Esce il 22 febbraio per Inside Out il nuovo album dei Dream Theater: il sorprendente Distance Over Time. Ecco la nostra recensione in anteprima!
Ogni volta più attesi, ogni volta più apprezzati o più criticati, ogni volta chiedendoci chi sono oggi i Dream Theater e dove stiano andando (leggi: Le dieci canzoni più significative). Poche band hanno creato divisioni così accese tra i fan e questo è il loro fascino e la loro maledizione. Per non parlare di quanto accadde quasi dieci anni fa, quando Portnoy scioccò il mondo del Metal annunciando il suo abbandono dal progetto. Che cosa ne sarebbe stato del Teatro dei Sogni? Il nuovo sostituto sarebbe stato all’altezza del compito?
Beh, decisamente con Distance Over Time si può dire, per la prima volta e con estrema sicurezza, che i Dream Theater sono tornati a essere una band grandiosa: anche il singolo di lancio, Unthetered Angel, acquisisce un nuovo equilibrio al’interno dell’album.
Questo nuovo, quattordicesimo, album sembra essere tutt’altro che un nostalgico canto del cigno. Petrucci e compagni ci deliziano finalmente con un sound modernizzato e meno fossilizzato su forme ormai datate, traendo notevole spunto da sonorità più contemporanee e a cui ormai siamo tutti un po’ avvezzi.
Innanzitutto si tratta della compattezza a livello di mix, potente, ma calibrata, dando il giusto spazio a tutti i musicisti (e regalandoci batterie finalmente con un suono splendido). Ma si tratta anche delle influenze groovy del Metalcore e del Djent (no, tranquilli, i Dream Theater non hanno iniziato a imitare i Periphery), facendo scapocciare come facevano negli anni Novanta. Si tratta poi di aver saputo dosare eccessivi e inutili virtuosismi Progressive che la band sembrava incapacitata a dosare, rendendo quindi i brani molto più diretti, accessibili e apprezzabili. Infine, Distance Over Time dura a malapena un’ora, contenendo 9 brani più una bonus track tutte di durata “limitata” per i loro standard. Il disco ne guadagna tantissimo, filando liscio e lasciando un deposito di emozioni e sensazioni fortissime che non si ricordavano da tempi immemorabili.
Distance over time dei Dream Theater (Inside Out): artwork e tracklist
- Untethered Angel
- Paralyzed
- Fall into the Light
- Barstool Warrior
- Room 137
- S2N
- At Wit’s End
- Out of Reach
- Pale Blue Dot
- Viper King (Bonus Track)
Quello che si nota in questo disco è poi la convinzione che ogni membro infonde in quello che sta facendo. I Dream Theater non si limitano al compitino, non hanno composto un disco guidati dal guadagno che ne sarebbe derivato, ma lo hanno fatto spinti da una fortissima passione. Inoltre, sono tutti legati da un affiatamento e un’intesa che non si respirava da troppo tempo (si pensi al ritornello di S2N ). Distance Over Time è l’album in cui Dream Theater sono tornati effettivamente a essere una band, dove ognuno ha il proprio momento di gloria, vigorosamente sostenuto dal resto del gruppo. Si sente proprio come questo lavoro sia frutto di un gioco di squadra, non solo opera di Petrucci e/o Rudess che si occupano di composizione, idee, trame e assoli, assegnando agli altri i “compiti” da svolgere.
Il songwriting poi è discretamente distribuito tra tutti, dietro ovviamente all’intramontabile Petrucci: LaBrie, Myung e perfino Mangini hanno scritto almeno un testo di una canzone del disco, infondendovi le proprie emozioni, trasferendovi i propri demoni, suscitandoci magiche ed inesplorate sensazioni. Si nota poi un Rudess molto più controllato, con assoli molto più puntuali e azzeccati per il contesto rispetto ai dischi precedenti, concedendo poi rari e delicati momenti di piano e voce con LaBrie da far vibrare le corde più profonde dell’anima.
Distance Over Time è un album estremamente bello, con qualche piccolo difetto qua e là, su cui si può tranquillamente soprassedere. Del resto, quale album non ce l’ha? Perfino Images And Words (qui la recensione) ha una batteria triggerata di dubbio gusto, eppure ci ha incantati tutti da sempre. Quindi mettetevi comodi, accendete il lettore CD e sentitevi rigorosamente in cuffia o con ottime casse Distance Over Time. Tornerete a scapocciare come con Pull Me Under, a gioire delle sezioni strumentali come in Erotomania, a commuovervi come in The Spirit Carries On. Forse è per questo che Petrucci e compagnia lo hanno descritto come una sorta di Metropolis Part 3: perché è un ritorno alle atmosfere degli albori, ma con le sensazioni che sono state sviluppate negli ultimi anni.
Questo album è senza dubbio il migliore da quando Mangini ha preso il posto di Portnoy. E’ l’album che mostra la maggiore personalità dai tempi di Systematic Chaos (2007). E’ l’album migliore dai tempi di Metropolis Part 2 (1999) e degno di essere apprezzato come i grandi dischi dei primi anni di attività della band. Distance Over Time è una grandissima svolta in una carriera che stava diventando un po’ monocorde e senza più nulla da dimostrare. Se questo è il nuovo ciclo dei Dream Theater, speriamo facciano ancora tanti dischi!

Inside Music è una webzine italiana indipendente nata nel 2017 e dedicata alla musica, che offre notizie aggiornate, live report, interviste esclusive, recensioni di album e approfondimenti. La piattaforma si rivolge agli appassionati di musica, proponendo contenuti dettagliati e di qualità su artisti, concerti e novità del panorama musicale nazionale e internazionale. Visita Inside Music per rimanere sempre aggiornato sulle ultime tendenze e scoperte musicali.