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Bohemian Rhapsody, analisi e traduzione a cura di Morgan

by Luca.Ferri

Morgan, in occasione di “Freddie – speciale su Freddie Mercuri”, che il leader dei Bluvertigo condurrà Giovedi 24 Gennaio in prima serata su Rai 2, ha analizzato e tradotto “Bohemian Rhapsody”. Andiamo di seguito a leggere quello che Morgan, ha pubblicato tramite il suo sito internet ufficiale.

Bohemian Rhapsody. Interpretazione sommaria e traduzione non poetica di Morgan

La canzone è simbolista nel testo e nella musica è formalmente totalmente libera, costruita con cinque ipotetiche canzoni diverse e quindi contiene vari generi di musica. Vediamola scomposta. 

(una piccola curiosità, prima che me la dimentichi: chissà se i signori della Apple corporation che ogni quattro secondi mi fanno firmare licenze di utilizzo dei loro marchi con divieto assoluto di qualsiasi ‘redistribution’ hanno riconosciuto ai Queen il diritto di proprietà sulle parole THUNDERBOLT & LIGHNING prima di chiamare così i loro nuovi protocolli di connessione informatica? Mi piacerebbe chiederlo a Brian May, ma mi si è spento il telefono, ora prendo un cavo thunderbolt con l’adattatore lightning… Suggerisco per i prossimi cavi Galileo, Magnifico, Scaramouche e Mac Figaro… o iBismillah).

Is this the real life?

Is this just fantasy?

Caught in a landslide

No escape from reality

Open your eyes

Look up to the skies and see

I’m just a poor boy, I need no sympathy Because I’m easy come, easy go A little high, little low Anyway the wind blows, doesn’t really matter to me, to me

Questa prima parte è completamente Beatlesiana, ma i Beatles di Abbey Road, l’ultimo capolavoro dei Beatles. Sia nelle armonizzazioni vocali in stile ‘Because’ o ‘Sun King’ e sia nel suono, volutamente ‘vintage’, un quadretto che ha il compito di trasportare nel tempo in un’epoca altra che non sia il presente, riferendosi ad un passato (i Beatles) che già era una rappresentazione del passato (Abbey Road) proprio nelle cose a cui si riferisce, potrebbe essere un meta-vintage, e questo perché rappresenta l’inizio magico, la porta del sogno che ci introduce in un luogo che è dimensione irreale, è il ‘set’ in cui si articola e si mette in azione l’intera vicenda, quindi è una cornice, o meglio un paradigma che abilita il racconto e lo circoscrive in un contesto che è fatto sia di simboli che di concretezza, dove si entra e si esce dalla luce e dal buio, dalla disperazione e la consolazione, (ed è qui il senso dell’‘easy come easy go’) dal sentirsi perduti all’essere dominatori del proprio destino. Ma grossa parte ha la dimensione onirica e subconscia dove i simboli prendono il sopravvento fino a diventare pure parole, puro suono, come formule magiche (Galileo, Figaro, magnifico) e personaggi dell’inconscio letterario (Scaramouch, Belzebub). Nei Queen questa dimensione è ricorrente e verrà esplicitata in ‘A Kind of Magic’, ‘The Invisible Man’ e non solo… è l’elemento fantastico e fiabesco. La canzone si apre con la domanda: è vera vita, o è solo fantasia?

Poi c’è questo concetto di essere al di là, o al di sopra, degli eventi ‘doesn’t really matter’, non mi importa cioè: comunque vadano le cose io ho me stesso, non mi faccio facilmente sconfiggere dalla sventura, oppure io so adattarmi, sono ‘adattato’, nell’accezione psicoanalitica, ovvero l’aver elaborato una modalità per non soffrire, accettando gli eventi come anestetizzato, nel ripetuto Doesn’t really matter, anyway the wind blows.

Il poor boy è il personaggio protagonista, il ruolo in cui ci si identifica, sarebbe un povero ma forse più un ragazzo semplicemente sfortunato nel senso di normale, comune, non un figlio d’arte o un aristocratico, uno come tutti. Anche in We will rock you c’è il tema del riscatto dalla disgrazia, da una vita di fatiche e dolori offerto dalla prospettiva narrativa di chi subisce. È la stessa poetica che si trova in De André, è l’attenzione agli uomini che soffrono e restano vittime della società; quasi tutti i personaggi delle canzoni di De André sono perdenti o uomini e donne ingiustamente sfavoriti e puniti dal destino, ma in tutte le canzoni c’è anche il loro riscatto. Ecco perché si origina l’identificazione del pubblico, e anche la mia. Questo è il vero motivo della grandezza che porta i Queen ad essere il più grande gruppo rock di tutti i tempi, e questa canzone ad essere la musica più ascoltata del ventesimo secolo. È questa la risposta alla domanda del perché hanno così tanto successo, e vale anche per De André: l’identificazione morale degli esseri umani semplici, che sono i più numerosi. Nelle canzoni dei Queen c’è una chance per tutti, una speranza per i disperati. Questo dovrebbe essere il compito di tutte le canzoni, e a volte riesce ad esserlo veramente: rappresentare la libertà, non dell’uomo, ma per l’uomo.

L’elemento simbolico del vento c’è tre volte e ha sempre significati diversi: la prima volta vuol dire “qualunque cosa accada (in qualunque modo soffi il vento) a me non importa”. La seconda è fatto dal coro, quindi è qualcosa che ci viene detto da altri e cioè “lo sai che così soffia il vento” quindi “lo sai che le cose vanno così”.

Alla fine, invece, inverte l’ordine di causalità e vuol dire: ‘non sono stato sconfitto – e la chiusa col vento è proprio come in una fiaba – e, nonostante tutto, il vento ancora spira’.

 

2

Mama, just killed a man Put a gun against his head Pulled my trigger, now he’s dead

Mama, life had just begun But now I’ve gone and thrown it all away

Mama, oh oh Didn’t mean to make you cry If I’m not back again this time tomorrow

Carry on, carry on, as if nothing really matters

Too late, my time has come Sends shivers down my spine

Body’s aching all the time Goodbye everybody I’ve got to go Gotta leave you all behind and face the truth

Mama, oh oh (you know the wind blows) I don’t want to die

I sometimes wish I’d never been born at all

La canzone vera e propria è questa, cioè due strofe di una possibile canzone. Entra nel vivo del racconto e ci dice che ha ucciso un uomo e adesso deve pagare e lo racconta a sua madre come atto di consapevolezza per ciò che ha fatto e si pente e dice tutta la sua sofferenza, il suo tormento

il genere è di fatto una ballata glam perfettamente nello stile di Bowie che alcuni anni prima 1971 aveva dato origine a questo tipo di canzone in Life on Mars molto ricca di armonie, di stacchi sinfonici fondamentalmente basata sulla voce e pianoforte come strumenti portanti e gli altri che accompagnano o sottolineano dei temi.

3

I see a little silhouetto of a man Scaramouch, Scaramouch will you do the Fandango

Thunderbolt and lightning very very frightening me

Gallileo, Gallileo, Gallileo, Gallileo, Gallileo, figaro, magnifico

I’m just a poor boy and nobody loves me He’s just a poor boy from a poor family

Spare him his life from this monstrosity Easy come easy go will you let me go

Bismillah, no we will not let you go, let him go Bismillah, we will not let you go, let him go

Bismillah, we will not let you go, let me go

(Will not let you go) let me go (never, never let you go) let me go (never let me go)

Oh oh no, no, no, no, no, no, no Oh mama mia, mama mia, mama mia let me go

Beelzebub has a devil put aside for me for me for me

Scattano il delirio visionario e l’opera classica. È il momento di massimo livello magico scaturito dalla sua sofferenza talmente intensa da materializzare i mostri che ha dentro creando un mondo fantastico dove c’è anche a un certo punto il diavolo in persona Beelzebub. Il buffet delirante si potrebbe chiamare con una definizione psichiatrica raggiunge il totale schizofrenico aprendosi nello sdoppiamento che lui vede sé stesso in silhouette, poi nelle continue contraddizioni Sì/No, lui dice io sono un povero ragazzo poi sente le voci che ripetono: lui è un povero ragazzo, let me go/will not let you go/let him go. C’è l’uso dei vocaboli nel suono italiano che ha un’estetica operistica: mamma mia, Figaro, magnifico. La situazione in pratica è questa: tutto è nella sua testa che sta scoppiando, non contiene più e le immagini si materializzano, c’è la figura in silhouette che è l’alter ego ma lui lo scambia per il diavolo e poi c’è un coro che forse sono i suoi affetti ai quali lui rivolge la supplica affinché intercedano presso il diavolo per la sua salvezza cercando di convincerlo con argomenti che molto probabilmente non hanno una grande efficacia (non credo che il demonio si possa impietosire, sicuramente non perché gli si dice che qualcuno è un bravo ragazzo). Qui c’è ancora la madre ma questa volta è nell’inconscio, non è davanti a lui è dentro di lui. Il luogo dove si trova questa scena è completamente irreale, onirico, e i ruoli dei personaggi sono tutt’altro che definiti, anzi, si sovrappongono, infatti lui parla alla madre come se lei fosse l’ombra che vede, e intanto qualcuno per lui chiede all’ombra di risparmiarlo, come se l’ombra fosse il Beelzebub, poi ripete le parole che aveva detto alla madre la prima volta con le lacrime agli occhi, ora invece sono quasi una filastrocca da imparare a memoria che si trasforma in una specie di inno a Beelzebub a cui partecipano tutti quanti gli attori personaggi del suo multi sdoppiamento di personalità. Non si sa perché a un certo punto arriva Galileo. Forse perché suona come una parola italiana perfetta per simulare un genere operistico oppure perché sapeva che il padre di Galileo Galilei, Vincenzo Galilei, è il fondatore dell’opera italiana la cosiddetta camerata fiorentina considerata come prima scuola che formalizza l’opera, la nascita dell’opera e siamo nel 1600 il cosiddetto periodo barocco per la musica. Ecco perché i Queen si possono anche definire barocchi nella loro ispirazione.

Ora parlano anche le forze avverse, rispondono in coro: NO!! noi non ti lasceremo andare! Ma sono le stesse che avevano chiesto supplica, e poi non era stata rivolta alla madre la preghiera di lasciarlo andare? La sovrapposizione dei ruoli si intensifica viva via costruendo un mostruoso io fatto da tutti i personaggi insieme mescolati nel delirio di fare domanda e risposta, proprio rappresentando pienamente l’idea della malattia mentale, del ‘sentire le voci’ o del ‘parlare da soli’, o dell’avere le allucinazioni, è patologico. Arriviamo alla quasi totale pazzia del ragazzo che è convinto che è stato mandato il diavolo in persona per punirlo. Tutto sta esplodendo, l’inquietudine raggiunge un insostenibile livello, la musica si fa densissima, veloce, folle, è il massimo tormento – e fino a qui musicalmente o avevamo sentito quasi solo piano e voce oppure un sound orchestrale, comunque tutta una cosa che riguardava solo Freddie – ed è in questo punto cruciale dove è quasi del tutto sopraffatto e vinto, quando, cosa succede…….?

4

So you think you can stop me and spit in my eye So you think you can love me and leave me to die

Oh baby can’t do this to me baby Just gotta get out just gotta get right outta here

Arriva la band! arrivano i Queen, irrompono impetuosi i Queen con il sound e con tutto quello che una band è: potenza, amicizia, gioco di squadra. Ecco che trova la forza per emergere e sfida il ‘diavolo’: dunque tu credi di sconfiggermi? No caro, io uscirò da questa situazione! Io ne verro fuori!

Qui c’è il vero suono hard rock e qui c’è anche il progressive rock, che era la musica che proprio in quegli anni (75) imperversava: Genesis, King Crimson Yes, Emerson Lake & Palmer; in Italia: PFM, Area, Il Banco del Mutuo Soccorso. È la musica fatta dai musicisti ‘bravi’ tecnicamente i cosiddetti virtuosi e appunto questa sezione contiene i passaggi arditi e veloci della band che porteranno a districarsi, ad uscire dall’incubo, è la risalita, rappresenta la fatica per emergere, l’impegno, la lotta che condurrà definitivamente ad una risoluzione positiva, dove infatti ritorna il genere conciliante come nella prima parte, che ci aveva introdotto alla fiaba e qui ci porta fuori, chiudendo il cerchio.

 

5

Nothing really matters Anyone can see

Nothing really matters Nothing really matters to me

Anyway the wind blows

Torna la melodia, torna il beatlesiano. Come vi avevo detto all’inizio, a me non importa granché di nulla, lo potete vedere tutti coi vostri occhi, a me non mi butta giù nessuno.

E comunque il vento soffia, come sempre.

 

Ma questa è la vita reale, o è soltanto fantasia?

Se resti sotto una valanga allora non puoi più sfuggire alla realtà

apri gli occhi! guarda il cielo sopra di te, e vedrai.

Io sono un ragazzo umile, non mi serve compassione

perché io son fatto così, vado e vengo, vivo tra alti e bassi, e non mi importa niente di dove mi porta il vento.

Madre mia, un uomo è morto, io gli ho puntato l’arma alla tempia, poi ho premuto il grilletto e l’ho ucciso.

Mamma, questa mia vita che era appena incominciata io l’ho buttata via.

Mamma, non volevo farti piangere, e se stavolta non tornerò tu vai avanti, promettimelo. Come se niente fosse.

Troppo tardi è arrivato il mio momento, mi vengono i brividi e mi fa male dappertutto.

Vi saluto, per me è ora di partire, lascerò tutto e tutti dietro le spalle e guarderò in faccia la verità.

Madre, io non voglio morire, è che non vorrei proprio essere mai venuto al mondo.

Vedo una figura umana in controluce.

Arlecchino? Pagliaccio? Buffone? Spadaccino?

Sei venuto a ballare, a sfidarmi in duello?

Poi lampi e tuoni, fulmini spaventosi, ho paura.

Galileo, Figaro, Magnifico

Io sono un ragazzo umile nessuno mi ama

Lui è un ragazzo dalle umili origini

Risparmia alla sua vita questa mostruosità

Vado e vengo, e allora mi lasciate andare si o no?

Bismillah, No! non ti lasciamo andare.

Fatelo andare!

No, non mi lascerete andare.

Fatelo andare! Non fatelo andare!

Non mi lascerete andare!

Mi lascerete andare?

Fatelo andare!

No!

Lasciatemi! No!

No no no no no no

Belzebub, il diavolo, è venuto per me! per me! per me!!!!!

Allora pensate di potermi bloccare? Sputarmi in faccia?

Dite che mi amate e invece mi fate morire?

No no, non potrete farmi questo, io da qui me ne vado eccome!

Non mi importa niente, e lo vedete tutti

non me ne frega niente a me

e intanto il vento spirava, come sempre.

Foto a cura di Giusy Chiumenti

 

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