentato precedentemente: cori virili, background elettrico, synth ricchissimi, ed un sound che è pieno e perfezionista alla pazzia. Una degna ending a cotanto vigore dimostrato.

Devo ammettere, dunque, che Resist è stato un album decisamente arduo da recensire. Da una parte perché assieme ad una manciata di altre band nordiche, i Within Temptation portano ancora il pesantissimo stendardo – con annessi massi pesanti tonnellate di vinili non venduti – del power symphonic metal, ed ammettere che quel sound così caro alla scrivente si sta perdendo è una pugnalata al cuore. D’altro canto, però, la musica è fluida; è un fiume che attraversa paesaggi sempre diversi, che serpeggia per un intero pianeta. I Within Temptation non sono esenti al suo flusso, ed è da anni che un album come Resist era nell’aria. Album che, sebbene possieda alcuni momenti bui, in alcune tracce, ed in generale nel songwriting e nella bellezza estatica degli arrangiamenti, brilla in un cielo notturno come una coloratissima nebulosa.

Vi attendiamo in Italia, ragazzi.

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