Maestrale è il vento nuovo che soffia per Il muro del canto, una delle più importanti band della scena capitolina.
Tante le novità, a partire dall’etichetta indipendente per cui esce il disco, ossia FioriRari di Roberto Angelini.
L’ALBUM
Un album quasi interamente scritto durante la pandemia nella campagna romana, a Zagarolo, e che raccoglie sentimenti contrastanti, in primo luogo l’insofferenza alla restrizione della libertà, vista come bene supremo, senza scendere nella polemica.
Il romanesco rimane la cifra stilistica del Muro e non si può negare che gli stessi concetti non sarebbero altrettanto efficaci se fossero espressi in italiano.
L’utilizzo della chitarra elettrica è sicuramente uno dei tratti distintivi degli arrangiamenti, in un suono che si rinnova senza tradire l’essenza di quello che è stato il Muro finora; strumento che, in questo disco, è stato affidato al tocco di Franco Pietropaoli che, tra l’altro, è stato confermato come membro ufficiale della band.
LE CANZONI
Il disco si apre con la traccia parlata da cui prende nome il disco, scritta dal front man Daniele Coccia Paifelman e dedicata a quel vento Maestrale che spazza via le nuvole e che passando, idealmente, porta via le ingiustizie e le iniquità del nostro tempo.
Quelle piaghe della società odierna che il Muro del Canto ha sempre denunciato con la sua voce fuori dal coro, che si leva in Cometa a scudo dei più deboli e degli invisibili: “Ma sta vita è un attimo a finì sul pavimento. A me reazione e disprezzo so lo stesso sentimento, sei stato tutto e nun sei stato niente e mo vivi per strada e parli con un passante”, ma che, allo stesso tempo, incita a reagire e a non subire passivamente “sordi ciechi muti e finti nella gabbia der sistema” come tuona la strofa di Controvento.
In Maestrale c’è spazio anche per l’amore, descritto nella ballata elettronica Lupa come “il tuo sapore m’è scappato dalle dita e non riesco a ritornare”, che ruota su quell’amore incompiuto e, forse proprio per questo motivo, più bello e vero di tutti gli altri.
E se è vero che la colpa delle attuali condizioni in cui versiamo è un po’ di tutti, Il muro del canto non risparmia una stilettata anche a chi dovrebbe o potrebbe denunciare ciò che non va: “nun si parla più de niente dentro ai dischi e sui giornali”.
Degno di nota, in particolare, l’ultimo singolo estratto La luce della luna: una preghiera laica nella quale si chiede al chiarore della luna e al vino un po’ di quella tanto agognata tranquillità che spesso la vita porta via, tanto da far invocare sorella morte che finalmente porrà fine al tormento: “Questa vita un giorno finirà, Io sono una bestia che è campata bene e l’altre l’ho aiutate a tribolà”.
L’album si conclude con la lotta degli oppressi espressa dalla fisarmonica di C’era una volta un amore, un canto che viene portato nel vento e dice: “canta parole di rabbia chi non ce la fa”.
LE CONCLUSIONI
Un disco ben riuscito, che non ha tradito le aspettative di chi il Muro lo segue da anni, che offre sempre lucidi spunti di riflessione sulla quotidianità e un accompagnamento musicale senza fronzoli, che colpisce duro al cuore, come le parole dolci e amare che guidano l’ascoltatore in questo quinto lavoro in studio della band composta da Daniele Coccia Paifelman, Alessandro Pieravanti, Alessandro Marinelli, Eric Caldironi, Franco Pietropaoli, Ludovico Lamarra, con i contributo musicale di Roberto Angelini, Valentina Del Re e Davide Di Pasquale.
LA TRACKLIST
- Maestrale
- La luce della luna
- Cenere e carbone
- Non si comanda il cuore
- Lasciame sta’
- Controvento
- Lupa
- Un pugno di mosche
- Prima de tutto
- Cometa
- C’era una volta un amore
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Per ogni cosa c’è un posto
ma quello della meraviglia
è solo un po’ più nascosto
(Niccolò Fabi)