Marco Di Noia descrive Milano in “Camillevolt” – Intervista

di Alessia Andreon

Dopo “Elettro Acqua 3D”, “Leonardo da Vinci in pop” e “La sovranità dei robot”, da venerdì 20 maggio è disponibile in digitale CAMILLEVOLT, ultima creatura dello sperimentatore musicale milanese Marco Di Noia.

“Camillevolt” è frutto di una intensa e particolare ricerca universitaria che ha visto il cantautore collaborare con la EDME, la Scuola di Design del Politecnico di Milano.

Marco di Noia non è certo un cantautore poco avvezzo all’approccio innovativo nei progetti discografici in cui si è impegnato negli ultimi anni ed è stato davvero interessante parlare con lui del suo nuovo, particolarissimo, lavoro discografico.

INTERVISTA

Ciao Marco e benvenuto sulla pagina di Inside Music!

Il tuo nuovo brano è inserito in un progetto più ampio che coinvolge il Politecnico di Milano. Com’è nata questa collaborazione?

Nasce dall’invito rivoltomi dal professor Luca Fois per presentare il mio album “La sovranità dei robot” all’ EDME, la Scuola di Design del Politecnico di Milano.

In quell’occasione mi ha presentato il responsabile del laboratorio, il professor Mario Bisson, che mi ha fatto fare un giro del Politecnico catapultandomi in un mondo fantastico, che non mi aspettavo di trovare, fatto di laboratori con macchine da cucire, la falegnameria, laboratori di fotografia e video…

Da questa esperienza mi son venute delle idee creative che poi i professori Mario Bisson e Stefania Palmieri hanno sposato: da questo fortunato incontro di sensibilità e arti diverse è arrivata “Camillevolt”.

Milano è la patria di una delle maschere carnevalesche più conosciute, Meneghin; questa nuova maschera è attualizzata e contestualizzata nella Milano di oggi, giusto? 

Lo spunto è stato preso da tutti i personaggi che i ragazzi hanno individuato come caratteristici della moderna Milano.

Il risultato è stato racchiuso in una maschera di carnevale, sull’esempio della Commedia dell’Arte, che hanno chiamato “Camillevolt”.

Uno dei compiti loro assegnati era che ideassero un corrispettivo moderno di Meneghin.

Hanno creato una maschera trasparente che va a colorarsi in virtù di ciò che gli si muove dietro.

Milano è vista come un caleidoscopio di situazioni, persone e frenesia, che contribuiscono a dare vita e colore alla maschera di “Camillevolt”.

La canzone ha visto collaborare anche i ragazzi dell’istituto di Design che hanno creato la maschera. Come avete lavorato insieme?

Il brano è la sintesi del progetto di ricerca fatto con una ventina di giovani designer del Politecnico, a cui ho chiesto di descrivere la città di Milano con il loro occhio di ragazzi del 2022. La maggior parte di loro non sono neanche di Milano, ma sono qui per studiare.

Ho chiesto loro di dipingere utilizzando non solo i colori e i materiali, ma traendo inspirazione dai personaggi caratteristici della città.

Il lavoro di ricerca è culminato con l’individuazione di alcuni stereotipi della Milano attuale: il fighetto, quello in sbatti, la sciura, il pride, il terrone a Milano, l’influencer…

A partire dal materiale che i ragazzi mi hanno fornito ho scritto un testo che utilizzava la loro visione della città, filtrandola anche con la mia, che sono invece Milanese da generazioni.

Alberto Cutolo ha scritto la musica basandosi sugli stessi principi ed è venuto fuori un featuring universitario o un processo creativo allargato, che ha visto gli studenti partecipare ad ogni fase di produzione, di ideazione e mixaggio del brano: quella creativa attraverso i workshop e gli input sui quali mi sono basato e poi il lavoro in studio di registrazione.

Anche l’artwork della copertina del singolo è stata realizzata da uno degli studenti del gruppo, Riccardo Palomba.

Il progetto parte da giovani intellettuali, dai 25 ai 30 anni, dell’università ma, verosimilmente, andrà a coinvolgere anche la generazione Z, con la collaborazione di Stardust House di Tiktok.

All’orizzonte sembra esserci un confronto su queste tematiche anche con i più famosi Tiktoker.

Del progetto, oltre ai professori, fa parte anche Mimmo Paganelli, che è stato per vent’anni direttore artistico della EMI; nel dibattito sulle maschere sono rappresentate quindi almeno quattro diverse generazioni.

Da cosa trai spunto per nuove idee e cosa ti attrae di più della sperimentazione?

Ricerco innanzitutto l’esperienza di vita e quando si va ad esplorare territori vergini qualche cosa ti arriva sempre in termini di ricordi, di esperienze e di soddisfazioni.

Cerco sempre di battere delle piste che magari non sono state ancora esplorate, per spirito di avventura: è successo quando feci il primo app-album italiano, poi primi concerti in 3D audio, l’album con gli strumenti di Leonardo Da Vinci e l’ultimo con dei robot reali.

In questo caso l’esplorazione non è stata tecnologica, ma è stata di metodologia scientifica, ovvero abbiamo cercato di capire se la metodologia di gestione della complessità del design potesse essere applicata, oltre ai campi canonici, anche ad un progetto artistico e musicale.

L’ispirazione solitamente la trovo mentre passeggio tramite associazioni di elementi e di idee. Milano è il posto ideale per mettere in pratica le proprie ispirazioni.

Nel 2021 hai lavorato anche con dei robot, che esperienza è stata?

È stata una sperimentazione soddisfacente da tanti punti di vista perché mi ha portato a diventare collaboratore del Politecnico e quindi a iniziare anche questo progetto.

Mi ha portato a relazionarmi con un robot e ad essere invitato a parlare in un forum internazionale organizzato dalla ITU, Unione internazionale delle telecomunicazioni dell’ONU, per parlare di un progetto al quale mi sono approcciato da interessato, ma non da conoscitore.

Tuttavia, dovendo interagire con gli scienziati per parlare all’Istituto Italiano di Tecnologia per ICub, uno dei robot più famosi al mondo, che ha letto una poesia che ho scritto per lui nel mio brano, ho dovuto leggermi un libro di robotica per poter quantomeno cercare di parlare la loro lingua e ho scoperto cose molto interessanti su questo mondo e sull’interazione dei robot in ambito artistico.

Il progetto con il Politecnico che adesso è stato fatto su Milano si allargherà a Palermo (Peppe Nappa), Napoli (Pulcinella) e toccherà ogni capoluogo dove sono presenti Scuole di Design.

Sono tutte maschere generate secoli fa, mettendo in scena i mestieri di quei tempi. Benché alcuni atteggiamenti permangano ancora, sono cambiate le situazioni e quindi anche le maschere andrebbero adattate ai nostri tempi.

Dato che sei in continua evoluzione, quali sono i tuoi prossimi progetti?

Il 20 giugno farò una sintesi live delle mie sperimentazioni, alla Fabbrica di lampadine Milano.

Ci saranno dei brani in 3D audio, col pubblico in cuffia e io con il microfono binaurale; ci sarà la band rock, ma anche gli strumenti di Leonardo da Vinci che suoneranno insieme ai robot e Teotronico, robot pianista.

Sarà l’occasione per presentare live anche questo brano all’interno di un concerto totalmente innovativo!

Inoltre, sto componendo dei brani con Piero Cassano, produttore e compositore dei primi 5 album di Eros Ramazzotti, membro fondativo di Matia Bazar, che ha scritto successi come “Perdere l’amore”, “Quando nasce un amore”, “Solo tu”, “Pollon”, “Sailor Moon”.

Lavorare con lui mi ha fatto crescere molto, soprattutto a livello tecnico.

Camillevolt – MARCO DI NOIA
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