Venerdì 15 settembre è uscito “È ORA DI ANDARE”, l’album del cantante, pianista e autore, LAZZARO (Leonardo Angelicchio).
Ad accompagnare l’uscita del disco il videoclip della traccia d’apertura “Ancora un po’ di te”, un’analisi lucida e senza fronzoli che consegue alla fine di un amore.
Lazzaro pubblica il suo primo album da solista dopo aver calcato palchi importanti, al fianco di artisti italiani e internazionali come Eagle-Eye Cherry.
Un lavoro maturo e fortemente autobiografico, che affronta a muso duro la scrittura, guardando a grandi artisti come Joe Cocker, Elton John o Lucio Dalla.
Il disco è stato prodotto dall’arrangiatore e sound designer Taketo Gohara e registrato con la partecipazione di musicisti importantissimi come Alessandro “Asso” Stefana (PJ Harvey, VinicioCapossela), Mauro Ottolini (Daniele Silvestri, Negramaro), Ronnie Jones (Zucchero, John McLaughlin) e l’Orchestra Edodea Ensemble (Muse, Enrico Ruggeri) arrangiata e diretta dal Maestro Stefano Nanni (Pavarotti).
Ciao Leonardo, benvenuto su Inside Music!
Giovedì è uscito “È ora di andare”: malgrado sia il tuo album di esordio, è un lavoro ricercato. Come ti senti a presentare, finalmente, l’album?
Mi sento molto bene; sinceramente non vedevo l’ora di far uscire questo disco soprattutto perché, come dici, è frutto di un lavoro lungo, con accanto i miei amici di sempre.
L’ossatura del progetto arriva da lontano, da un’idea di band che è nata già diciotto anni fa (ndr. Santa Margaret) e ora stiamo riconquistando quello spazio che, ai tempi, forse per immaturità o per paura, non abbiamo saputo gestire. Allora il livello era molto alto ed io, in primis, non mi sentivo all’altezza come autore.
Siamo rimasti quei ragazzi che amano suonare insieme ma ci siamo ritrovati, a distanza di anni, con un enorme bagaglio in più; ognuno di noi ha fatto le sue esperienze singolarmente: Massimiliano Salina è un batterista jazz formidabile, sempre in giro per il mondo; Fabio Sirna è un sound designer molto conosciuto, oltre ad essere un bravissimo chitarrista; Antonio Montecucco, il nostro bassista, ha lavorato in Inghilterra per diversi anni.
Il sodalizio con Taketo Gohara dura già da qualche anno, come ti trovi a lavorare con uno dei più importanti produttori italiani?
L’arrivo di Take è stato fondamentale, soprattutto per l’uscita del disco. Ci siamo chiesti con chi volevamo farlo e lo abbiamo scelto perché è uno dei pochi che ancora fa i dischi suonando e a noi piace proprio questo aspetto del suonare insieme.
Hai una timbrica abbastanza particolare che, unita a dei testi che narrano di viaggi introspettivi e speranze per il futuro, oscilla tra canzoni più forti e urlate al vento e altre più intime. Quali sentimenti ti hanno accompagnato nella scrittura?
Ci hai preso in pieno sull’analisi dell’album! Io volevo che in ogni pezzo, anche quelli più intrisi di malinconia, ci fosse una luce di speranza.
Anche lo stesso titolo, “È ora di andare”, è una porta aperta verso qualcosa che deve ancora arrivare.
Se parliamo dei sentimenti che hanno accompagnato questo lavoro penso subito alla rabbia; ma non in senso negativo, la rabbia che ti spinge a riprendere in mano le cose che non sono andate come avrei voluto.
È stato, inoltre, un percorso di consapevolezza in cui i sogni di rock & roll, che cantava Ligabue, sono stati mediati dalla realtà. C’è tanto amore e una buona dose di solitudine.
A questo viaggio introspettivo ha contribuito Taketo Gohara che mi disse immediatamente: Se non sei autentico io non posso fare un disco con te. La gente lo percepisce se non sei vero. Le tue canzoni devono essere delle urla soffocate mentre stai cercando di risalire in superficie.
Altro sentimento è la mancanza, la lontananza, dalla mia terra d’origine.
C’è anche della frustrazione, perché ci sono determinati meccanismi, che soprattutto nei primi anni, non comprendevo e che lasciano sempre dell’amaro in bocca. Ora, invece, ho imparato ad accettarmi e a presentarmi per quello che sono.
“Pierrot e un pagliaccio” e “Avvicinarsi alla fine” sono i brani più personali contenuti nell’album. Il primo parla del rapporto con mia sorella e il secondo di un padre che soffre di dipendenza dall’alcol. Una storia che ho vissuto indirettamente.
Ho avuto la fortuna di avere una famiglia bella e comprensiva.
A proposito, sia tu che tua sorella siete artisti, anche se in campi diversi. È una malattia di famiglia?
Abbiamo un rapporto particolare. Siamo l’uno l’alter ego dell’altra, ed entrambi siamo un po’ Doctor Jackie e Miss Haide. Io sono ingegnere e faccio il cantautore, lei è laureata in chimica e recita in teatro.
Ci accomuna la sensibilità per raccontare le storie della vita. Parlando di teatro mi ha colpito molto una citazione di Proietti: “Viva er teatro dove tutto è finto ma niente c’è de farso”, trovo che si possa applicare anche alla musica.
Quando racconti di te, l’obiettivo è far immedesimare chi ti ascolta in quello che canti, ottenere che un brano diventi universalmente riconosciuto.
Quante delle canzoni attuali, tra dieci o vent’anni, saranno ricordate e cantate in spiaggia davanti ad un falò come possono essere quelle di Dalla? Forse rimarrà “La musica non c’è” di Coez…
L’ultima traccia è dedicata alla tua terra d’origine, la Puglia. Ci si sente mai a casa in un posto diverso da casa propria?
Non posso dire che non mi sento a casa a Milano, ormai ci vivo da ventuno anni. Casa è dove costruisci le tue certezze.
Il concetto che intendo io in “Quando ritorno a casa” è il posto in cui i tuoi piedi sono piantati come radici.
Quando non senti un radicamento profondo, come è per me la Puglia, il rischio è sentirsi una bandiera in continuo movimento, a meno che tu non trovi una casa di elezione.
Io mi ritengo fortunato ad avere un legame così profondo, non solo con la terra, ma con gli avi, con l’educazione, i valori familiari… la casa che non scegli ma in cui sei nato.
Il mio posto nel mondo è dove finiscono le mie parole e inizia il mare…
Dentro questo album c’è anche tanta musica suonata dal vivo sui palchi di tutta Italia. Verrà presentato con un tour nei club?
Per ora abbiamo una data, quella di presentazione, il 22 settembre a Milano, al Teatro Spazio 89.
Sicuramente stiamo lavorando per mettere insieme un calendario che uscirà nei prossimi mesi, quindi ci rivediamo prestissimo!

Per ogni cosa c’è un posto
ma quello della meraviglia
è solo un po’ più nascosto
(Niccolò Fabi)