Intervista a Matteo Stefanelli, Direttore Artistico del Comicon di Napoli

di InsideMusic

Matteo: “Comicon ha sempre voluto gratificare la creatività italiana fino a diventare il Festival leader in questo senso!”

 

Giunto alla sua ventunesima edizione, il Comicon di Napoli riesce ad imporsi sempre più come headliner fieristico nel panorama fumettistico europeo, grazie ad un lavoro di crescita ed investimento continuo e costante nel tempo che lo ha reso l’evento di fumetto e cultura pop con un nome così affermato nel mondo dell’entertainment. Quest’anno la manifestazione si terrà dal 25 al 28 aprile nella solita e splendida cornice della Mostra d’Oltremare e vedrà, oltre ai consueti padiglioni riservati alle varie società editrici nel campo fumettistico, dalle pionieristiche fino alle nuove uscite, agli spettacoli dal vivo e agli incontri e workshop con magister d’eccezione come Gipi, altisonante nome degli ultimi anni, una due giorni di incontri con il Maestro Milo Manara – ormai presenza quasi costante delle ultime edizioni – e uno Zerocalcare in continua ascesa. Un grande regalo per tutti gli appassionati della serie TV “Il Trono di Spade” li aspetta il 27 aprile con l’attesissimo incontro con Jerome Flynn presso l’Auditorium del Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare.
Tra le novità riguardanti l’assetto interno della manifestazione c’è l’introduzione di
Matteo Stefanelli come Direttore Artistico, una figura non affatto sconosciuta al Comicon che lo ha visto già Segretario dei Premi Micheluzzi – Comicon nel 2005/2007 e membro della Giuria nel 2015, con un curriculum tecnico davvero notevole. Tra i principali e più attivi animatori culturali del fumetto in Italia. Con una carriera al confine tra l’analisi dei media, l’organizzazione culturale e la divulgazione del fumetto, insegna Linguaggi audiovisivi presso l’Università Cattolica di Milano e Storia del fumetto italiano e Teorie del fumetto presso l’Ecole Européenne Supérieure de l’image di Angoulême. Ha fondato e dirige il sito Fumettologica.it.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Matteo sul mondo del fumetto a trecentosessantagradi e in particolare sulla sterzata che prenderà il Comicon sotto la sua direzione artistica.

Buongiorno Matteo, partiamo con una domanda di rito: come è arrivato al mondo del fumetto, quali letture e autori l’hanno fatta innamorare e quindi decidere che questo sarebbe stato il lavoro della sua vita?
Il mio percorso è in parte molto canonico, in casa mia ho avuto sempre intorno a me i fumetti quelli più diffusi in Italia negli anni settanta / ottanta, come Topolino, i cui numeri sono sempre stati presenti, insieme anche a delle raccolte del Corriere dei Piccoli. Sono dunque nato circondato dai fumetti, quindi per me sono sempre stati una realtà quotidiana. Con l’adolescenza poi li ho rifiutati, crescendo ho smesso di leggerli; li ho riscoperti su suggerimento di qualche amico, mi sono sorpreso del fascino narrativo ed artistico che avevano alcuni…

Cosa in particolare le ha fatto riscoprire il mondo del fumetto?
Fondamentalmente tre cose: i Nuovi Mutanti e gli X-Men della Marvel, scritti da Claremont e disegnati da vari autori tra cui Bill Sienkiewicz,
che fu quasi uno choc; Martin Mystere, scoperto intorno al numero 100; e Dylan Dog intorno al numero 45. Erano tutte serie al massimo della forma e mi lasciarono molto sorpreso. Al punto da farmi ritornare sui miei passi, ed esplorare tipologie di fumetto che fino ad allora avevo snobbato.
Quindi la mia storia nasce con una infanzia circondato da pochi, banali ma essenziali fumetti nazionalpopolari, poi il rifiuto – come spesso capita in adolescenza – la riscoperta un po’ fortuita grazie agli amici, lo stupore assoluto verso la qualità artistica che mi ha agganciato, e da allora non li ho più mollati, iniziando da un lato a leggerne e dall’altro a scriverne da giovane. Ho proseguito con un percorso di studi che potesse esserne affine, studiando Scienze della Comunicazione, quindi vicino al mondo dei media; mi sono laureato con la tesi su una di queste letture adolescenziali, Martin Mystere, ho continuato il percorso accademico e parallelamente a scrivere di fumetto in varie occasioni su varie testate sia specializzate che generaliste. Ho poi scritto per fanzines, riviste e quotidiani, fino a pubblicare un paio di libri sulla storia del fumetto: uno su “Il Secolo del Corriere dei Piccoli”, e poi “Fumetto! 150 anni di storie italiane”, di cui sono fiero poiché è l’unico volume che racconta la storia del fumetto italiano nel suo complesso, dalle origini agli anni Duemiladieci. Ho fatto un dottorato di ricerca sul consumo e la ricezione del fumetto e poi ho aumentato le collaborazioni con i Festival del Fumetto. Dopo tanti anni come consulente al Lucca Comics ho diretto un piccolo nuovo festival a Padova fino ad arrivare alla fine dell’anno scorso quando il Comicon di Napoli mi ha chiesto di prendere in mano la direzione artistica dei suoi contenuti, che era e rimane uno dei più importanti eventi in Europa, essendo uno dei quattro o cinque eventi di fumetti e cultura pop più visitati d’Europa. In Italia abbiamo anche il campione europeo che è Lucca, siamo un paese particolarmente fortunato, lo segue di qualche passo anche Comicon, ed è per questo che sono molto felice di lavorarci. Inoltre a Comicon avevo collaborato già quindici anni fa, riprogettando la struttura dei Premi Micheluzzi, ma nel frattempo tutto il mondo intorno è cambiato: quelli che all’epoca erano eventi festivalieri di nicchia, adesso sono diventati i più visitati del mondo; avere l’occasione di dirigere un festival da centocinquantamila spettatori non capita spesso, non solo in Italia ma anche all’estero. Sono numeri che vengono raggiunti solo da eventi musicali o sportivi, non da eventi culturali. Quello che trovo molto stimolante è cercare di dare un po’ di amalgama ai contenuti di questi eventi – che a differenza di altri campi come il design, la letteratura e la moda – è che contengono mondi molto distanti, il cinema, il videogioco, il fumetto, giochi di ruolo e di carte. Il fenomeno particolare di Comicon e di eventi simili è che sono anche degli happining culturali e delle occasioni di gita per gruppi di amici di stare insieme anche per quella fetta di pubblico che non spende in quel prodotto artistico ma si muove anche solo per respirarli.

Si potrebbe aprire un dibattito poi sul fatto che in Italia non si spende in consumo di videogiochi.

O nella creazione di questi…
Beh sì, quel treno lo abbiamo perso con le vicende imprenditoriali informatiche dei tempi passati, ma il problema è che rispetto a paesi come la Francia, Germania e Inghilterra i videogiochi vengono venduti pochissimi e la colpa è sicuramente dell’arretratezza culturale e digitale rispetto a paesi come i suddetti. Siamo una realtà in cui una grande porzione di abitanti non usa la carta di credito, sono arretratezze terrificanti. Nonostante questa serie di limiti però la formula di questi eventi li rende così pieni di energia e stimoli, che anche quella fetta di persone che non hanno capacità digitali avanzate o i ragazzini che ricevono dalla famiglia solo i soldi per il biglietto d’ingresso ed il cibo, quindi da spendere non hanno molto, anche per loro questi festival hanno un potere aggregativo fondamentale. E perché c’è aggregazione lì e non altrove, come ad un festival del cinema o una fiera letterale? Perché quello del Comicon non è un fine di moltiplicazione ma di ispirazione. Si va al Comicon per respirare un po’ di idee, di immagini, di contenuti e di brand, e per questo la strepitosa invenzione italiana di questi Festival è risultata vincente, perché questi eventi riescono ad essere un’occasione di stimolo non dall’alto al basso come può essere un evento letterario che si porta dietro inevitabilmente un approccio un po’ pedagogico Questi eventi hanno una parte didattica e professionale ma quello che conta è l’ispirazione, fatta da mostre, format e allestimenti dal vivo spettacolari, e così le carte si mescolano molto di più. Quest’anno al Comicon abbiamo una mostra sul primo fumettista della storia italiana della seconda metà dell’Ottocento, Casimiro Teja, che non conosce quasi nessuno. Questa è una chicca assoluta, per anni noi abbiamo dimenticato chi è stato considerato ai suoi tempi il più importante fumettista, la star della caricatura, IL disegnatore a cui guardare per il futuro e fino ad ora nessuno si è degnato di inserirlo nella genealogia del fumetto italiano e noi a Comicon vogliamo trasmetterlo questo messaggio.

Purtroppo siamo diventati un paese molto esterofilo, tendiamo a guardare molto fuori dai nostri confini quando in Italia non ci mancano né gli autori, né la creatività…
Un po’ sì, e perciò Comicon fa questa operazione davvero memorabile di ricerca storica importante. Ma contemporaneamente dedichiamo altrettanta energia a costruire performance live di intrattenimento anche grazie ad una collaborazione con brand internazionali come Red Bull che ha investito su questa fiera.

A proposti di mostre e di artisti, questa webzine nasce inizialmente a tema musicale, cosa mi può dire sul rapporto diretto tra musica e fumetto, che era anche il tema del Comicon del 2016?


Questo sodalizio ha una storia plurisecolare, lo farei risalire tranquillamente all’Ottocento e stabilmente anche nel Novecento con musicisti che usano il fumetto come strumento di promozione dei dischi o che nei concerti utilizzano materiali grafici commissionati a veri e propri fumettisti. Già un secolo fa c’erano fumettisti che disegnavano su un palco dal vivo e si accompagnavano con della musica. Esistono libri che raccontano il rapporto tra rock e fumetto, il fumetto in vinile, questa combo artistica è fortemente sviluppata da almeno un secolo e mezzo. Quello che è bello vedere negli ultimi anni sono dei progetti di servizio in Italia in cui questo rapporto viene spinto in maniera ancora più forte, te ne cito due: il disco di ComiconEmis Killa, “Supereroe”, di pochi mesi fa, che ha scelto di utilizzare il supereroe per il booklet e la comunicazione, affidandosi ad Alessandro Vitti, disegnatore italiano che ha lavorato per Marvel varie volte. Ma il più importante tra questi progetti è quello che ha fatto Jovanotti negli ultimi anni. Prima coinvolgendo Davide Toffolo (NdR: Tre Allegri Ragazzi Morti), fumettista che gli ha disegnato le scenografie e aperto i live con la sua band. Poi ha commissionato un video animato a Manuele Fiorper aprire i live del tour 2018, a testimonianza dell’interesse dell’artista verso questo mondo artistico. Toffolo ha anche pubblicato un suo fumetto nella rivista ideata da Jovanotti che ha accompagnato l’uscita del disco l’anno scorso, “Sbam!”. Jovanotti, che era e rimane una delle figure più importanti nel panorama musicale italiano, si è rivolto al fumetto con cognizione di causa, perché è andato a scegliersi Toffolo e Fior, due degli artisti top del fumetto italiano. Vedere lavorare in questo modo artisti diversi, è un’ulteriore segnale del dialogo fra le arti oggi.

Jovanotti stesso è diventato un personaggio dei fumetti che legge, penso a Zagor, ad esempio…
Si si esattamente, fa parte della stessa operazione di promozione del disco, ma rimarca proprio questa sua passione e la commistione fra la musica e il fumetto. Quello che sta succedendo da una quindicina d’anni, cioè dall’arrivo nelle librerie delle graphic novel e dal boom nelle sale dei film di supereroi , è tornato alla ribalta come mezzo di espressione.
Questo parlare di fumetto può partire da Fedez che fa un post mostrando un disegno di Leo Ortolani che lui ama e conosce, o Jovanotti che coinvolge degli autori, una attrice Valentina Lodovini che abbiamo in giuria quest’anno al Comicon ai Premi Micheluzzi che per il solo fatto di accettare di fare da giurata dimostra di avere una preparazione, un’attenzione e non uno snobismo verso questo mondo. Da quindici anni a questa parte è finita la disattenzione verso il fumetto da parte dei media e del pubblico generalista, resta solo una battaglia da continuare verso le istituzioni scolastiche in cui c’è ancora molta chiusura.

Si sono fatti quindi molti passi avanti rispetto a quando veniva contestato un albo di Dylan Dog considerato satanista, di istigazione alla violenza…
Sì e il risultato si vede. Nelle librerie in Italia e all’estero il segmento fumetto è uno dei pochissimi che continua a crescere in numero di copie vendute e fatturato. È vero che in Italia il declino del fumetto nelle edicole è avvenuto, ma ciononostante è un fenomeno di crescita nelle librerie. Il fumetto non è più un fenomeno lontano dai radar dell’attenzione dei media ma è diventato uno dei pezzi che compongono solidamente il mondo della cultura e dell’intrattenimento.

In relazione ai cambiamenti, prendendo spunto dal mercato storico degli editori in Italia, un editore storico come Bonelli che è sempre stato molto legato alle edicole, raramente ha prodotto delle ristampe, negli ultimi anni ha prodotto dei film, stretto accordi con DC per dei crossover e sta facendo molte ristampe di alcuni cicli storici in più formati. Questa è una apertura? Ma di contro un fumetto come Mercurio Loi, che ha vinto negli anni tutti i premi possibili, non è riuscito a superare le sedici uscite…
Sono due questioni diverse, quello di Mercurio Loi è un caso specifico in cui quello che forse non ha funzionato è legato non tanto al contenuto ma alla formula con cui è stato proposto, penso al prezzo economico tradizionale in edicola, non era il vestito più adatto. Non ne farei un caso di un emblema o di un problema generale.

La logica generale dell’editore leader della formula da edicola è cambiata, e oltre al suo filone di prodotti tradizionali ha aggiunto nuovi “pezzi” sul mercato delle librerie, che richiede progetti differenti, e la scelta di investire anche sugli altri media. Mi sembra sintomatico del fatto che il fumetto è sempre di più un pezzo della più ampia industria della cultura e dell’intrattenimento. Anche il più “conservatore” degli editori si sta
muovendo in questo mondo di commistioni: ora arriverà una serie animata di “Dragonero“, poi “Il Confine”, poi il film da “Dampyr” ed altri
progetti in corso di sviluppo: Bonelli sta investendo nella possibilità di comportarsi come normale editore di contenuti, al di là di quale sia la
forma di questi contenuti. Fare fumetto non deve essere limitante per un grande editore; il contenuto può essere vestito di altre forme mediali.
Questa non è apertura, bensì normalizzazione, non sperimentazione, non innovazione; l’industria del fumetto si sta normalizzando, sta iniziando a pensare a se stessa come qualsiasi altro settore della cultura. È un aspetto che non piace troppo ai puristi ma che è un cambio di passo importante e anche molto fertile, perché se questi editori investendo anche in progetti collaterali troveranno nuove fonti di reddito, sicuramente le reinvestiranno in nuove idee fumettistiche. Anche Marvel e DC Comics che dal fumetto ricavano molto poco rispetto al merchandising o i film, non per questo si sognano di smettere di produrre contenuto fumettistico.

Gli editori europei sono più indietro rispetto a quelli americani?
Dipende cosa prendiamo in considerazione. Dal punto di vista del licensing o del merchandising sì, lo sono assolutamente, ma dal punto di vista del lavoro sul fumetto puro no o nel mercato librario, sono molto più avanti gli europei che gli americani, che negli ultimi cinque anni hanno ridotto considerevolmente il numero di titoli in uscita.

Quindi siamo indietro sull’indotto complessivo, non sul fumetto propriamente detto?


Certo, ma non dimentichiamoci che in America c’è un’enorme industria di adattamenti cinematografici mentre in Europa questo è legato principalmente al mercato francofono dove ogni anno vengono fatti molti adattamenti di fumetti che – se in Francia, Belgio e Benelux hanno un impatto importante – nel resto del continente restano simil sconosciuti, penso al film di Valerian per dirne uno, prodotti come questi non funzionano fuori dal mercato francofono. È vero anche al contempo che essendo prodotti che hanno un mercato più piccolo durano in termini competitivi rispetto agli adattamenti cinematografici americani di supereroi che hanno una platea globale. Da questo punto di vista – tranne I Puffi e Asterix probabilmente – non c’è competizione con gli adattamenti Marvel e DC. Quelli europei hanno anche un altro limite, non hanno il supporto dei parchi tematici Disney o Warner che hanno gli adattamenti cinematografici americani.

Il veicolo parco tematico come punto di diffusione di questo mondo è molto interessante, un canale che spesso dimentichiamo in effetti…
C’è anche il veicolo del fashion che non va dimenticato: molta notorietà dei supereroi passa attraverso l’abbigliamento. Un mercato meno vasto
invece per Puffi e Asterix, per dire. Lo stesso vale per il mondo della scolastica, cartoleria, zaini, quaderni… è vero che i Puffi sono fortissimi per i bambini, ma non tanto quanto i supereroi Marvel e DC.
Quindi la platea di fonti di reddito per queste property individuali è una platea molto diversa, gli USA beneficiano di una industria dell’intrattenimento molto più integrata, molto più orizzontale, in cui il reddito confluisce da molte più fonti rispetto alla singola editoria.

Torniamo al Comicon che quest’anno vedrà la sua direzione artistica: che preparazione richiede l’organizzazione di un evento fieristico così prestigioso? Cosa la differenzia dalle altre fiere d’Italia?

Comicon si differenzia da altri eventi fieristici e di cultura pop sicuramente per le seguenti caratteristiche: una è lo svolgersi all’interno di una struttura fieristica enorme e molto affascinante perché comprende, oltre a padiglioni di forma diversa, anche un parco in cui si svolgono rappresentazioni dal vivo di battaglie storiche, o in costume di eventi fantasy, molto adatti a un parco con laghetto. Ha la fortuna di stare in una struttura fieristica molto originale rispetto alle strutture classiche fatti di padiglioni chiusi e pieni di scatoloni. Comicon si svolge alla Mostra D’Oltremare che è una cittadella. Secondo aspetto è che – a differenza degli altri festival italiani – Comicon investe sulle mostre di fumetto in maniera importante, abbiamo decine di mostre all’interno della fiera ed altrettante sparse per la città, questo non lo fa nessuno. La più importante quest’anno sarà dedicata a Corto Maltese e sarà al Museo Archeologico di Napoli dal 25 aprile al 9 settembre, che è parte delle mostre Comicon Off, mentre all’interno della struttura ci sono mostre più diverse che vanno da quella dedicata al magister Gipi a quella che citavamo sul primo fumettista della storia italiana, una molto creativa dedicata ai pugni nell’iconografia del fumetto e delle arti visivi; una mostra dedicata al disegnatore di Tex. Insomma le mostre sono un aspetto differenziante per quantità e qualità. Il terzo aspetto sono i premi dedicati al fumetto, che rispetto agli altri festival italiani, hanno un focus maggiore sui disegnatori nostrani. I Premi Micheluzzi in particolare premiano opere italiane e questo è molto importante per un festival internazionale come Comicon, perché di tutte le categorie metà sono dedicate solo alle opere italiane e questo permette di valorizzare l’eccellenza e la qualità del fumetto italiano anche nel mondo. Dal nostro palmarès le notizie circolano in tutto il mondo e permettono la diffusione dei nostri artisti. Non ci sono altri festival in Italia che hanno così tante categorie importanti riservate solo alle opere italiane. Abbiamo anche tante categorie riservate alle opere straniere però questo lo fanno anche gli altri festival; Comicon ha sempre voluto gratificare la creatività italiana fino a diventare il leader in questo senso.
Poi c’è il fattore Napoli che è una città affascinante e lavorare lì è meraviglioso.

Sogni nel cassetto?

Beh ci sono almeno due cose che vorrei fare nel futuro: uno riguarda il profilo della formazione e dell’educazione. Vorrei provare a fare di più in termini di come si sta sviluppando la presenza del fumetto all’interno dell’offerta formativa universitaria in Italia. Io sono un docente universitario come primo mestiere, e ad oggi il sistema accademico non prevede la cattedra di insegnamento del fumetto come disciplina prevista del MIUR; è stato assegnato qualche laboratorio tematico, qualche corso breve, ma io ritengo che uno dei passi da fare sia l’ingresso del fumetto come materia riconosciuta nell’elenco delle tematiche del Ministero, come è entrato il cinema, il teatro, la fotografia. Non possiamo oggi perdere il treno che sta rendendo vincendo paesi come gli Stati Uniti, il Belgio, la Francia, persino la Spagna, che istituiscono concorsi pubblici per insegnare storia o teoria del fumetto. Questa sarà una delle mie battaglie del futuro, cercare di ufficializzare questa arte almeno all’università, non oserei ancora nelle scuole dell’obbligo, ma in ambito accademico in cui si trova la porzione più avanzata del sistema educativo. Non possiamo continuare ad ignorare il fumetto. L’altro aspetto è che mi piacerebbe anche che in Italia nascesse un supporto delle istituzioni centrali dal punto di vista della promozione artistica e culturale sul fumetto; non abbiamo un archivio di stato come c’è in Francia, non abbiamo un museo nazionale riconosciuto e finanziato dallo stato centrale come c’è in Francia, in Belgio, ma abbiamo solo uno- due piccoli musei locali poco supportati dalle istituzioni. Noi abbiamo un patrimonio di tavole originali, di pubblicazioni plurisecolare, di progetti espositivi da poter costruire e vivere e vendere in giro per il mondo, oltre che nel nostro territorio, e lo Stato è completamente assente intorno a questo. In Spagna esiste addirittura un premio importante che è il Premio Nazionale del Fumetto che è un premio statale, il Ministero dei Beni Culturali ogni anno riconosce dei premi a tutti i settori delle arti creative, sono dei premi molto autorevoli. In Francia c’è un sistema di aiuto economico alla produzione di opere di giovani artisti o di autori che fanno un lavoro di ricerca o di sostegno alle traduzioni di fumetto francese all’estero, noi non abbiamo neanche questo. Il fumetto è totalmente assente dalle iniziative dell’amministrazione centrale che si dedica ad altri campi, come la musica lirica – come è giusto che sia in un paese così ricco di cultura storica in materia – all’arte, al cinema, al giornalismo e l’informazione, ma in nessuna forma al fumetto, né nel campo del sostegno della produzione, all’archivio, alla istituzione di un fondo di sostegno alla creazione di opere d’arte, a fondi di produzione. Questo ha una sua causa nel fatto che l’idea di fumetto non è ancora entrata nei temi che richiedono un dibattito ed un intervento politico. Non è una questione di parte, è purtroppo una questione culturale, le amministrazioni pubbliche e la politica sono molto indietro. Siamo uno dei paesi membri del G8 del mondo dell’industria del fumetto mondiale e non siamo neppure all’ottava posizione ma siamo quarti o quinti nella produzione mondiale, e non è possibile che non tuteliamo questa creatività che ha fatto da solo per più di un secolo, un po’ di attenzione se lo merita se ha portato in giro il nome dell’Italia e le sue eccellenze.

A cura di Claudio Franzò

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