Marco Dambrosio, in arte Makkox, è – tra le altre cose – coautore del programma di La7 Propaganda Live, condotto da Diego Bianchi in arte Zoro, un format in cui le vicende di cronaca della settimana vengono raccontate e riassunte attraverso filmati d’inchiesta, botta e risposta dal web presi dagli account legittimi dei vari personaggi coinvolti, e attraverso le vignette animate di Makkox che sono un appuntamento per la sigla finale del programma
Un’ironia dissacrante quella di Makkox, un linguaggio diretto e una narrazione sempre molto immediata, che hanno portato il vignettista ad essere considerato un vero e proprio cult nella realtà giornalistica attuale. Ha un suo spazio illustrato su carta stampata, ospite de Il Foglio, dell’Espresso e curatore di una rubrica settimanale su Sport Week; ma il suo vero grande amore resta il web, media che lo ha fatto conoscere e su cui – grazie alle vignette verticali e al suo blog – ha dato forma alla sua voce interiore che da sempre scorge lo sguardo sulla società, in chiave ironica e mai banale.
Scambiamo quattro chiacchiere al telefono con lui, mentre è nel suo punto d’appoggio milanese, in questo giorno seguente alle primarie del Partito Democratico, su fumetti, televisione, web e tanta attualità.
Ciao Marco, benvenuto su Inside Music and Movies, partiamo dalla musica: come procede il mush up del singolo dell’estate “Global Compact”, di Meloni – Meloni – Meloni, arrangiamento di Makkox (MATKOKS) appunto e voce della crew Emma, Jovanotti e friends?
(ndr: risate) Quello è stato un bel successo, sì; non so se le abbiamo dato addirittura una mano, a volte ti viene questo dubbio perché lei è anche simpatica, non la prende male una situazione così, anzi. Tra tutti i politici che sono oggi in parlamento, lei è una della vecchia guardia, gli altri sono tutti nuovi, e i “vecchi” sono scaltri, intelligenti, sanno stare al gioco.
Anche il singolo “O l’Olanda” spacca…
Sì, Fabio Celenza è un genio assoluto.
Makkox sei diventato noto ai più grazie alla costante presenza prima a Gazebo, poi a Propaganda Live – di cui sei uno degli autori – format televisivo che gioca sulla satira, i social media e l’attualità. In questi programmi hai inventato le cosiddette “strisce animate”, giocando su immagini statiche e sulla ripresa, con la camera che si avvicina o si allontana e sul commento musicale, alla fine si ha un vero e proprio video. O meglio: si ha la netta sensazione di aver assistito alla proiezione di un video, mentre è in realtà solo una successione di ‘vigne’. Ma in quella successione c’è la tensione che produce i capolavori, dai tempi alle inquadrature, dal particolare solo apparentemente insignificante all’intuizione grafica. Come nasce questa idea di commistione fra immagini e musica?
Bella st’analisi, sono cose che non tutti notano, il fatto che le immagini siano ferme e invece sia la camera a muoversi. Sono fumetti appunto, strisce animate.
L’idea della loro creazione nasce dalla visione di una cosa molto vecchia, cioè un programma che andava in onda diversi anni fa sulla Rai – Super Gulp! Fumetti in TV – che fu una trovata di un animatore bolognese Guido De Maria, un genio vero, di portare i fumetti in TV; io faccio quello che faceva lui: spostava la camera sui fumetti che stavano fermi, l’unica differenza è che nel suo format c’erano le voci che doppiavano i ballon, le vignette venivano recitate. Io quello l’ho sempre trovato un limite perché risultava ancora troppo cartone animato. Invece l’idea di mettere la musica, creare quindi questa commistione fra immagini e sonorità è proprio mia. Scelgo prima la musica e poi disegno.
Quindi la musica ha proprio un ruolo centrale nelle opere di Makkox?
E’ principale, non d’accompagnamento. Deve per forza venire prima del disegno altrimenti che cosa gli da il ritmo, soprattutto cercare a posteriori la musica per quello che hai disegnato è roba per la quale potresti diventare matto, ti ci vorrebbe un anno o un compositore a tua disposizione. Se invece fai il contrario – come dicevano Troisi e Pino Daniele – cioè prima scegli la musica e poi disegni su di essa, tutto risulta più immediato e fluido (io infatti la metto in loop nelle cuffie per sei ore, mentre disegno, senza che mi stanchi per nulla).
Ti abbiamo incontrato qualche anno fa ad un concerto dell’indipendente Iosonouncane, come disegnatore della serata. Si parla tanto di indipendenza, di rifiuto delle major e scelta di etichette minori; tu che ne pensi del fenomeno attuale del monopolio discografico della musica e della forma canzone?
Me’ stai a chiede na cosa di cui non so assolutamente nulla (ndr: risate), però provo a farti un parallelo col mondo del fumetto, in cui ci sono lo stesso le major. Effettivamente io nasco come indipendente, nel senso che inizio mettendo le mie cose nel blog che apro, e successivamente quando incontro gli editori – che ti si fanno sempre sotto quando fai qualcosa di carino – mi accorgo che la percentuale che spetta all’autore, cioè colui grazie al quale il libro si può fare, è irrisoria. A quel punto capisci che autoprodurti forse diventa più conveniente. Ho creato così una mia etichetta indipendente, la mia piccola casa editrice con cui ho prodotto le mie cose per lo più, ma anche il primo libro di Zerocalcare, “La Profezia dell’Armadillo”.
Io sono anche un grande appassionato di cinema, e quello indipendente per me è sempre quello più fertile di qualcosa di nuovo, di emozionante; sono appassionato proprio all’idea dell’indipendenza.
A proposito di forma canzone, Salvini si è fatto promotore dell’iniziativa-alla-francese di introdurre il vincolo di una canzone italiana su tre come passaggi in radio, ignorando che attualmente siamo a quote già maggiori, una proposta che ci riavvicina al regime (se consideriamo pure il taglio delle sovvenzioni e la chiusura imminente di Radio Radicale) o una semplice tutela del made in Italy, secondo Makkox?
Quando la scrivono e leggo questa notizia, la trovo sempre così buffa, e lo dico, però mi rispondono “si però in Francia lo fanno”. Pensano che se lo fanno i francesi questo possa essere la certificazione di qualcosa di ragionato, di qualitativamente alto, di nobile. I francesi hanno questo protezionismo sulla loro lingua, questa forma di tutela, ci stanno molto attenti, ma ciò non significa che se lo fanno i francesi sia necessariamente una cosa buona e giusta. Io capisco non venire travolti dai meccanismi delle multinazionali che ti mangiano vivo e tu scompari, ma non penso sia questo obbligo la strada giusta. La valorizzazione delle tue tradizioni, la salvaguardia di alcune piccole cose da proteggere non può passare attraverso questi obblighi, deve essere qualcosa di più culturale. Vanno supportate, semplicemente.
Adesso passiamo al Movies, descriverti professionalmente è complicato, farò ricorso quindi a tre qualifiche e immaginerò – per semplificazione – il tuo ruolo come un ibrido fra loro. Giornalista – sempre sul pezzo sulle vicende di cronaca, scrittore – le tue vignette hanno sempre molta narrazione, vignettista appunto. Quali vantaggi ha internet per esprimersi ed essere immediati?
Adesso ti dico una cosa che ho scoperto di me stesso, che non è quindi un ragionamento o una presa di posizione che poggia su dei principi etici miei, ma una consapevolezza assunta negli anni. A me non interessa nulla andare in libreria, è proprio qualcosa che non mi dà emozione, invece il mio principale media è internet, il web. La cosa a cui tengo di più è essere lì, mi sono affezionato a questo, mi piace molto il feedback immediato e la sensazione concreta di avere un pubblico live. Io il pubblico della libreria non lo conosco, non lo vedo, poi ti arrivano i dati delle vendite ma ‘ste persone non le “vedi”, non hai contatti, mentre sul web sono persone vive che ti lasciano dei commenti, alcuni belli, altri brutti, ma vivi, reali. Anche quando disegno le mie vignette per i giornali, forse faccio qualcosa di scorretto perché ripubblico ciò che è uscito ad esempio sull’Espresso, anche sul web, idem sul Foglio.
Makkox sei anche il creatore del fumetto web verticale, che supera il concetto della tradizionale striscia orizzontale della carta stampata. Come è andata, è stato usato anche da altri questo nuovo “modus disegnandi”?
L’idea della striscia verticale nasce da una mia esperienza come grafico, o forse ancor prima. Sin da ragazzo quando iniziavo a disegnare sulle pareti del cesso della scuola piuttosto che sui banchi in classe, su ogni superficie capivo quale era la forma più appropriata li. I disegni sulle pareti del bagno erano delle storie che avevano come base lo zoccolo di mattonelle che arrivava solo fino a una certa altezza, e quindi la storia progrediva coi personaggi che camminavano su questa base tutto attorno al bagno; sul banco di scuola era tutta un’altra storia, cambia la dimensione del media e quindi la forma della storia. Col tempo poi ho disegnato su una lavagna per un locale, ed era una forma ancora diversa dalle precedenti. Quando sono arrivato sul web, ho notato come lo scroll con la rotellina fosse la cosa più naturale da fare; il volta pagina col click era una roba forte, cioè un cambio molto importante per il susseguirsi della storia, non come girare le pagine di un libro, quindi ho iniziato a immaginare di far scorrere in verticale – con lo scroll – le mie storie.
Sai che hai creato una facilitazione perfetta anche a noi generazione di pigri?
Ma la pigrizia è una questione animale, propria dell’essere vivente che cerca di ottimizzare le energie. Non so se sia leggenda, ma si narra che una volta Bill Gates abbia detto qualcosa tipo “quando io voglio risolvere un lavoro in maniera efficace e velocemente, lo affido a uno pigro, lui troverà la maniera più veloce ed economica dal punto di vista delle energie, per risolverla”.
I pigri sono quelli che trovano soluzioni.
Tornando alle vignette verticali, questo “modus disegnandi” è stato poi usato anche da altri dopo di te?
Non l’ho visto molto sul web in realtà. Un periodo io feci un blog collettivo, dopo l’esperienza del blog personale, che si chiama “Core Ingrapho” (ndr: in scroll we trust, è il sottotitolo), a cui parteciparono tantissimi vignettisti, basata interamente sulle vignette verticali, e fu una grandissima esperienza, che decisi di mollare successivamente perché avevo bisogno di andare oltre. Lì, lessi davvero tante belle cose.
Con le “Le [di]visioni imperfette”, “Ladolescenza”, “Post Coitum – Satire di un Tardo Impero” ed altre opere, si è segnato il tuo passaggio alla carta stampata. È stato traumatico o la giusta evoluzione del tuo lavoro?
In realtà quello è stato un modo per monetizzare, perché tutto quel materiale esisteva già sul web in forma gratuita. Quindi è stato raccolto su carta stampata e prezzato. Per altro alcuni di questi libri sono stati realizzati in un formato particolare, per farci entrare le vignette verticali più o meno così come erano state create per il web. Questa è una soddisfazione: significa che hai creato una scrittura totalmente adatta ad un determinato media, e lo capisci quando non sei più in grado di trasporla su altri supporti senza fare tagli, ritocchi e adattamenti. Ero felice di non poter portare le vignette sulla carta.
Tu però hai saltato un passaggio in questa cronologia di carriera che mi riguarda, perché io ci sono poi andato – dopo il web e prima della pubblicazione di questi libri – volontariamente sulla carta, disegnando per un giornale che si chiama “Blue”, la testata più bella che abbia mai visto di fumetto erotico, quello alto, e per me essere accolto su Blue è stato un onore grandissimo. Su questa rivista realizzai delle storie per la carta, furono delle storie molto belle e nacquero esclusivamente per quello, poi come cedendo alla corrente tornai al web.
Quindi ricapitolando: nasce il blog, le vignette per il web, le storie per la carta di Blue, il ritorno al web, la raccolta delle vignette del web riadattate per i libri, dico bene?
Esattamente. Poi ricordiamo sempre questo, non stai parlando con un fumettista vero come Gipi, a esempio. Io sto là con molta fortuna, esco fuori più per il mio senso dell’humor oppure il mio sguardo sul mondo che ripropongo attraverso i miei disegnetti, che per la raffinatezza delle mie creazioni. È più l’autore che esce fuori rispetto alle cose che fa, nel mio caso.
Bao Publishing, l’editore di questi volumi, è lo stesso di Zerocalcare di cui tu sei primo editore (ricordiamo che il suo blog lo hai aperto tu, così come “La Profezia Dell’Armadillo” è stata prodotta a tue spese). Ai tre precedenti possiamo aggiungere anche questo quarto mestiere di padrino professionale della promessa del fumettismo italiano?
Dire “a mie spese” non è propriamente corretto, “a mio investimento” lo è di più. E comunque maggior investimento di Michele, che ha creato quella storia bellissima, e che si smazzava avanti e indietro a portare le copie alle librerie, mentre io mi occupavo delle vendite online.
Ma per me non ci fu alcun rischio economico. Quando seppi che Zero aveva inviato i suoi lavori agli editori e quest’ultimi li avevano rimandati indietro pensai “questi so’ matti, st’artista vi sta a’ dà i diamanti e per voi è vetro?”. Io lo sapevo che Zero avrebbe fatto successo, per me è stato come avere una soffiata dal futuro. Michele è bravo davvero, ed è lui che vince nelle sue storie, il suo humour, la sua sensibilità, il suo sguardo, ed è un altro caso in cui i suoi disegni non sono eccezionali, forse s’incazzerà se dico questa cosa, ma lui ha una sua calligrafia che è espressiva al massimo ed ha un’efficacia spaventosa. In questa espressività così personale lui ci sta bene, non gli serve fare ricerca; perché quello che tu lettore ami non è tanto Zerocalcare che ti racconta storie western dove disegni alla perfezione i cavalli, tu vuoi leggere Zero in quanto Michele, deve essere lui che rappresenta se stesso. Questo era ciò che volevamo tutti anche da Pazienza, in fondo, sì bellissimo Zanardi, storie fichissime, e in qualche modo c’era anche Pazienza dentro, ma io penso che il top lo abbia toccato quando il protagonista era proprio Paz, con Pertini a esempio, o in Pompeo. Attraverso un suo personaggio una volta definì sé stesso “Pazienza non è fumettista, è una rockstar”, e quello era per davvero, come Zerocalcare.
Come lo vedi lo stato del fumetto in Italia adesso? Riesci a intravedere tra le matite attuali il nuovo Milo Manara o Vauro, o lo stesso Makkox?
Questa è una curiosità che sto per dirti. Io sono uscito artisticamente piuttosto tardi, perché le mie opere non le ho mai fatte vedere a nessuno, forse perché credevo di non essere bravo, non saprei. Avevo già una quarantina d’anni vissuti intensamente, considera che vivo da solo da quando sono molto giovane, ho mollato la scuola presto, fatto ogni sorta di lavoro per vivere senza mai fare il fumettista come mestiere di vita; sono arrivato così a quarant’anni come se ne avessi settanta, nel senso di esperienze, maturità e vita con gli altri, per cui ci sono arrivato con un senso dell’humor e una poetica mia già molto formata. All’inizio di questa mio nuova vita da fumettista, grazie al web, mi invitavano alle tavole rotonde del fumetto come se io ne sapessi davvero tanto e invece la realtà era che non sapevo quasi un cazzo. Ho letto i fumetti, per carità, ma quando vai a queste tavole rotonde o ai festival c’è gente esperta, accademici, si rivolgevano a me con “ma secondo te…” e io rispondevo sinceramente “ragà è inutile che chiedete a me, non ne so ‘n cazzo!”, alla fine dopo un paio d’anni l’hanno capito che non scherzavo e hanno smesso giustamente di invitarmi, perché non gli davo affatto soddisfazione. Quindi al “come vedi il panorama del fumetto” sono proprio l’ultimo che ti può rispondere, cioè quello che mi arriva in mainstream lo vedo, il resto mi sfugge.
Il tuo marchio di fabbrica è la tua satira sempre molto tagliente. A questo proposito non posso che farti qualche domanda di attualità politica. Visto che sei anche molto attivo sui social. Per prima cosa: Zingaretti segretario del PD. Come lo vedi?
Io in questo momento abito a Milano e non ho la scheda elettorale qui, ce l’ho dove ho la residenza, però non so nemmeno se sarei andato, ma se lo avessi fatto avrei votato la “signora Maledettiiiii!”, perché mi sembra che abbia bucato più lei lo schermo che tutti gli altri, dal punto di vista comunicativo. Sono felice però che, chiunque sia il segretario, il PD abbia risolto ‘sta cosa con la partecipazione democratica di tutti.
Anche l’affluenza ai gazebo è stata piuttosto notevole…
Verissimo, e lo spin forte, secondo me, è stata la manifestazione a Milano contro il razzismo del giorno prima, People: prima le persone, per cui sono orgoglioso di aver realizzato la locandina. Quella manifestazione ha avuto una tale visibilità, un tale segnale di “esistiamo”, che è come se la festa fosse continuata nelle primarie, quello stesso senso di partecipazione.
Quello che mi sono domandato e che ho chiesto anche al mio amico e benefattore Diego Bianchi (Zoro, ideatore, conduttore e principale autore di Propaganda Live) che ha molta più competenza politica di me, che cazzeggio: “ok Diego, c’erano le file, ho visto le fotografie che hanno messo, ma le foto erano dei gazebo a Prati, Parioli, ma a Tor Bellamonaca e negli altri posti disagiati c’erano queste stesse file?”. Parlando anche con Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, dello stesso argomento, lui mi ha identificato il fenomeno con una analogia: “Il PD in ZTL è forte!”, forse vale per tutto il centro-sinistra, ma la battaglia si vince fuori dalla ZTL, nei territori limitrofi, non solo nel benessere che rende generosi e tolleranti. Io mi accorgo, partendo da me stesso, che essere generosi quando si sta bene è facile, essere coanimi, non essere arrabbiati soprattutto, la gentilezza io l’ho riscontrata per lo più nelle persone che stanno bene, che hanno una qualità di vita alta e priva di problemi urgenti, queste persone diventano sagge, generose, discorso diverso quando si sta in una situazione di disagio.
Io comunque non faccio satira politica. Come mi ha detto Pippo Civati: “Tu fai satira antropologica, perché a te della politica non te ne frega un cazzo” e io ho applaudito per quaranta minuti su questa definizione perché è verissimo. La politica la trovo talmente volatile, un’attività troppo giornaliera, rapida, mutevole, ipernozionistica, io sono un paesaggista naturalista, tendo ad posizionarmi molto più distante nello spazio e nel tempo, abbraccio con lo sguardo l’umanità che parte dall’homo sapiens fino ad oggi, e allora mi sembra tutto buffo e ripetitivo. Poi, questa satira antropologica, la uso facendo finta di fare satira politica, perché quello paga l’affitto, sulle figure umane universali, eternamente ricorrenti, ci ficco sopra la testa di Berlusconi, quella di Alfano, i tratti di Renzi.
La canzone della Meloni…
Guarda, su questa cosa ci voglio tornare, perché è necessario che voi media rimarchiate che ha detto qualcosa di folle, cioè che l’essere umano non ha diritto di migrare. Ti rendi conto della gravità di questo pensiero? Tutto si muove in funzione della migrazione, da quando esistono le cellule ciliate che hanno le ciglia per muoversi, le meduse, fino agli umani. Tu umano hai le gambe per quale scopo, per prendere a calci nel culo quelli che arrivano o per muoverti? Per muoverti, per spostarti. Lei cerca di ricondurre ciò a questione etologica, cioè che non è un diritto animale e naturale quello della migrazione, ma un’invenzione culturale successiva dei buonisti, boh. Questa è una follia, è terrapiattismo, da pazzi totali. E gliel’hanno votata in parlamento!
Sono gli anni della censura questi?
Io non guardo mai la televisioni nazionali, l’altro giorno però guardando una partita di Coppa Italia – a me piace il calcio e tifo Napoli, scrivo anche su SportWeek ogni settimana proprio di questo sport – sono rimasto su Rai 2 e ho guardato il telegiornale, per la prima volta dopo anni ho visto il TG 2 e mi sono spaventato. Ho visto della roba distopica, dei servizi sovranisti, sembrava una trasmissione di Giacobbo sull’invasione degli alieni, dei discorsi fuori dal mondo, ad esempio un servizio veniva introdotto con “adesso invece ascoltiamo le ragioni dei No Vax”. Le ragioni? Cioè tu mi stai vendendo sulla tv nazionale che la posizione anti-vaccinista ha delle ragioni opponibili a quelle della conquista dei vaccini? Ma siamo matti. A questo punto proviamo a sentire pure le ragioni dei maghi e di Vanna Marchi, dei Terrapiattisti.
Io trovo che questa sia la forma di censura attuale, che è un po’ diversa dal non avere la libertà espressiva; ti cancellano delle idee scientifiche, o umanistiche, che per loro non vanno bene, opponendogli delle altre senza senso e dandogli più spazio e visibilità. Mettendo in dubbio due più due fa quattro. Dicono: ascoltiamo le ragioni di quelli che non ascoltano i dictat dei professoroni e dicono che fa cinque, o ascoltiamo questo premio nobel ostracizzato dalla casta dei baroni della scienza, che dimostra come i neri siano meno intelligenti dei bianchi.
Io a La7 – per ora – con Cairo, che viene dalla tv commerciale di Berlusconi, si è formato in Publitalia, non è un segreto, non ho mai avuto problemi di censura; ci fosse stata una sola volta che mi avessero detto “aho, era meglio che ti stavi zitto!” mai, nemmeno le cazziate per le parolacce in prima serata o la richiesta di posticiparle più sul tardi. Ed è per questo che io a Cairo l’ho valutato conoscendolo, più che ascoltando chi me lo voleva raccontare. Lui è abbastanza laconico, quelle tre volte che ci siamo incontrati sapeva chi fossi e mi ha chiamato Makkox, non Maddox o Marcoz, e questo già è tantissimo, e mi ha detto bravo, e questo fa piacere, poi però quelle che contano sono le sue scelte, che per me parlano sempre più delle parole. Come quella di prendere Andrea Salerno, con uno storico inequivocabile (Dandini, Guzzanti, Gazebo e compagnia bella) come direttore di rete. Con questa decisione stai dando un messaggio forte. Andrea non è che ti porti in dote qualche conoscenza influente in confindustria o collusione con l’elite politica che in questo momento tutti cercano di farsi amica anche strisciando, ma ti porta la sua validità professionale e il suo essere solido e coerente con dei valori che è noto quali siano.
C’è stata censura anche da parte della Rai quando non si è schierata al fianco di Gazebo – trasmissione satirica, potremmo dire la Charlie Hebdo della televisione italiana – in occasione dell’annunciata denuncia da parte di Alfano (personaggio che continuate a perculare nonostante tutto, a testimonianza della vostra integrità intellettiva)?
Alfano che soggetto. Però fu furbo, annunciò la querela quando il programma era finito, dopo l’ultima puntata. La Rai in quel caso non si è esposta affatto, ai vertici mancavano i personaggi col pelo sullo stomaco, a quel punto anche noi capimmo che non c’era più feeling con la rete. Diego ci rimase molto male, Per lui abbandonare il servizio pubblico – soprattutto Rai 3 – fu dolorosissimo, ma quando vedi che non ti somigli più con la rete, che non vieni difeso, non è che te ne vai per ripicca, ma diventa più facile prendere decisioni.
Comunque per lui, per noi, l’importante è, ora come allora – e come hai giustamente ricordato tu – conservare l’integrità del programma.

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