È il diciotto dicembre, il 2019 si avvicina inesorabile, ed è tempo di bilanci in casa Inside Music: da appassionati di prog, non possiamo esimerci dal fornire una lista di quanto di meglio è stato fatto quest’anno dai camaleontici artisti del genere. Ecco i migliori album prog del 2018!
NB: La classifica dei migliori album prog del 2018 non è da intendersi in senso gerarchico.
Tiara, Seventh Wonders
Opera rock e concept album degli svedesi Seventh Wonder, Tiara narra dell’epopea dell’omonima protagonista in un mondo governato dagli Everones, sorta di saggi-semidivinità. Dominato dalla splendida voce di Tommy Karevik, attualmente, assieme a Yannis Papadopoulos dei Beast in Black, il migliore vocalist maschile in circolazione nel metal, riesce a fondere godibilità e pregio tecnico, mostrando come musicisti di valore sappiamo ancora tirar fuori qualità da un genere che si considera spesso morto: il power metal. Da segnalare la triade Tiara, Goodnight e Beyond Today: tre brani che devono essere considerati uno solo, per un album ricchissimo di rimandi interni letterari e musicali.
Soyuz, Gazpacho
Il raffinatissimo folk dei Gazpacho si è spinto fino al tentativo di esaminare le memorie del mondo (qui la recensione). Con questo nuovo lavoro i Gazpacho si cimentano nella narrazione “del momento”. Momenti particolari, dal grande impatto e impressi nella mente dell’umanità (o anche solo nell’intimità dei singoli), incastonati in teche di pietre preziose resistenti all’andamento del tempo e residenti nella memoria di ciascuno di noi. Momenti incredibili proprio come quelli che hanno costituito la tragedia di Komarov e della sonda Soyuz. Momenti impossibili da dimenticare che costituiscono l’epifania di una vita, un “qui e ora” ineluttabile, per citare Grahm Smith e il suo Waterland. Da segnalare Soyuz One e la variegatissima Soyuz Out.
Eat the Elephant, A Perfect Circle
L’attesissimo ritorno della band n.2 (la n.1 sono i Tool) di Maynard James Keenan è un trionfo. Fra rimandi alla fantascienza classica, fonde godibilità estrema con il solito perfezionismo tecnico, Eat The Elephant è un album drammatico, cupo, riflessivo, con qualche picco improvviso di energie positive o, talvolta, amara ironia. Numerosi sono i generi toccati nei 57 minuti di lavoro. Dal classico alternative ricolmo di bordate metal alla musica elettronica industriale passando per leggiadre ballate dal gusto elegantemente pop. Da segnalare la letterariamente notevolissima So long, and thank you for all the fish, e la freschissima Talk Talk.
Strange Fruit, Zeal & Ardor
Black power e satanismo si fondono nell’opera seconda di Zeal & Ardor, progetto metal-prog-avant garde americano guidato da Manuel Gagneux. Sebbene non prettamente prog, Stranger Fruit fonde così tanti generi ed è così tecnicamente impeccabile da poterlo inserire in questa lista; possiede sonorità più morbide rispetto al precedente Devil is Fine, e decisamente più mature. Questa volta, le inflessioni spiritual si fondono in maniera perfetta con cambi di ritmo ossessivi, con intermezzi neoclassici, col death metal atmosferico alla Agalloch maniera: siamo di fronte ad un lavoro quasi perfettamente bilanciato. Da segnalare Gravedigger’s Chant, catene di schiavi che tintinnano, e la ending track Built on Ashes, il miglior memento mori assieme a Pro Memoria dei Ghost del 2018.
Ocean Sounds, Iamthemorning
Riedizione in chiave acustica e minimal dei grandi classici del duo russo degli Iamthemorning, e per utilizzare un’espressione di Marjana Semkina (qui l’intervista):
“Abbiamo catturato un momento perfetto.”
Con solo archi, pianoforte, e percussioni, nella solitudine di una baita in Norvegia, gli Iamthemorning reinventano alcuni dei brani più adatti ad un sound minimal e arricchiscono di pregio barocco, quasi da reggia imperiale, canzoni che erano già uniche nel panorama mondiale. Prog da camera portato allo stremo, il pianoforte di Gleb Kolyadin produce note con la delicatezza delle onde; si può dire che con Ocean Sounds gli Iamthemorning abbiano creato un nuovo genere. Da consigliare ad ogni neofita 5/4 e Matches.
Automata II, Between The Buried & Me
La band più eccentrica della scena progressive metal contemporanea torna con un doppio album dal concept distopico e fantascientifico. In un futuro dove i sogni diventano merce vendibile, sotto l’egemonia della perversa società Voice od Trespass, ci muoviamo in un racconto musicale dominato da frenetici riff, sonorità pesanti, aperture epiche e, come sempre, imprevedibili innesti di fino che confermano come mai i Btbam siano ormai da anni sulla bocca di chiunque ami il genere. Punte di diamante sono l’eccentrica The Proverbial Bellow, perla nella loro discografia, e la folle swingata metal Voice of Trespass.
Dissolution, The Pineapple Thief
Con Dissolution Bruce Soord (qui l’intervista) e i The Pineapple Thief (qui la recensione) toccano livelli precedentemente mai toccati. I pezzi rappresentano un’esperienza dinamica quanto, allo stesso tempo, coerente all’interno di un album dai toni decisamente più cupi del solito, infarcito di momenti tendenti a un progressive duro e quasi isterico (si sente, incredibilmente, il grande contributo di Gavin Harrison non solo nelle mirabolanti sezioni ritmiche quanto anche nell’arrangiamento dei pezzi). Non è più tempo di essere miseri ladri d’ananas, per chi sa scrivere brani come Try as I Might e Far Below.
Extra: Prequelle, Ghost
Ospite d’onore, sebbene non molto prog secondo l’accezione Riccardoniana (vedi qui per la definizione di Riccardone) del termine, è Prequelle dei Ghost. Progetto solista del bel Tobias Forge, da sviolinate power sataniste, a riti esoterici sarcastici e ironici, i Ghost hanno scalato le classifiche senza mai impelagarsi in ridicoli tecnicismi fuori luogo anche negli anni ’70: per sua stessa ammissione, Forge si ispira più agli ABBA che ai King Crimson. L’apogeo della carriera è però Prequelle (qui la recensione), concept album sulla peste nera che rimescola e rielabora gli stilemi del rock classico eighties, l’hard rock, il prog, magistralmente prodotto e suonato. Difficile scegliere brani più rappresentativi: ogni traccia, a partire da Rats ad arrivare alla conclusiva Life Eternal, è una potenziale hit.
di Giulia Della Pelle
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