Manuel Zito è un pianista che all’interno del genere new classic sta facendo molto parlare di sé sia in Italia che all’estero. I suoi brani su spotify hanno raggiunto vari milioni di ascolti. In occasione dell’uscita del suo secondo album “Coincidences” lo abbiamo intervistato per farci raccontare da dove nasce la sua musica e quali sono gli artisti che più hanno influito sul suo processo creativo.
Prima di tutto quali sono le coincidenze a cui fai riferimento nel titolo?
Le coincidenze a cui faccio riferimento sono gli incontri, i viaggi, gli avvenimenti inaspettati che succedono nelle vite di ognuno di noi. Ognuno di noi pensa che accadano per religione, destino o altro, ma è innegabile che a volte succedono delle cose improvvise, che ci portano a fare scelte diverse rispetto a quelle previste inizialmente.
Molti guardano alla diffusione della musica “tradizionale” e si perdono artisti come te e, ad esempio Bruno Bavota, che siete tra i più ascoltati e conosciuti fuori dai confini regionali e nazionali. Come ti spieghi un fenomeno simile?
In parte può essere spiegato con la diffusione delle piattaforme digitali, quindi la facilità di avere tutta la musica a disposizione su uno smartphone o un computer e questo ha portato alla diffusione di playlist di musica strumentale, per cui tanti ascoltano la musica in modo passivo, mentre si lavora, si studia, si fa altro. Alcuni però vengono colpiti da degli artisti, si informano, approfondiscono. In parte può essere spiegato con la ricerca della qualità, ma soprattutto con lo scopo di fare buona musica prima di tutto per sé, per stare bene con se stessi. Probabilmente nel main stream si guarda spesso prima all’economia e poi alla musica. Nel mio campo quasi sempre si parte dalla musica.
Qual è il posto più inaspettato dove è arrivata la tua musica?
I posti inaspettati sono stati tanti ma in particolare ne segnalo 2: nel 2019 e poche settimane fa (il 10 aprile) ho fatto 2 concerti in un piccolo villaggio in Spagna, Abarca de Campos, dove vivono pochissimi abitanti (si contano sulla punta delle dita) ma c’è un bellissimo luogo dove fanno concerti, che è stato premiato pure dall’Unesco. Un altro posto inaspettato è Mykolaiv, una delle città più colpite in questa guerra: pochi giorni fa ho visto che qualcuno mi ha ascoltato da lì su Apple Music. Per me è stato molto commovente poiché ho immaginato qualcuno sotto le bombe che ascoltava musica per “non sentire dentro il silenzio che c’è fuori”, come diceva Bach, o meglio per non sentire le bombe e i combattimenti che ci sono fuori, in questo caso, e in particolare ascoltare la mia musica.
Quali sono i musicisti da cui ti senti più influenzato?
I musicisti che mi hanno influenzato e che mi influenzano tutt’ora sono tanti, per motivi diversi sono: per il lato compositivo sicuramente Olafur Arnalds, Nils Frahm, Claude Debussy, Ryuichi Sakamoto, Erik Satie, Maurice Ravel. Ci sono colleghi con cui ho uno scambio di idee proficuo come Luca Longobardi, Dominique Charpentier, Andrea Carri o lo stesso Bruno Bavota. Da un punto di vista compositivo ma soprattutto come modo di pensare la musica mi influenzano 2 personaggi molto diversi tra loro: Ennio Morricone ed Ezio Bosso (a cui ho dedicato un pezzo in questo disco). Ho letto diversi libri, soprattutto di e su Morricone e il modo in cui ha messo i suoi studi classici e rigorosi all’interno della musica per film per me è un grosso punto di riferimento. Vengo anche io dal mondo accademico della musica classica.
Che tipo di processo compositivo segui? Le canzoni nascono sempre nello stesso modo o hanno genesi diverse?
Principalmente la genesi dei miei brani è di 2 tipi: un motivo extramusicale (l’omaggio a Bosso, un brano scritto per la danza, qualcosa che mi colpisce in un libro o in qualcosa di quotidiano) e quindi subito ho il titolo del brano, oppure un motivo musicale (una sequenza di accordi, un suono, un ritmo) dove il titolo arriva quasi sempre a composizione finita.
Hai mai pensato di affidare qualche tua composizione a un paroliere?
Onestamente no. Prima di scrivere musica strumentale ho suonato in tanti gruppi di musica leggera (ho suonato tanti generi) e in particolare “La Piccola Orkestra Per Prestazioni Occasionali”. Con i brani inediti siamo arrivati a suonare in tutta Italia e lì c’era un paroliere che ritengo tra i migliori della Campania (e non solo): Joseph Foll. Chiusa questa esperienza ho intrapreso una strada diversa da prima. Probabilmente in futuro potrebbe capitare l’occasione, ma al momento non sento l’esigenza. La musica strumentale è più soggettiva essendo senza testo, può arrivare alle persone in tanti modi diversi e questo mi piace molto.
Quanto ha influito sulla tua musica il sodalizio col tuo produttore Massimo de Vita?
Il sodalizio con Massimo ha influito in parte sulla mia musica, ma ha influito soprattutto sul suono dei 2 dischi (Fernweh e Coincidences). La figura del produttore è spesso sottovalutata e poco compresa sia dai non addetti ai lavori ma in parte anche dai musicisti: è un occhio diverso dal tuo, può consigliarti di intraprendere una strada diversa e spesso è anche arrangiatore e in parte psicologo. Nel mio caso è intervenuto poco sulla musica di per sé (solo nelle parti elettroniche di alcuni brani) ma molto sulla scelta dello studio dove registrare, sui microfoni, sulla scelta delle registrazioni migliori. Questo fa veramente la differenza.
C’è una canzone di qualche artista contemporaneo che avresti voluto scrivere tu?
Ci sono molti brani che avrei voluto scrivere. Nel mondo della musica strumentale/colonne sonore mi sarebbe piaciuto scrivere “Invenzione per John” di Morricone (all’interno del film “Giù la testa) o anche il tema di “Indagine su di un cittadino al di fuori di ogni sospetto”. Mi sarebbe piaciuto scrivere anche il tema della colonna sonora di “La teoria del tutto” di J. Johansson o de “L’ultimo imperatore” di Sakamoto. Nell’ambito del genere che scrivo sicuramente mi sarebbe piaciuto scrivere “Near light” di O. Arnalds o “You” di N. Frahm. All’interno dell’ambito classico mi sarebbe piaciuto scrivere “Prelude a l’apres-midi d’un faune” di C. Debussy o l’Adagetto dalla quinta Sinfonia di Mahler. Nell’ambito della musica leggera ci sono dei brani che mi piacciono molto, ma non essendo bravo nello scrivere i testi, guardo più al lato musicale: mi sarebbe piaciuto vivere in epoche diverse per poter avere a che fare con gli Area, o con Battisti, o con S. Wonder, o con i primi Coldplay (adoro i primi 2 dischi), o con Santana. Le mie influenze personali sono tante, per cui è molto difficile fare una sintesi su cosa mi sarebbe piaciuto scrivere citando solamente un brano.
Hai in programma un tour o delle date live?
Sono tornato da poco dalla Spagna. In Italia ho dei concerti che sto programmando per l’estate ma ancora nulla di confermato al 100%, spero di poter confermare quanto prima e condividerlo sui social.