Il Ballo della Vita dei Maneskin: recensione

di InsideMusic
Il Ballo della Vita è spesso convulso, fra sigarette e fogli spiegazzati. Quando si dice che l’abito non fa il monaco, si dà per scontato che determinate volte ciò non sia vero. E si ci caliamo nelle complicate negazioni della lingua italiana, si finisce per dire che sì, ogni tanto l’abito fa il monaco.

I Maneskin hanno sostanzialmente vinto, dieci mesi fa, X-Factor 10, e il 26 ottobre è uscito il loro vero e proprio esordio: Il Ballo Della Vita. Colorati, belli, guidati da Damiano David e composti da Victoria de Angelis al basso, Thomas Raggi alla chitarra e Ethan Torchio alla batteria, hanno riportato in auge usi e costumi che si erano andati a perdere nei primi ’90: il glam rock. Eppure, la musica dei Maneskin non è poi così rock: nell’EP Chosen (che prende il titolo dall’unico inedito interpretato durante X Factor), che vanta cover di Caparezza, The Killers e Black Eyed Peas, Vengo dalla Luna viene sciacquata nel funky bass-based che temo non sia frutto della bella Victoria. Cover più azzeccata dell’EP, su cui è stato basato il tour da svariati sold out della band, è Beggin’, dei The Four Seasons. In tutto ciò, Damiano e Victoria si atteggiano a Kate Moss e Johnny Depp, lei saltella in calze a rete mentre inanella note manco fosse in una air band e lui si perde in svariati portamenti vocali durante i live.

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 Dunque, cosa avranno da raccontarci i ragazzi romani, e Damiano con la sua voce roca, le guance scavate e il trucco che a noi trentenni ricorda fin troppo i gloriosi fasti di Ville Valo? Magari durante la registrazione (o prima) avranno seguito qualche lezione di musica?

Partiamo dal contorno. I Maneskin sono prodotti da Fabrizio Ferraguzzo, stesso produttore di Fedez, nonché direttore musicale di X Factor, uomo di indubbio talento e fiuto per ciò che è commercialmente vendibile. In Italia mancava una rock band, diciamo, estroversa, dopo la dipartita politica dei Litfiba di Eutopia. Tutto ciò fa incredibilmente sorridere al pensiero che Manuel Agnelli in persona abbia caldeggiato l’intera operazione: me lo immagino che sghignazza, sentendosi come un’eminenza grigia (dai lunghi capelli neri) della moda musicale italiana.

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Ville Valo, frontman degli H.I.M. Qualche somiglianza c’è.

Damiano, ha, peraltro, poi annunciato in un’intervista a Ginger Generation che Il Ballo della Vita è un concept album (“Non se ne fanno da tanto”) che ruota attorno alla figura di Marlena, musa, nonché summa del concetto della vita secondo i Maneskin; protagonista del brano-hit Torna a casa.

Liberiamoci dai pregiudizi e diamo il via a Il Ballo Della Vita. Si parte con una potenziale hit: New Song, funky rock musicalmente divertente ma che non stupisce. Notevole però è la pronuncia inglese di Damiano. Immediatamente, poi, ci ritroviamo di fronte a Torna a Casa, prima ballad della band. Ed è bella. È bella se hai sedici anni, fumi ma ti strozzi ad ogni boccata ed il fumo ti esce anche dalle orecchie, se confondi arpeggi di chitarra in distanza con grande musica; se ami la verbosità, quella che cantautori come Marco Mengoni rifuggono pur scrivendo ottime ballad. Appare Marlena in Torna a casa: che è un po’ come il viaggiatore di Ti ho voluto bene veramente, ma più falsa. L’accelerazione finale fornisce decisamente pregio, assieme al cambio di accordo nell’ultima ripetizione del refrain.

C’è sempre Marlena che è vizio e virtù, peccato e nobiltà, nella latineggiante l’Altra Dimensione, brano gradevole ma che si lascia ascoltare senza pregi né virtù. La lap steel guitar ritrovata negli scantinati ha un suono cristallino e non stucchevole, che, assieme agli archi, fa da contraltare a qualcosa che potrebbe tranquillamente uscire da un saggio di scuola di musica di paese. Se Damiano aveva un’ottima pronuncia inglese in New song, sembra che ciò sia stato completamente dimenticato in Sh*t Blvd, un brano che sembra tanto jingle pubblicitario, un po’ scopiazzato dagli ultimi lavori dei Phoenix.

Nel Ballo Della Vita dei Maneskin Victoria diventa Novoselic dei Nirvana in occasione di Fear for Nobody, brano up-tone (sempre funky) che però innalza decisamente la qualità del brano: sebbene le note del basso siano scandite più o meno con la stessa delicatezza che potrebbe avere Thor col martello, la batteria è sempre puntuale e l’accompagnamento è ben armonizzato col cantato di Damiano.

Torniamo alla verbosità, all’acqua salata, alle distanze, con un brano che ha gli stessi accordi di Torna a casa, ma molta meno fantasia in merito di linea vocale: Le Parole Lontane. Mi fa ridere da morire l’idea di Damiano che parla di amori perduti a diciotto anni, e mi viene da pensare che questo brano sia un prodotto 100% made in Ferraguzzo (=soldi); insomma, quando Massimo Ranieri cantava Perdere l’amore non era un pischello. Eppure, va detto che quando canta in italiano, Damiano dà il meglio di sé, i portamenti sono meglio nascosti.

Su Immortale, brano co-scritto con Vegas Jones, stendo un velo pietoso.  Tamarreide in musica, Sferaebbasta almeno si prende in giro da solo perché ci si è ricoperto d’oro: Vegas Jones non si capisce nemmeno cosa dica, roba che Mondomarcio era maestro di dizione; fra autotune e beat orrendi, che deviano con cori campionati il nulla totale del testo trappeggiante che fa eco a Rockstar del suddetto Sfera. Lasciamo scorrere soffrendo i due minuti e mezzo di questa roba, e ci lanciamo in Lasciami Stare, che riprende esattamente i temi musicali di Morirò da Re. Pregevole il dubbing nel refrain, dona maggior spessore ad un brano che altrimenti sarebbe solo uno spreco di fiato rappeggiante; il riff di sottofondo, del povero Thomas – che, sono certa, potrebbe far di meglio; non dico un assolo, ma almeno non questa cosa – è quanto di più scontato ci sia nell’intero album.

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Vegas Jones, al secolo Matteo Privitera.

Are you Ready e Sean Paul che si è fatto larva astrale e ha preso possesso di Damiano. Fra beat profondi e flow in creolo raggaeton, si ode ogni tanto quel “pucciaenza” che ci ricorda tanto le discoteche estive, quelle in cui un drink annacquato lo paghi 10€ e ti dimentichi le scarpe chissà dove. E ti scippano. Che bello

Me lo sentivo che Thomas sapeva fare qualcosa, e ce lo dimostra nel brano migliore di Il Ballo Della Vita: Close to The Top. Un po’ di sano rock, per un brano che, se non pregevole, è quantomeno divertente e ballabile, grazie anche alla produzione ottimale che ha aggiunto effetti synth in distante sottofondo ed un cambio di tono del refrain che fa tanto Bon Jovi. Niente da dire, e fa già ridere così, è il penultimo brano di Il ballo della vita: ovviamente funky, è un lungo flusso di coscienza su una persona X che deve riprendersi la sua vita, con echi Silvestriani che poi si perdono nel refrain in una serie di metafore non troppo ardite (“ ho strappato queste spine, ora ho cominicato a vivere”).

Il gran finale de Il Ballo Della Vita è affidato alla hit Morirò da Re di cui è stato fin troppo detto: un po’ living californication, è sostanzialmente il selfie di Damiano e Victoria in cui fanno il cosplay di Moss e Depp fatto musica. Però, essendo in italiano, Damiano canta bene, ed il brano possiede strofe, refrain, bridge, e cambi di accordo. Ed è giusto che sia una hit radiofonica, perché Marlena a ballare mezza nuda sui tram ci sta bene, ed è, pur nella sbruffonaggine dei Maneskin, un tocco di bellezza nella grande metropoli.

In sostanza, da Il Ballo della Vita ci si aspettava di meglio. Un po’ di personalità, ecco. Lei. Un nucleo centrale che abbia qualcosa di sensato da dire.

Come ho detto all’inizio, ci si aspettava inoltre gli strumentisti avessero imparato qualcosina, e che si uscisse dall’effetto “cover band di Zombie”. No, non è successo. Eppure, c’è una certa tenerezza che sale, come roseo vapore di fiori, dalle ntoe de Il Ballo della Vita. La giovinezza. Perchè questi ragazzi torneranno a casa dai genitori (insieme a Marlena), diranno che si sono divertiti: diranno che hanno fatto un album, e a meno che veramente non prendano lezioni di musica o ridimensionino il proprio ego, questo rimarrà il loro unico album di successo.  Però vi ringrazio, Maneskin, perché avete dato a noi giornalisti di che parlare per almeno un altro mese: alla musica, però, avete dato decisamente meno.

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Artwork e Tracklist de Il Ballo Della Vita dei Maneskin (Sony)

01. New Song – (03:33)
02. Torna a casa – (03:50)
03. L’altra dimensione – (02:06)
04. Sh*t Blvd – (03:22)
05. Fear for Nobody – (02:30)
06. Le parole lontane – (03:24)
07. Immortale (feat. Vegas Jones) – (02:31)
08. Lasciami stare – (02:49)
09. Are You Ready? – (02:33)
10. Close to the Top – (02:18)
11. Niente da dire – (02:36)
12. Morirò da re – (02:37)

 

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