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Intervista a La Rappresentante di Lista: “il teatro è uno strumento che ci appartiene come un altro linguaggio”

by InsideMusic
la rappresentante di lista intervista

Go Go Diva è il titolo del nuovo album di inediti de La Rappresentante di Lista (qui il report del concerto di Modena), gruppo che abbiamo avuto il piacere di intervistare. Il progetto discografico è stato composto da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina.

La Rappresentante di Lista è innanzitutto un progetto di ricerca, nato con un punto di vista plurale femminile: una femmina che accoglie, che si prende cura, che ama. Le canzoni de La Rappresentante di Lista sono un unicum nel quale convivono scrittura, teatro e forma canzone: i loro versi sono frammenti di romanzi, i loro concerti sono spettacoli teatrali, la metrica dei loro versi scalcia violentemente fra un accordo e un altro, la sostanza musicale dei loro brani è brutalmente istintiva, ma più che consapevolmente rigorosa, a tal punto sfiora il rituale. L’energia che muove la ricerca della band prescinde dalla necessità di cristallizzare un genere e nella descrizione che gli stessi autori fanno della loro musica, definendola “Queer”, è già presente questa continua trasformazione.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Dario Mangiaracina, ospite di Inside Music, per scambiare quattro chiacchiere. Ci ha raccontato la genesi, gli sviluppi e l’approccio con il pubblico di questo nuovo lavoro, abbiamo parlato del teatro, del Festival di Sanremo e dei progetti futuri.

Ciao Dario, benvenuto su Inside Music. Partiamo subito parlando del vostro nuovo progetto discografico Go Go Diva. Qui raccontante l’amore in ogni sua sfumatura, com’è nata questa esigenza?

Da sempre io e Veronica (Lucchesi ndr), che scriviamo i testi delle canzoni de La Rappresentante di Lista, durante il periodo precedente la scrittura effettiva dei brani, tendiamo a fare un lavoro di ricerca, di appunti, di note vocali, di fogliettini dove appuntiamo alcune riflessioni sulla nostra vita. Dopodiché, successivamente, nel periodo tra settembre e novembre 2017 abbiamo raccolto tutti questi appunti in un unico documento word sul nostro computer ed effettivamente quello di cui si parlava era l’amore in tutte le sue sfaccettature. Si parla di relazioni, si parla di amor proprio perché in qualche modo c’è un focus attento su di sé, sul rapporto con il proprio corpo, sulla propria vita, sui propri desideri.

Per quanto riguarda la cover dell’album, questa è molto teatrale, anche perché tu e Veronica siete due attori. Come è venuta questa idea?

In realtà, la foto che abbiamo messo in copertina l’abbiamo realizzata con Claudia Pajewski. Poi semplicemente quando abbiamo raccontato a Claudia di cosa parlasse il disco e del riferimento a Lady Godiva – che è una donna che cavalcò nuda per le strade di Coventry per opporsi alle tasse imposte da suo marito ai propri sudditi. Ed è stata proprio questa sua necessità di darsi con il proprio corpo per delle idee che ci colpì molto – lei ci ha invitati nel suo studio a Roma e lì abbiamo vissuto lo shooting per il disco come una vera e propria performance. Quindi quell’atto di spogliarti Claudia l’ha ritratto molto bene in quella foto che vedi tu in copertina. E’ stata una vera e propria azione per noi, eravamo lì a fare delle foto con quegli abiti e a un certo punto abbiamo sentito la necessità di fare quell’atto, di spogliarci e metterci a nudo davanti l’obiettivo di Claudia perché ci interessava la possibilità di mostrarci in questo disco. Perché è un disco che parla anche di noi.

Quindi si potrebbe dire che il disco è anche un omaggio a Lady Godiva?

Più che un omaggio direi che Lady Godiva è come se fosse stata la nostra musa ispiratrice. Ci è servita come collante, come idea di rapportarci a questa figura che non si capisce bene se sia mitologica o reale. Insomma, ci ha chiarificato le idee su ciò che era il contest del disco.

Attualmente siete in giro con il vostro tour, come sta rispondendo il pubblico?

Molto bene. Devo dire che siamo molto soddisfatti e anzi, anche stupiti sull’andamento del tour. Nel senso che molte date hanno segnato il tutto esaurito. L’altra volta ho sentito l’intervista a De Gregori che diceva “i sold out sono un incidente di percorso, perché vuol dire che effettivamente dovevi scegliere un posto più grande”, e io sono abbastanza d’accordo. Bisogna sperare che in futuro ci siano spazi più grandi per cercare di evitare questo problema del sold out. Perché nonostante che questa cosa del sold out sia stata raccontata come un successo, in realtà vuol dire che devi essere più bravo a scegliere dei posti più grandi.

Tornando al fatto che Tu e Veronica siete anche attori teatrali. Vi aiuta questa forma d’arte nel creare maggiore empatia con il pubblico?

Sicuramente il teatro è uno strumento che ci appartiene veramente come un altro linguaggio, oltre alla musica, quindi non possiamo evitare di utilizzarlo. E’ come se a me che sono palermitano mi dovessero impedire di gesticolare mentre parlo, è esattamente quella cosa lì, cioè è un modo per far passare meglio le cose che ci interessa dire e aggiungere anche dei significati a quello che facciamo. Perché l’uso del corpo, l’uso della voce, i racconti che Veronica fa tra un brano e l’altro, sono tutti strumenti, dei modi per aggiungere dei significati alle canzoni. Poi sicuramente c’è l’abitudine a stare sul palcoscenico, la sacralità dell’atto performativo che in teatro è sicuramente diverso che nella musica dove c’è la necessità del raccoglimento prima che inizi il concerto per essere concentrati al meglio. Però in generale ci sono delle cose che ci sono rimaste, che continuiamo al coltivare.

Da Bu Bu Sad a Go Go Diva sono passati 3 anni e nel frattempo sono cambiate un po’ di cose, su tutti l’entrata in scena di Roberto Calabrese alla batteria. Una formazione che si sta allargando. Siete pronti per il salto nella grande scena nazionale? Penso ad esempio ad un Festival di Sanremo. Vi piacerebbe?

Mi viene in mente un proverbio siciliano a cui sono molto legato e che recita: u stissu mortu insigna a chianciri, che vuol dire “lo stesso morto insegna a piangere”. Adesso, mettendo da parte tutto il tetro che c’è nella cultura sicula e del Sud, vuol dire che le situazioni stesse ti insegnano come vivere quelle situazioni. Sembra un po’ un giro di parole, ma fondamentalmente vuol dire che quando arriveremo a Sanremo vedremo come saremo edotti per vivere il Festival. Adesso non ci stiamo pensando, anche perché il Festival è appena finito. Poi noi stiamo facendo un percorso in cui tutto quello che è arrivato, è arrivato in maniera del tutto naturale. Ogni passo in avanti che abbiamo fatto non è mai stato forzato. Quindi se dovesse capitare il Festival di Sanremo o qualsiasi altra grande occasione siamo sicuri che arriverà nel momento giusto, senza dover rincorrerlo.

Proprio l’ultimo Festival di Sanremo è stata una fotografia fedele del nostro panorama musicale. Quindi c’è spazio un po’ per tutti.

Si infatti, quest’anno si è allargata la visione delle direzione artistica. Poi ci potrebbe essere spazio veramente per chiunque. Ed è giusto così, perché dovrebbe essere proprio una fotografia della musica attuale. Anche se chiaramente ci sono delle àncore che tengono legato il Festival ad un certo tipo di pop. Ma anche questo non lo trovo assolutamente un problema, anzi.

Anche perché il Festival istituzionalmente è in origine una kermesse tradizionale, che negli anni ha cercato sempre dei suoni tendenzialmente sul “classico”.

Certo. Anche se io penso che le canzoni che facciamo noi, per quanto ci sia molta ricerca, siano delle canzoni fondamentalmente per la cultura italiana.

Sinceramente vi vedrei bene sul palco dell’Ariston. Dareste quel giusto scossone anche dal punto di vista estetico.

Assolutamente si. Ad esempio a me quello che è mancato quest’anno nel Festival è stato lo spettacolo. La conduzione non mi ha convinto per niente, li ho visti un po’ troppo imbalsamati.

Forse anche perché Claudio Bisio e Virginia Raffaele non hanno fatto il loro e quindi è normale che poi si generi uno spettacolo a metà.

Si è vero, è vero.

Passata la parentesi Sanremo, andiamo avanti con le nostre domande. Come state vivendo questo nuovo fermento della musica indipendente italiana?

Siamo felici che si siano aperte le porte alla musica indipendente. Soprattutto perché i live diventano sempre più un momento fondamentale per il pubblico. Lo stiamo vedendo quest’anno in tour che la gente è attiva, è partecipe ai concerti. E allo stesso modo quella gente ascolta i suoi gruppi preferiti sulle piattaforme di streaming e in qualche modo dà la direzione alla musica emergente. D’altra parte è anche vero che mi piacerebbe se si riuscisse a portare all’estero questo genere musicale. Il mio sogno è quello di portare la musica italiana all’estero in maniera reale, perché credo che in questo momento ci siano le potenzialità. Ad esempio questa sera (27 febbraio ndr) andremo a vedere a Milano gli I Hate My Village che hanno un progetto internazionale interessante e mi piacerebbe vederli su altri palchi.

Quali sono le vostre influenze musicali?

Durante Go Go Diva abbiamo ascoltato veramente pochissima musica, al contrario di Bu Bu Sad in cui abbiamo fatto scorpacciate di musica di qualsiasi cosa. Questa volta ci siamo più concentrati su quella che era la nostra ricerca musicale. Sicuramente i Soundlook sono stati un ascolto molto importante durante il disco. Poi le altre cose non saprei definirle influenze perché credo che la nostra musica sia ancora magmatica per capire effettivamente quali siano le influenze e poi credo che sia un lavoro che spetti più al critico e non all’artista capire quali siano le influenze. Io posso dire qual è la musica che mi piace, ma spesso la musica che piace agli artisti è molto lontana rispetto a quella che fa. Ad esempio a me piace la musica lirica, i CSI, però non so quanto c’è della musica che ascolto dentro quella che faccio.

Come vi vedete in futuro?

In futuro ci vediamo sicuramente più numerosi, visto che è un trend che stiamo mantenendo fin dal 2011, da quando siamo nati.

Quindi è una formazione che si allarga…

Si, proprio come materiale umano. Poi ci vediamo sempre curiosi e stupiti di quello che ci succede e soprattutto felici di fare un mestiere straordinario, anche se è complicato. Siamo sicuri che sarà così in futuro.

Ti ringrazio Dario e in bocca al lupo per tutto!

Grazie mille a te e crepi!

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