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IL MIO CANTO LIBERO, pietra miliare della musica italiana

by InsideMusic
il mio canto libero

Si è concluso da pochi giorni il Festival di Sanremo, giunto alla sua 74° edizione. In alcune canzoni in gara e anche durante la serata dedicata alle “cover” ci sono stati riferimenti espliciti alle canzoni di Lucio Battisti, scritte in gran parte insieme al paroliere più celebre della nostra musica, Giulio Rapetti, in arte Mogol.

Uno dei motivi per cui ci si riferisce ciclicamente a questo duo straordinario è da rintracciare ne “Il mio canto libero”, disco pubblicato nel Novembre del 1972 che ha completamente stravolto la nostra musica.

Ma perché questo album di 52 anni fa è tuttora considerato una “pietra miliare” della musica italiana? Scopriamolo insieme.

LE TEMATICHE AFFRONTATE E QUEL SOUND SENZA PRECEDENTI

All’interno de “Il mio canto libero” trovano spazio svariate tematiche in cui ognuno di noi può ancora oggi riconoscersi: amicizia, amore, vita e morte sono declinate in ogni sfumatura e con estrema sensibilità artistica, riscontrabile in tutte le 8 tracce.

 “Lucio era incredibile, ascoltava musica a tutte le ore” ha raccontato poi Mogol. “Era affascinato dal blues ma anche dal rock’n’roll di matrice anglosassone; in particolare era innamorato del modo di cantare di Robert Plant, il frontman dei Led Zeppelin”.

Questo può aiutarci a capire perché i brani di Lucio avessero una mescolanza di sonorità ed una modalità interpretativa che per gli italiani sembrava provenire dal futuro. Questo contribuì al successo incredibile dell’album: nel giro di pochi mesi, infatti, superò la straordinaria quota di 500.000 copie vendute.

LE TRACCE

Per l’arrangiamento dei loro dischi Mogol e Battisti si erano affidati già dal 1970 a Gian Piero Reverberi, compositore e direttore d’orchestra di origini genovesi che aveva già conosciuto il grande successo lavorando con i suoi concittadini Gino Paoli e Fabrizio De André. La collaborazione con Reverberi, terminata nel 1973, permise al duo di “elevare” la propria concezione musicale, impreziosendola attraverso l’inserimento di archi e fiati, elementi tipici di una vera composizione orchestrale. Ma analizziamo una per una le 8 canzoni contenute in questo disco:

1. LA LUCE DELL’EST

L’album si apre con una storia d’amore, un’avventura travolgente con una ragazza slava. Un sentimento che però si è interrotto bruscamente con il ritorno di lui in Italia, dove ora vive insieme ad un’altra donna che le sta donando un nuovo amore, solido ma non altrettanto passionale. Il testo è formato da 5 parti, di cui 3 si svolgono nel presente e 2 riguardano questo struggente ricordo. Il passaggio tra le strofe riguardanti il presente e quelle riferite al passato è scandito da un rumore (inizialmente un ramo calpestato, poi un colpo di fucile). L’arpeggio di chitarra iniziale è accompagnato dai violini e poi viene arricchito dal basso dopo la prima strofa. Nel ritornello entrano tutti gli strumenti e la canzone si alza di un tono.

2. LUCI-AH

Il testo parla di una ragazza libertina e disinibita di nome Lucia che vive in maniera anticonformista: appicca un incendio nella chiesa del paese, si spoglia e appende i propri vestiti sul campanile, rifiuta la proposta di matrimonio del figlio del macellaio affermando di non essere una bistecca. “Lucia, di solito così non si fa”, la rimprovera Lucio ma poi prosegue con i versi “ho l’impressione che se non smetti, all’inferno forse tu finirai / ma se non altro quel luogo più allegro ed umano renderai” che lascia intravedere una certa ammirazione per questa giovane ragazza. Il brano presenta sonoritàhonky-tonk” che richiamano “7 e 40”, un successo precedente di Battisti.

3. L’AQUILA

Un testo di dubbi sull’evoluzione di un amore (“ho bisogno di qualche cosa di più / che non puoi darmi tu”; “mostravi a me / la tua bandiera d’amore / che amore poi non è”) e più in generale sulla libertà (“ma come un’aquila può / diventare aquilone? / che sia legata oppure no / non sarà mai di cartone”). Chitarra acustica alla quale si aggiungono, solo nel finale, dei violini.

4. VENTO NEL VENTO

Struggente ballad che descrive alla perfezione l’effetto salvifico di un nuovo amore. “Mi son svegliato solo / poi ho incontrato te / l’esistenza un volo diventò per me” sono le parole più significative del protagonista che, grazie a questo sentimento, riesce a mettersi alle spalle le cicatrici del passato. “Tra le tue braccia calde anche l’ultima paura morì”, prosegue con grande intensità Lucio nel ritornello spezzando l’intimità delle prime strofe in cui la sua voce, accompagnata solo dal pianoforte, è sussurrata, come ad indicare il timore di rompere l’idillio che si è appena creato. Nella 2° strofa si aggiunge un organo e poi si inseriscono tutti gli strumenti.

5. CONFUSIONE

Brano che si distingue per le sonorità rock/blues e che rimanda al sound di “Il tempo di morire”. La “confusione” indicata nel titolo sta nel rapporto tra i due amanti: lui ritiene di essere stato sincero mettendo in chiaro che desidera lei ma anche altre donne però allo stesso tempo le rimprovera di scambiare ogni bene materiale per un qualcosa di più prezioso rispetto ai sentimenti che li uniscono. “Tu vorresti imbalsamare anche l’ultima più piccola emozione” è sicuramente il verso più emblematico.

6. IO VORREI, NON VORREI, MA SE VUOI…

“Come può uno scoglio arginare il mare / anche se non voglio torno già a volare” è uno dei versi più celebri della musica italiana. Si ripete dal punto di vista musicale lo schema chitarra acustica e voce, mentre nel testo si rinnova il “triangolo” tra amori del presente e del passato. Il ricordo di “lei”, rappresentato dallo “scoglio” nel ritornello, come può arginare il “mare”, e quindi i movimenti interiori che solo un nuovo amore può generare?

7. GENTE PER BENE E GENTE PER MALE

Il protagonista dalle umili origini (“mio padre è guardia comunale / mia madre lavora all’ospedale”) vuole entrare ad una festa di ragazze “per bene”. L’ingresso alla festa gli viene ripetutamente negato proprio per la sua condizione sociale. Lo schema è quello di un vero e proprio dialogo tra Lucio ed un coro femminile che lo rifiuta e lo schernisce. Lui allora se ne va e lungo la strada incontra un “fuoco”, ovvero una prostituta, alla quale si rivolge in modo così elegante (“Tu vendi amore ma […] io non ho soldi, e per questo non lo posso comprare”) che la donna si offre gratuitamente. A quel punto il protagonista rifiuta la generosa offerta della ragazza e le offre un passaggio a casa chiamandola “gentile signora”. Un brano estremamente significativo che sottolinea il pensiero di Mogol su quale sia la vera “gente per bene” e quale la “gente per male”, attraverso l’inversione dei ruoli tradizionalmente assegnati dalla società, che si ispira ai testi di De André.

8. IL MIO CANTO LIBERO

Il disco si chiude con il brano che dà il titolo all’album. Un testo autobiografico di Mogol, scritto dopo la separazione con la moglie e in concomitanza dell’incontro con la nuova compagna, la pittrice Gabriella Marazzi. «Nasce il sentimento, nasce in mezzo al pianto, e si innalza altissimo e va…”. Un crescendo musicale che parte con la voce di Lucio accompagnata dalla consueta chitarra acustica. La riscoperta dei valori più profondi dell’amore e della passione, “in un mondo che”, invece, già in quegli anni, sta soffocando l’intensità dei sentimenti e la libertà delle persone.

di Luca Nebbiai

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