Micaela Tempesta è un’artista napoletana con alle spalle una lunga gavetta. Ha fatto molta strada, non solo sui palchi negli ambienti partenopei per la sua attività di promozione in associazioni come Camera D’autore, che insieme a Gaetano Isernia promuove i giovani musicisti partenopei
Lo scorso anno, Micaela Tempesta è uscita con il suo album autoprodotto BLU. Da allora molta acqua è passata sotto ai ponti, fino alla vittoria nell’edizione 2019 del Premio Bindi. L’abbiamo incontrata per chiederle cosa si prova ad avere un riconoscimento così importante.
Domanda scontata: dopo tanta gavetta quanto conta per te aver ottenuto questo riconoscimento?
Non so bene come risponderti. Voglio dire , sì conta tantissimo ma non mi sono mai posta il problema “riconoscimenti”. Sono ovviamente felicissima di essere stata scelta da Zibba per la finale e sono contenta di aver vinto ma sono molto più contenta di aver fatto una bellissima esperienza , di aver conosciuto persone e artisti molto validi, di aver ascoltato storie simili alle nostre (nostre degli artisti campani)
C’è stata una domanda che più delle altre, da parte degli addetti ai lavori, ti ha spiazzato dopo questa vittoria?
L’unica doppia domanda che ho ricevuto durante il premio Bindi è stata “da dove vieni, e dove vuoi andare” e ti lascio immaginare la mia risposta. Intendo che difficilmente faccio programmi a medio lungo termine, se avessi avuto questa costanza forse sarei molto più avanti di dove sono ora (anche se sono della convinzione che sono proprio dove devo essere). Per cui ho detto da dove vengo lo sapete (ho cantato la canzone su Napoli sul palco acustico) dove vado , siccome ho l’età che non si fanno progetti troppo a lungo per ora vado in bagno a cambiarmi per la serata.
Il tuo album è stato, in qualche modo, un salto nel buio per l’audacia delle scelte sonore e di produzione. A distanza di un anno dalla sua uscita come sta “crescendo” questo disco?
Ti rispondo alla Benitez sai che sono malata di calcio. “Sin prisa, pero sin pausa”. È ancora oggi un salto, più che nel buio, in un buco nero ma è un ottimo biglietto da visita e cresce piano specialmente dopo queste opportunità. Sai che è difficile portarlo in giro come un progetto chitarra e voce per cui ben vengano questi concorsi, premi , selezioni che mi permettono un passetto in avanti verso il palazzo ma senza fare la fine di Sarri.
C’è qualcosa che cambieresti di quello che hai messo dentro al disco?
Assolutamente no, forse aggiungerei due pezzi che ho a terra e che non so se voglio produrre.
Non hai mai amato i compromessi, nemmeno la facile diplomazia, dove si trova la forza per continuare a credere nel proprio lavoro nonostante spesso un contesto che non è propriamente il più semplice dove emergere?
Le difficoltà ci sono in tutti i campi, e valgono per tutti noi. Non ci vuole forza, ci vuole attitudine. Il contesto di cui parliamo è molto piccolo rispetto al contesto come lo intendo io per cui non mi preoccupa più di tanto psicologicamente. Ecco ho trovato la domanda spiazzante, me ne ero dimenticata forse perché non riguardava me personalmente. A fine esibizione sul palco il presentatore Massimo Cotto mi fa questa domanda “Ma Napoli è ancora viva musicalmente?” risposta a mente “cazzo si” risposta per gli amici liguri “certo, anzi è fin troppo viva vedrai che verremo fuori come un’eruzione” sono giorni che ci rifletto, vuol dire che di Napoli e da Napoli non esce nulla se uno speaker radiofonico te lo chiede è probabilmente perché non si sente più nessuno uscire da qui o perché in giro non si sente parlare di una scena campana forte. Ma la scena campana è forte. Per cui mi sono un po’ intristita perché c’è da lavorare parecchio e tutti insieme. Ho deciso che dobbiamo eruttare.
Quanto ti ha aiutato e quanto invece in qualche modo penalizzato il tuo modo di essere nella tua carriera?
Mi aiuta il fatto che sono riconoscibile. Sono io, non sono una copia. Anche il mio carattere che è una spina nel fianco per i più superficiali mi rende una persona non anonima questo aiuta. E ti ammazza pure.
Oltre a suonare cerchi di far crescere chi suona come te, vedi la realtà di camera d’autore che curi con altri cantautori. Quali sono a tuo parere i punti deboli e quali le vere potenzialità della realtà campana e più in particolare quella napoletana?
La realtà campana in questo momento è un ingorgo a croce uncinata come direbbe Bellavista. C’è troppa roba “media” che ostruisce il fluire di cose buone se non eccellenti a volte. Insieme agli altri stiamo lavorando per diventare arcipelaghi, tutti con una propria identità ma collegati da ponti cercando di mantenere un livello alto. Le potenzialità della musica napoletana che ha il coraggio di confrontarsi col mondo esterno (quello dopo il casello della tangenziale, ma pure dopo Caianiello) è enorme. Amo tutti i progetti napoletani di buona qualità anche se non sono di mio gusto se riconosco la qualità li appoggio e li sostengo come se fossero miei ecco cosa dovrebbero fare pure gli altri. Questo non accade. Non chiedermi perché, la risposta è brutta.
Si ripete spesso “nemo profeta in patria” ma questo riconoscimento ottenuto da te a pochi giorni da un altro tuo conterraneo che vince musicultura secondo te possono accendere di più i riflettori su Napoli?
La prima cosa che mi ha detto Gennaro Gatto (premio d’Aponte) appena mi ha visto dopo la consegna della targa “Mica hai visto? Nemo profeta in patria”. Ci sarebbe da aprire un capitolo sui media campani, sui giornalisti, su tutte quelle persone che invece di fare una ricerca aspettano le cose pronte sulla scrivania. Sul ruolo degli uffici stampa che oggi sembrano essere le nuove etichette discografiche. Francesco Lettieri oltre ad essere il vincitore ASSOLUTO di Musicultura ha preso un premio anche al Bindi. Un premio come “Miglior autore” dato dalla Warner Chapell mica pizza e fichi. Napoli se continua così resterà una bellissima prigione. Non siamo i primi, non saremo gli ultimi a non essere “riconosciuti” qui potrei farti una lista lunga di artisti campani che non riescono a trovare spazio a casa ma che fuori sono bene accetti. Anche quando vedi i concerti degli artisti napoletani a Milano , Bologna sono per la maggior parte concerti fatti per napoletani fuori sede. Se così non fosse ci sarebbero molti promoter interessati alla scena napoletana e così non è. Mi prendo la responsabilità di dire che c’è troppo fumo in giro e poca carne a cuocere. I riflettori su Napoli si accenderanno quando la scena sarà interessante ed appetibile per il resto d’Italia o del mondo e questo può succedere solo e soltanto se gli artisti napoletani cominciano a confrontarsi con la vita fuori dalla Campania. Ma siamo ancora allo step che la maggior parte degli artisti napoletani stenta a confrontarsi (ma non a mo’ di gara eh?!) con gli altri artisti conterranei spesso pure amici. Pace e Bene!

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