Home News Voci femminili a Sanremo: a che punto siamo?

Voci femminili a Sanremo: a che punto siamo?

by InsideMusic

Ieri sera, a Sanremo, si è esibita Ornella Vanoni, classe ’34, con Imparare ad amarsi, assieme a Bungaro e Pacifico (ha due anni in più di mio nonno, per capirci). Botox e derivati del silicio a parte, una voce ancora capace di far sognare. Una linea impeccabile, abito candido dal taglio retrò, un’esibizione jazz quanto basta per tornare ad un tempo remoto popolato dai grandi crooner americani: un’intro post rock, arpeggi di chitarra semplici ed emozionanti di Bungaro, un affannarsi etereo fino al ritornello. Insomma, un’opera di gran classe, semplice, elegante, conclusa in se stessa. Ma appartenente ad un’altra epoca.

Tralasciando i commenti stilistici, vocalmente, la Vanoni, è un’artista impeccabile. Ancora, ora, nonostante la voce arrochita dall’età, è in grado di proporre le stesse modulazioni ed espressività di quando cantava per Gino Paoli, Luigi Tenco, Bruno Lauzi. Insomma, una voce da Artista, in grado di dare emozioni ed anima alle proprie canzoni, non solamente di svolgere il compitino assegnatole dal compositore della canzone. Anche interpretare è un’arte: capire le intenzioni del cantautore, sentire le liriche, avvertire il meta linguaggio proposto dalla fusione di musica, strumentazione e testo, e saperlo, soprattutto, trasmettere. Un’arte padroneggiata da lei stessa, da Mina, da Mia Martini, da Loredana Bertè, da Patty Pravo, da Nada (reinventatasi musa dell’indie), più recentemente da Fiorella Mannoia, Anna Oxa (prima di suicidarsi artisticamente), e dalle tante cantautrici attualmente in piena attività: Laura Pausini, Elisa, L’Aura, Gianna Nannini, Carmen Consoli, Giorgia, Paola Turci, fra le principali. Menzione d’onore per Malika Ayane, cantante di formazione lirica ed altissima qualità compositiva, da piccola fortemente voluta da Riccardo Muti stesso nel suo Macbeth.

Ecco, dell’emozione e la qualità proposta sempre dalle artiste di cui sopra, ieri sera, nel mondo femminile, c’era una traccia appena accennata.

Annalisa, immagine ben costruita e una buona capacità compositiva, tanto da produrre un brano estremamente radiofonico (Il mondo prima di te), pareva cantasse il testo di una canzone altra da sè, diversa, lontana anni luce. Senza sentire. Di per sè, possiede un bel timbro, ma simile a quanto di già visto: dov’è la voce scura e sensuale di Mina? La graffiante aggressività della Bertè? La teatralità di Nada? Il naturale vibrato di Anna Oxa? La personalità di Carmen Consoli? Le sperimentazioni di Giuni Russo? Annalisa, brava, per carità, ma così simile ad Elisa di Luce, nel tentato romanticismo evocativo. Stridono, come unghie sulla lavagna, le palesi vocalist di supporto nel refrain, a mascherare eventuali portamenti e sbavature.

E Nina Zilli? Una dei migliori talenti femminili degli ultimi anni? Una canzone gradevole, ben arrangiata (null’altro se non orchestra e poca chitarra), ben interpretata, ma non c’è nulla della spumeggiante personalità della cantautrice, dell’ottima e variegata produzione strumentale dei suoi album, che ha avuto abbondantemente modo di mostrare in Modern Art, suo ultimo album. Un plauso alla scelta delle liriche: una bella poesia sulla bellezza e l’onore dell’esser donne.

Grandi speranze erano riposte in Noemi. Spregiudicata, disinteressata dell’opinione altrui: una ragazza orgogliosa e testarda, fiera di essere sè stessa, di far parlare le sue canzoni. A lei, con la sua intensa Non smettere mai di cercarmi, più che una certa trascuratezza compositiva e vocale (che decisamente caratterizza le due precedenti artiste), va imputata, forse, ad una certa incertezza: scottante deve essere ancora la sconfitta quando in gara c’era un brano come Sono solo parole, che un po’ affossa il coraggio e la voglia di osare. Eppure, la canzone funziona. Noemi ha sempre fatto suo il vanto di aver creato uno stile personale, una voce versatile ed una bella varietà compositiva: finalmente si ha la sensazione che quel testo le appartenga, la sua nostalgia è la nostra, che siamo in ascolto.

Insomma, la nuova Ornella Vanoni della musica italiana è ancora Ornella Vanoni, musa della canzone della mala, dei cantautori leggendari degli anni ’60, dotata di una inarrivabile classe, semplice, che proviene dall’animo, ma anche da un’esperienza lunghissima: per lei, il palco dell’Ariston, è come una seconda casa. Quella al mare. Speriamo che stasera, in cui le canzoni verranno riproposte, Annalisa sconfigga l’emozione e faccia uscire appieno la propria voce dal diaframma, non aiutata dalle back vocals; che Nina Zilli torni alla sua personalità estroversa e spumeggiante; che Noemi abbia il coraggio di osare e di dimostrare al mondo, un’altra volta, tutto il suo valore.

Giulia Della Pelle

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