Home Live Report Noel Gallagher incorona Pistoia capitale italiana del Britpop [Live Report]

Noel Gallagher incorona Pistoia capitale italiana del Britpop [Live Report]

by InsideMusic
Noel Gallagher

Noel Gallagher e i suoi Uccellini Volanti (High Flying Birds) sono tornati in Italia, dopo l’assaggio al concertone del Primo Maggio di Roma, per la prima delle due date, si inizia con Pistoia, per il Pistoia Blues, stasera sarà la volta di Mantova

Noel Gallagher

Foto di Gabriele Acerboni

Per fortuna le occasioni per vedere il nostro The Chief dal vivo non stanno mancando negli ultimi mesi. Esattamente un anno fa raccontavo la sua performance al Noisy Naples Fest, di cui era uno degli headliner. Una serata che definire magica è davvero riduttivo. È seguito il concertone del Primo Maggio di Roma e lo “scherzetto” della pubblicazione del primo singolo del nuovo EP nella mezzanotte successiva, anziché presentarlo in esclusiva per il pubblico italiano. Ma noi lo abbiamo perdonato e ieri sera eravamo di nuovo ai suoi piedi, alla corte di Noel Gallagher. Atteso dai nostalgici degli Oasis, dai seguaci della scuola Beatlesiana fino ai moderni amanti del mondo dei primi Depeche Mode, Noel Gallagher è davvero per tutti.

Noel Gallagher’s High Flying Birds al Pistoia Blues

Fresco di pubblicazione del primo dei tre EP previsti in uscita entro l’anno – Black Star Dancing – The Chief in full band (anche se mancava la “ragazza con le forbici”, come ama chiamarla Our Kid Liam) nel nuovo assetto elettronico del suo lavoro, Noel Gallagher compare sul palco in perfetto aplomb inglese. Silenzioso, nemmeno una parola, solo una chitarra e quei “quattro accordi” che hanno scritto la storia della musica degli anni ’90. Fort Knox è il brano che tradizionalmente Sir Gallagher usa per rompere il ghiaccio, e cavallo che vince non si cambia.

Hey hey
Continuo a resistere
A tenere duro…
Devi riprenderti
Devi riprenderti
Devi riprenderti…”

Ripete con un certo impeto il mancuniano ed eclettico artista e la cosa crea in me un certo disorientamento. La musica ti salva la vita, inizia a parlare al tuo posto, riuscendo addirittura ad azzeccare momenti e situazioni. Un mese e mezzo fa scrivevo la mia tesi di master dedicandola proprio a The Chief (oltre che ad Amerigo Vespucci) riconducendolo all’inizio di tutto. Quando una passione riesce ad entrarti dentro, sa anche cosa dire quando tu stai per mollare. E lui da li sopra, quasi indicandomi ha detto “Devi Riprenderti”, perché in fondo che sia io poco conta, che il fuoco della passione deve essere il motore delle nostre vite invece è essenziale.
Secondo brano, come la stessa posizione nell’album che lo contiene – insieme al precedente – è
Holy Mountain, alla “sacralità” appunto dei suoi oscuri riff di chitarra da cui sembra non volersi proprio staccare. Al momento dell’uscita del disco Who Built The Moon?” colpì la scelta di non lanciare come primo singolo la title track, ma questo brano, una scelta che Noel ha motivato come affettiva: prima canzone scritta con il suo produttore e brano preferito dei suoi figli. Insomma, nonostante sul palco sembri così eccessivamente concentrato ed imbolsito, Sir Gallagher nasconde una profonda anima sensibile e sentimentale (ragazzi lui è l’autore di Wonderwall, che insieme a La Cura di Battiato, sono le colonne sonore di almeno un amore di ognuno di noi…). C’è un salto di un brano dall’ultimo album, per arrivare alla volta di It’s A Beatiful World, caratterizzato dai suoi temi ambientali, che ci pone da sempre l’interrogativo su quale sia il destino del nostro mondo, forse quello di tornare da “chi ha costruito la luna”? L’ordine perfetto dell’album prosegue con She Taught Me How to Fly che chiude la fase Noel ex Oasis, per catapultarci poi in una discoteca a cielo aperto con la coinvolgentissima Black Star Dancing, title track dell’EP appena pubblicato, e brano che rompe con la tradizione brit pop di cui The Chief è il capostipite ed un new entry rispetto alla scaletta delle precedenti date di questo tour, Rattling Rose. Mi approccio a questi due brani in maniera un po’ scettica, riusciranno The Chief e i suoi a rendere elettronico un set così acustico? Ma Noel può tutto, anche grazie al fidato Gem Archer che – col piedino sulla drum machine – rende il tutto perfettamente organico e ben riuscito.

Altro grande classico è Dead in The Water, brano che ho imparato ad apprezzare ascoltandolo dal vivo lo scorso giugno e che ricollego sempre alla potenza dell’acqua, da dove noi proveniamo.
La sera del primo ascolto live di questo brano era il compleanno del ragazzo con cui uscivo – mollato da li a poco per inseguire una chimera – e i nostri incontri sono sempre stati al mare. Ho sempre amato il mare, ho sempre pensato che la linea dell’orizzonte così irraggiungibile, che più avanzi per inseguirla più essa si allontana spostando il confine tra te e tutto quello che puoi toccare, sia la metafora perfetta di come bisognerebbe vivere, non accontentandosi e spostando sempre più avanti l’asticella dei propri sogni. E forse ho a cuore questo brano per questo motivo, la scelta – anche in quella circostanza – di non farmi bastare il poco e di meritare il tanto e per il mare, che resta comunque il filo rosso di quelle settimane.
Vi sembra abbastanza come racconto della preponderanza di Noel Gallagher nella mia vita? No, ancora non siamo arrivati al momento che tutti noi attendiamo: la mezzora nostalgica dei capolavori targati Oasis.
Un inizio affidato a brani che vedono Noel come unico protagonista, una setlist che sbatte subito in faccia ai presenti la carriera solista del grande dei
Gallagher, quasi a ribadire che lui è qualcosa di solido anche dopo gli Oasis.
Quando mi fermo a riflettere sul perché certi artisti hanno bisogno di rinnegare il loro brand di fabbrica per dare un taglio nuovo alla propria arte e se il rischio di mandare tutto il successo del passato in fumo per un passo falso, un eccesso di megalomania, mi ricordo sempre di quando scrivevo i primi articoli alla fine del liceo, a rileggerli quindici anni dopo provo sicuramente tenerezza, ma non mi riconosco in vocaboli, sintassi, semplicità dei contenuti. È come quel vestito che hai nell’armadio, di cui eri follemente innamorata, che dopo anni di utilizzo, a provarlo oggi ti sembra un sacchetto dell’indifferenziato. Sono sicura che Noel non paragoni le sue iconiche canzoni a del pattume, ma ad uno che ha interrotto un tour a due date dalla fine (
per quanto ti ami, non ti perdonerò mai di avermi negata la possibilità di vedervi per la prima volta dal vivo a Milano, a due giorni dal concerto), decidendo di lasciare il gruppo, puoi mai chiedere se ha paura di toppare?

Un tuffo nel passato: le hit degli Oasis

A proposito di digressioni sul passato, ecco il momento amarcord. The Importance of Being Idle, quinto brano del penultimo album della band (Oasis) “Don’t Believe The Truth” è il gancio perfetto per passare dai successi solisti ai grandi classici del gruppo di cui era fondatore e mente. Questo brano rientra già nella fase più adulta della band, cantato anche ai tempi da Noel e non dalla graffiante quanto profonda voce del reale frontman, Liam.

Non posso farmi una vita se il mio cuore non è pronto”

E’ questa la frase che ho sempre amato in questo brano. Se è vero che il cuore è come il biscotto della fortuna, che devi romperlo per vedere cosa c’è davvero dentro, è anche vero che ha una serratura e se questa è occupata da un sentimento, è inutile forzare l’ingresso di una nuova chiave (pensiero), essa non entrerà. Avevo sedici anni nel 2005, quando questa canzone fece il suo ingresso negli scaffali dei negozi di dischi, prima che nel mio mp3. Nessuno mi aveva ancora spezzato il cuore, ma questo l’ho capito dopo. Eppure i piccoli rifiuti, le piccole attenzioni mancate, lo sguardo non incrociato del più bello del liceo sembravano fare così male, bruciare così come il limone su una ferita, e lo sport ufficiale dei tempi sembrava davvero essere quello di forzare la serratura pur riconoscendone l’impossibilità di ciò. Noel era molto più adulto di me quando ha composto questo e ad oggi questa frase la sento ancora più mia, ed è forse questo il motivo per il quale ho trattenuto il fiato, respirato a pieni polmoni l’aria di questa notte e ammesso a me stessa che i sentimenti non hanno un pulsante di on/off, e che Sir Gallagher ha – di nuovo – ragione.
Nella cronologia artistica a ritroso è la volta di “Heathen Chemistry”, che lo scorso primo luglio ha compiuto diciassette anni e che abbiamo festeggiato con voi, album omaggiato con la celeberrima Little By Little. Un brano che non molto tempo fa ho dichiarato essere la colonna sonora della mia vita. Poco a poco, passo dopo passo. Ad ogni incrocio col destino.

Poco a poco
i desideri della tua vita sono lentamente diminuiti
poco a poco
devi dare tutto in tutta la tua vita
e ogni volta mi chiedo perché
sei veramente qui”

Se finora tutti i brani in ascolto nascono già dalla voce di Noel, non è questo il caso delle prossime due: Whatever in combo con The Masterplan. Esse sono sicuramente marchiate dalla timbrica di Liam, eppure nell’arrangiamento proposto dal Chief, la sua voce riesce quasi a far dimenticare la versione originale (peraltro quella di Whatever non è mai stata pubblicata in alcun album, grande escluso di What’s The Story Morning Glory non troverà spazio nemmeno negli album del futuro) per anni propinataci anche dal centralino della Vodafone.

Finalmente è arrivato il momento della “mia” canzone, Half The World Away. Lo scrivevo sui miei social qualche giorno fa: gli Oasis mi hanno rovinato la vita, riuscendo ad incasellarsi a perfezione nei miei stati d’animo, o me l’hanno salvata, in quei momenti così bui in cui fare la più grossa delle cazzate sembrava l’unica soluzione, quando le crisi di panico prendevano il sopravvento e ascoltarli risultava più efficace che soffiare in un sacchetto.

Wonderwall e Stop Crying Your Heart Out: due hit senza tempo

La cosa che mi fa più sorridere e compiacere per la bellezza di eventi come questo del Pistoia Blues, è la stratificazione del pubblico. In mezzo a una buona fetta di persone che i mancuniani Gallaghers li ha visti anche più volte insieme dal vivo, c’è una buona percentuale di ragazzi che quando queste canzoni hanno visto la luce ancora non erano nati. Forse la vera potenza della musica resta ancora questa, rompere le barriere di età, ceto sociale o nazionalità e unire tutti in un solo coro, quello del brano del cuore.
Noel, finora molto composto (dove sei finito ragazzaccio della periferia britannica?) accenna un sorriso sornione al suo pubblico dicendo: “questa la conoscete?”, ed è il momento della blasonatissima Wonderwall. La storia di questo brano, che parla di un ragazzo così innamorato della sua donna da incitarla dopo che lei ha perso il lavoro a non mollare, definendola “il muro portante” della sua vita. Guardo il telefono, lo prendo nell’intento di mandare un audio con questa canzone ad una persona. Deve essere bello quando quella frase arrivi ad una persona. Non a tutte. A una. Lo riposo, stasera non c’è spazio per nessun altro, siamo solo io e Noel. Il mondo fuori può aspettare, al di la di queste note. Segue Stop Crying Your Heart Out, che avrebbe meritato molto più spazio nella mia vita in questi anni, che è sempre stato recluso nel cassetto delle canzoni “che conoscono tutti”, come se l’essere pop(olare) fosse un difetto, un deficit di fabbrica. Una piazza intera stretta in coro sulle note dell’iconica doppia voce che simbolizza il dialogo fra qualcuno che sta mollando e una persona amata che lo incoraggia a tenere duro.

Dopo un apparente fine concerto, la ricomparsa sul palco della band di Noel Gallagher è targata ritorno al futuro con Aka… What a Life!; a chiudere il momento best ’90s è Don’t Look Back in Anger con in coda il classico omaggio ai Beatles con All You Need Is Love. Grande assente l’ultima creatura di Noel “Sail On”, ma sarà questa la scusa buona per ritornare in Italia nei prossimi mesi solo per farcela riascoltare?

La musica non è solo un’attività artistica ma è anche e soprattutto una forma di comunicazione in grado di evocare e rinforzare le emozioni. La musica possiede un grande effetto evocativo, è in grado di entrare in contatto con la nostra sfera più intima in modo del tutto naturale. L’importanza di un singolo artista nelle nostre vite gli esperti lo descrivono con una frase: “L’incontro, attribuito al caso, viene spesso presentato come un momento fondamentale che ha aperto una nuova vita”.

Fan non si nasce, lo si sceglie e poi lo si diventa. E Noel Gallagher riesce a ricordarmi ogni volta, che ho fatto proprio la scelta giusta.

Noel Gallagher

SCALETTA:

  • Fort Knox

  • Holy Mountain

  • Keep On Reaching

  • It’s a Beautiful World

  • She Taught Me How to Fly

  • Black Star Dancing

  • Rattling Rose

  • Dead in the Water

  • The Importance of Being Idle (Oasis cover)

  • Little by Little (Oasis cover)

  • Whatever

  • The masterplan

  • Half the World Away (Oasis cover)

  • Wonderwall (Oasis cover)

  • Stop Crying Your Heart Out (Oasis cover)

  • AKA… What a Life!

  • Don’t Look Back in Anger (Oasis cover)

  • All You Need Is Love (The Beatles cover)

Foto di Oasismaniapage
Grazie a Daniele

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