Sono passati vent’anni dal live album Raccolti, una delle pietre miliari della discografia della band modenese: fu il primo album dal vivo, e il primo in acustico. L’8 marzo 2019 Riaccolti riprende quel percorso.
Frutto di una campagna di crowdfunding, l’album è una coproduzione della band e di oltre 500 fan. La ripresa è avvenuta durante il concerto per pochi intimi del 4 novembre 2018 presso lo storico Studio Esagono di Rubiera (RE), in un casello un tempo usato per la produzione del Parmigiano Reggiano e oggi sala di registrazione.
Una dinamica che richiama il legame sempre fortissimo tra la band e le lotte dei territori, in questo caso con uno studio dalla storia impegnata e in cui i Ramblers sono nati e cresciuti.
La scaletta prevede un certo equilibrio tra i brani storici, per intenderci quelli fino a Dopo il lungo inverno, e i brani della seconda fase artistica, per quanto si tratti di una distinzione di comodo. Le canzoni sono ripescate a piene mani da quasi tutti gli album della band, con pochi assenti, a cui si aggiunge una title track scritta per l’occasione.
Per i fan di vecchia data fa sicuramente piacere la presenza di alcuni brani quasi dimenticati, come Le lucertole del folk, inno alla balera emiliana, o la splendida Radio Tindouf. Non mancano poi cavalli di battaglia come In un giorno di pioggia, I cento passi, Mia dolce rivoluzionaria.
I recenti cambi di formazione non inficiano il sound fresco a cui ci ha abituato la band, anche se per una scelta consapevole in questa raccolta manca il lato ‘punk’ ed elettrico a vantaggio di quello folk: con l’obiettivo di rimanere fedeli alle live session tradizionali, prevale l’elemento acustico di provenienza irlandese, balcanica, o anche autenticamente italiana, di quel tipo che i Modena stessi e pochi altri gruppi hanno recuperato dal cantautorato del passato.
Gli arrangiamenti riflettono questa impostazione da live session, e non snaturano le canzoni originali: in particolare spiccano le riletture di Pasta nera ed Ebano, anche se quest’ultima risulta una canzone talmente intensa che forse anche con una base trap avrebbe la stessa efficacia.
Le tematiche militanti sono come sempre in primo piano, non scalfite dalla poco esaltante congiuntura nazionale, dalla lotta alle mafie (Libera terra, I cento passi) a quella allo sfruttamento (Pasta nera, Ebano), alla condanna delle guerre inutili, alla libertà della strada. A questa si aggiunge il testo di Riaccolti, autobiografico e incentrato sulla storia e il futuro della band stessa.
È un abbraccio che sa di ritorno
lungo il nostro cammino.
Qualcosa di prezioso per cui valeva la pena,
per cui vale la pena.
Siamo tutto quello che abbiamo raccolto,
siamo tutto ciò che rimane tra il vento e il sole.
Interessante rivedere in un solo album i tanti riferimenti che hanno segnato gli oltre venticinque anni di attività della band.
In definitiva, per chi vi scrive, la mancanza dell’elemento più crudemente rock è in certi momenti un’assenza pesante, ma senza dubbio l’impostazione folk farà presa su molti ascoltatori. L’unica vera critica va ad alcune scelte di mix: le registrazioni in studio, fatte in presa diretta durante il concerto, relegano l’apporto del pubblico a pochi applausi tra le canzoni, e poco altro; nel confronto con Raccolti, dove vi erano ritornelli interi accompagnati dal coro dei presenti, l’esibizione suona forse più precisa, ma fredda e chirurgica.
Peccato, visto il seguito fedele e appassionato che la band può vantare a ogni concerto, oggi come nei suoi primi anni di vita.

Tecnico, Marinaio, Giornalista, Intellettuale, Intelligente… non sono niente di tutto questo.