Home Recensioni Iced Earth – “Enter the Realm EP” è soprattutto tanta storia e nostalgia…

Iced Earth – “Enter the Realm EP” è soprattutto tanta storia e nostalgia…

by InsideMusic
Iced Earth

Ci sono quei nomi che hanno scritto la storia di un genere e uno di quei nomi è Iced Earth. Il gruppo di Tampa, Florida, è stato assolutamente fondamentale per lo sviluppo dell’Heavy Metal. Non solo. Gli Iced Earth, nati una decina di anni dopo Iron Maiden e Judas Priest, hanno conosciuto la loro affermazione negli anni Novanta. La famosa decade maledetta per l’Heavy Metal in ogni sua sfumatura. Un dato tutt’altro che scontato, se si considera che proprio le band sopra citate in quegli anni hanno vissuto il momento più basso della loro carriera. E il successo che la band di Jon Schaffer ha ottenuto era dovuto alla grande originalità e creatività del loro prodotto.

Iced EarthSuccessi del genere non nascono mai per caso. L’Heavy Metal è molto onesto con i musicisti: se non avete nulla da dire o da dimostrare, non avrete mai successo. Ma se invece avete qualcosa da dire, qualcosa che il mondo ha bisogno di sentire, allora, anche con una dose di fortuna, quel successo arriverà. E gli Iced Earth avevano già in mente molte cose da dire. Il tutto nasce dalla voglia e dalla determinazione del fondatore e chitarrista Jon Schaffer, capace di superare la tragica perdita del suo migliore amico quando la band ancora si chiamava Purgatory. Gli Iced Earth sono riusciti a legare il loro nome al successo e alla storia dell’Heavy Metal. Grazie soprattutto all’apporto del cantante Matt Burlow, gli anni Novanta sono stati segnati dall’enorme popolarità degli album Iced EarthNight of the StormriderBurnt Offerings The Dark Saga.

Ma da dove nasce tanto successo, tanta gloria? Qual è stato il primo passo che gli Iced Earth hanno mosso nel mondo della musica per arrivare così in alto? Ce lo ricordano con la riedizione del loro primissimo demo, Enter the Realm. Uscito nel lontano 1989, questo piccolo prodotto contiene sei pezzi caratteristici e ascoltarli ci riporta rapidissimamente a quei lontani anni Ottanta e a tutte le atmosfere che li caratterizzavano. Si respira, fin dalla rapida omonima intro, un misto di giovanile creatività, la voglia di fare, di dimostrare quel qualcosa sopra menzionato. C’è il desiderio tipico dei primi prodotti di dare tutto e anche di più, a volte esagerando, a volte sbagliando ingenuamente, ma sempre provando. E, tra qualche segno di vecchiaia che le canzoni ormai presentano, non mancano assolutamente alcune buonissime idee. I punti di partenza da cui poi la band si sarebbe lanciata verso il suo successo.

ColorsNightmares sono i brani che più presentano i segni dell’invecchiamento di una musica ormai superata, ma non per questo non apprezzabile. I riff e lo sviluppo dei brani sono di quelli già sentiti, già all’epoca figli di Iron Maiden e Judas Priest. Chi non si è ispirato ai propri idoli all’inizio della carriera musicale? Si tratta di un “peccato” giovanile assolutamente perdonabile. Soprattutto perché, dopo i primi colpi un po’ ingenui, gli Iced Earth sparano un paio di colpi di quelli da predestinati. To Curse the Sky Iced Earth sono infatti due pezzi estremamente particolari, ancora oggi, a trent’anni di distanza, molto caratteristici e tutt’altro che scontati.

Iced EarthCerto, la musica poi è andata avanti. Ma questi brani costituiscono un gradino importante per il suo sviluppo. Oltre a respirare atmosfere heavy delle band già citate, si nota anche la presenza sottile di Progressive. In quegli anni era uscito …And Justice for All dei Metallica e tutta una corrente prog prendeva forma, dai Queensryche ai Dream Theater. E’ interessante notare come anche gli Iced Earth abbiano in parte contributo allo sviluppo del genere, benché poi non ne siano mai diventati veramente parte. L’alternanza di parti più morbide ad altre più aggressive, ma soprattutto i cambi di tempo e di velocità mostrano tutta la voglia di sperimentare e di dimostrare della giovane band. E si sente bene ancora oggi.

Enter the Realm EP è quindi un’opera dal sapore profondamente nostalgico per i fan più accaniti, ma costituisce anche un bel pezzo di storia da riproporre a critici e musicologi per muovere altri passi nell’interminabile scoperta delle infinite vie della musica.

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