Con una grande festa in musica Matteo Macchioni, tenore italiano di fama internazionale, celebrerà i suoi primi 10 anni di carriera sabato 5 settembre alle ore 21:00, nel suggestivo Piazzale della Rosa della sua città natale, Sassuolo (Modena). Il bellissimo Palazzo Ducale Estense farà da sfondo ai più celebri brani di repertorio lirico d’elezione e ad alcune interpretazioni legate al mondo della canzone non solo italiana. Per celebrare con lui questo importante traguardo gli abbiamo chiesto qualche anticipazione sulla serata e ci siamo immersi nel mondo della lirica per conoscerne meglio le dinamiche, in questo momento di ripresa.
Ciao Matteo, è un piacere intervistarti per Inside Music, partiamo subito parlando del concerto che sabato dedicherai alla tua città, che è doppiamente significativo visto il periodo appena trascorso… Quali sono le tue emozioni alla vigilia di questo evento?
Le emozioni sono molto forti, anzitutto perché ho deciso di festeggiare l’anniversario del mio debutto in teatro nel 2010 con un concerto nella mia città, Sassuolo, dove sono nato e vivo; quindi è molto bello poter riproporre la mia voce al pubblico in una ricorrenza del genere anche perché è il primo concerto ufficiale dopo il periodo di lockdown. L’evento di sabato rappresenta anche per me una ripartenza perché mi sono fermato a marzo, come tanti altri colleghi artisti e, adesso che riprendono gradualmente i concerti, iniziare dalla mia città porta con sé tante emozioni e il calore del pubblico di casa che verrà a sentirmi. Di questa magnifica opportunità devo ringraziare innanzitutto il Comune di Sassuolo che si è impegnato tanto per l’organizzazione e tutte le realtà locali che hanno contribuito sotto forma di sponsor.
Immagino che inevitabilmente lo spettacolo sarà condizionato dalle norme di sicurezza, dato che l’opera prevede molti attori in scena e la presenza dell’orchestra…
Nell’opera, come sappiamo, è fondamentale la vicinanza tra gli artisti sul palco e, proprio per rispettare le misure di sicurezza, in questo concerto sarò per la gran parte del tempo da solo sul palco accompagnandomi al pianoforte, dato che non ci sarà neanche l’orchestra, ma ci saranno degli ospiti che mi fa piacere citare: ben due sono sardi, la cantante cagliaritana Veronica Perseo, vincitrice del primo Tali e quali, spin off dell’omonimo programma condotto da Carlo Conti e Demo Mura un attore istrionico che si intersecherà con me durante il concerto, portando ancora più allergia alla serata. Ci sarà inoltre il chitarrista e mio conterraneo Francesco Landi, che ha lavorato con Benji & Fede, e in questa serata duetterà con me su un pezzo molto famoso. Indubbiamente ci sarà anche l’opera lirica ma cercherò di spaziare in avari ambiti musicali e soprattutto sarà una grande festa!
A proposito della ripresa dell’opera lirica, come pensi che si potrà tornare sul palco?
Per il momento è molto più fattibile fare concerti senza azione scenica quindi senza contatti tra gli interpreti, per rimanere nel contesto dell’opera lirica, ma anche in altri contesti musicali gli artisti stanno vicini e quell’interazione è molto importante per il successo del concerto stesso. Per quanto mi riguarda nei prossimi mesi farò solo concerti perché sono più facili da realizzare mantenendo il distanziamento sul palco. Si sta facendo quello che si può per ripartire ma io stesso, da calendario pre-Covid, sarei dovuto partire per l’Inghilterra all’inizio di settembre con una produzione lunghissima che è stata posticipata di netto di un anno, quindi credo che solo quando si potrà riavere l’azione scenica sul palco, senza distanziamento, ci sarà la vera ripartenza dell’opera lirica come la conosciamo.
Sei stato un pioniere del canto lirico nei talent, ora festeggi 10 anni di carriera nei quali hai calcato i palcoscenici più importanti a livello internazionale; a posteriori quanto è stato importante aver fatto quell’esperienza?
La mia esperienza personale è stata anomala rispetto all’inizio della carriera di molti colleghi che in questo momento stanno facendo la professione. Quando partecipai ad Amici di Maria De Filippi non ero un cantante, ero un musicista che aveva appena conseguito il diploma accademico di secondo livello in pianoforte, non avevo degli studi di canto lirico alle spalle, quindi ero semplicemente uno studente. Soprattutto quando sei agli inizi puoi spaziare, non c’erano delle imposizioni o una professione di cantante lirico a prescindere dal talent; solo dopo quell’esperienza sono arrivati anni di studio, di gavetta, di audizioni, di perfezionamento. La carriera vera e propria di cantante lirico è cominciata ad alto livello solamente cinque anni dopo, quando nel 2014 ho avuto degli ingaggi continuativi nell’ambito della lirica.
Cosa consiglieresti al Matteo di 10 anni fa o a un ragazzo che desidera intraprendere questa carriera e sta iniziando a muovere i suoi primi passi nella lirica?
Se torno indietro di 10 anni non lo posso fare con le competenze che ho ora quindi, in base alle opportunità che si sono palesate, rifarei tutto esattamente come l’ho fatto, perché in quel 2009 non sapevo quale sarebbe stata la mia strada. Forse l’errore più comune che si fa quando ci si presenta in un talent è quello di porre eccessive aspettative su quello che si fa, invece il mio consiglio è di vivere le esperienze con più leggerezza perché le cose possono andare bene o male, gli autori televisivi non hanno la bacchetta magica per garantire che tutti i partecipanti avranno un futuro radioso all’interno della musica, ci vuole molta umiltà; dunque a un ragazzo che si affaccia nel mondo dello spettacolo consiglierei passione, umiltà, capacità di autoanalisi e soprattutto di vivere le sconfitte e le delusioni come una lezione, perché nella vita non è sempre tutto facile, ci vogliono pazienza e costanza per ottenere dei buoni risultati.
Viste le esperienze di altri cantanti lirici che si sono dedicati ad un approccio più pop, come Pavarotti e Bocelli, hai mai valutato questa possibilità?
Farei dei distinguo tra un santo come Pavarotti, che si è dedicato alla sperimentazione solo dopo aver concluso la sua straordinaria carriera, divertendosi a spaziare in altri generi, da altri cantanti come Bocelli, Mazzucchetti, Licitra che sono invece nati come artisti cross over, facendo ogni tanto incursione nella lirica. Per quella che è la mia esperienza personale se interpreto un ruolo operistico lo faccio al massimo della mia professionalità rispettando al 100% il personaggio e quello che rappresenta. Quando invece faccio un mio concerto, nel quale io gestisco le cose, se mi va di mettermi al pianoforte e cantare Caruso di Lucio Dalla con la mia voce da tenore, puoi chiamarlo cross over ma per me è semplicemente la poliedricità di essere artista. Ci sono tantissimi cantanti lirici che in concerto fanno altre esperienze musicali; per quanto mi riguarda è fondamentale rispettare gli ambiti. Quello che non penso farò mai è il cantante cross over, ma in un mio concerto sono libero di seguire anche gli amori artistici che nascono al momento, non si può mettere troppi limiti alla musica, sarebbe sbagliato.
C’è un ruolo o un autore che ami particolarmente?
Quello che mi diverte maggiormente interpretare è il Conte d’Almaviva del Barbiere di Siviglia, che tra l’altro è la più conosciuta, perché interpreta più personaggi all’interno della stessa opera. All’inizio si finge un giovane studente, poi un maestro di musica e solo alla fine svela a Rosina, la protagonista femminile, che in realtà è il Conte d’Almaviva.
Trovi che la lirica sia più apprezzata in Italia o all’Estero?
Sicuramente, rispetto agli altri paesi dobbiamo migliorare nel far conoscere la musica in generale. È molto importante instillare la scintilla della curiosità e introdurre alla cultura sin da piccoli, non dovrebbe essere una cosa sporadica perché l’arte muore se non viene fatta conoscere. L’opera lirica va tutelata, va portata avanti, va fatta conoscere e va resa sempre più fruibile, educando le nuove generazioni perché per apprezzare qualcosa bisogna conoscerla e l’unica maniera per conoscerla è insegnarla e divulgarla. Quel che ho potuto constatare è che all’estero l’età media di chi viene in teatro è più bassa rispetto all’Italia. Le istituzioni ma anche noi artisti e cittadini dobbiamo difendere l’opera lirica perché è un nostro elemento distintivo universalmente riconosciuto, un patrimonio italiano che fa parlare la nostra lingua in giro per il mondo.
Di Alessia Andreon
