Alanis Morissette, le 10 canzoni più significative dalla cantautrice canadese

di InsideMusic

Con oltre 25 anni di carriera alle spalle, Alanis Morissette è senza dubbio una delle più grandi artiste che il panorama musicale internazionale potesse avere. Le sue canzoni crude, cariche, personali e socio-politiche hanno avuto elogi iperbolici, incoronandola “voce di una generazione”

La musica brillante e concreta, e i testi reali e sinceri di Alanis Morissette mi hanno accompagnata in quello che si dice il “periodo più delicato” della vita di ognuno di noi: il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Mentre i Lunapop e Max Pezzali invadevano le radio italiane, Alanis aveva conquistato metà del pubblico mondiale con le sue ballate pop-rock. Ed io crescevo con lei cantando per la prima volta canzoni in un inglese tutt’altro che perfetto. Vuoi per nostalgia, vuoi perché la sua voce è un marchio di fabbrica insostituibile, ma è inevitabile non provare un certo brivido quando per caso mi ritrovo in macchina o in un centro-commerciale ad ascoltare un suo brani. Perché per me gli artisti come Alanis hanno una marcia in più, non solo dal punto di vista professionale, ma anche affettivo. Lei rappresenta l’anello di congiunzione tra quella che ero ieri e quella che sono oggi.

Capirete bene che scegliere 10 canzoni che più potrebbero rappresentarla è stato un lavoro complesso, scervellante. Ho cercato di attraversare tutte, ma proprio tutte le fasi di Alanis Morissette, un’artista capace di rinnovarsi continuamente. Ho voluto raccontare la Alanis femminista emancipata e arrabbiata col mondo, quella irriverente e ironica, poi quella più intimistica e mistica, quella ammaliata dall’India e dalle sue suggestive atmosfere. Poi ancora quella riflessiva, fino alla scoperta del suo lato femminile e consapevole. Non nego che ho tirato indietro alcuni brani a me cari e ho messo dentro altri più commerciali ma ugualmente notevoli, insomma quelli che l’hanno resa celebre e che le hanno consentito di vincere premi importanti. Così, tra un album e l’altro ho messo in piedi una top ten a mio avviso di tutto rispetto e che merita di essere presente nella playlist di chiunque.

Nel 1995 usciva quello che rimane non solo un album iconico degli anni ’90 o il più bello di Alanis Morissette, ma uno dei migliori lavori discografici di sempre, un cult nel panorama musicale internazionale, una sorta di precursore del “mai una gioia”: Jagged Little Pill. L’album fonde in maniera perfetta l’alternative rock ed al post-grunge, è un viaggio intimistico dove ogni canzone, eseguita in maniera impeccabile e ben studiata, merita il successo ottenuto – il disco ha venduto 33 milioni di copie a livello mondiale. Ironic è forse la canzone più conosciuta di Alanis, è orecchiabile, cantabile da chiunque, ma con un testo intelligente e ben scritto; un brano consapevole dall’ironia tagliente.

L’altra canzone dell’album che ho scelto tra le 10 è la malinconica Perfect, che racconta, con una melodia più soft, l’impossibilità di essere perfetti e il disagio che si prova quando quelli intorno invece vogliono che tu lo sia. Per chi come me è un amante dei set acustici, esistono ben due versioni acustiche di Jagged little pill: una versione live/unplugged del 1999, contenente anche canzoni non presenti nel disco, e l’altra uscita in occasione del decimo anniversario dell’album, registrata in studio.

Nel 1998 esce Supposed Former Infatuation Junkie, un album complesso, coscienzioso e senza filtri, un disco che solo una come Alanis Morissette, dopo un successo inaspettato, ancora da gestire, e un viaggio in India, poteva regalarci. Un lavoro puramente autorale, distante dal mainstream, dove la canzone sicuramente più commerciale è Thank U che ha un testo poetico, sentimentale, in cui Alanis esprime tutta la sua gratitudine per il viaggio in India, Paese che l’ha colpita profondamente. That I would be good è invece una piccola perla, una canzone antologica, in cui la cantautrice esprime l’importanza di arrivare a toccare il fondo per saper poi sfruttare le proprie potenzialità ai fini del successo. L’assolo di flauto finale, suonato dalla stessa Alanis, tocca corde del cuore a noi sconosciute.

Nella top ten non potevo non mettere Hands clean, che considero una delle canzoni più belle di Alanis Morissette. La canzone si presenta con ritmi pungenti, chitarre rockeggianti e melodie contagiose. Il testo è autobiografico ed è una specie di dialogo fra due persone impegnate in una relazione sentimentale, fra una Morissette minorenne ed un produttore discografico. Il brano è contenuto nell’album del 2002 Under Rug Swept, in cui Alanis esplora, da un punto di vista tutto personale, le difficili relazioni con gli uomini.

Nel 2004 viene pubblicato So-Called Chaos, forse l’album più sottotono della cantautrice canadese, in cui Alanis sotterra lascia di guerra e si ammorbidisce. Un lavoro che a tratti manca di originalità soprattutto a livello musicale, ma che molto probabilmente se non avesse prodotto in precedenza degli autentici capolavori, sarebbe un signor disco. L’unica canzone meritevole di essere citata se non altro solo per il successo ottenuto è Everything, che parla di un uomo impeccabile, capace di carpire e comprendere i lati oscuri della donna che ama, in questo caso Alanis.

Nel 2005 viene pubblicato Alanis Morissette: The Collection, un greatest hits dell’artista in cui è presente la cover di Seal Crazy. Un brano più volte riarrangiato, ma l’interpretazione e l’intensità datagli da Alanis lo hanno fatto diventare celebre. La versione della Morissette è stata una delle colonne sonori del film del 2006 Il diavolo veste Prada con Meryl Streep e Anne Hathaway. Nel 2008 arriva la svolta elettronica di Alanis con l’album Flavors of Entanglement, un ennesimo cambiamento chiamato ed atteso. Tra le 13 tracce non ho voluto scegliere quella forse più scontata come Underneath, ma la ballata struggente Not as we, in cui il timbro particolare e quell’energia malinconica che Alanis da al brano generano un magnetismo singolare e personalissimo.

Nel 2012 viene rilasciato ad oggi l’ultimo album di Alanis Morissette, Havoc and Bright Lights, in cui troviamo una Alanis calma, rilassata e matura che affronta tematiche più spirituali, materne e politiche-sociali. Il disco è concreto, le cui sonorità elettroniche sperimentate nel capitolo precedente lasciano il posto a quelle più riconoscibili, in cui si intravede musicalmente la “prima” Alanis, quella dei primi lavori discografici. E lo si percepisce dal singolo radiofonico pop-rock Guardian, in cui la melodia è istantanea, fresca, orecchiabile e cantabile. Notevole è il brano arrabbiato Woman Down, una sorta di inno femminista per una donna disprezzata: “And every time I scratch my nails down someone else’s back, I hope you feel it”, una delle frase forte, impattante.

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