È uscito pochi giorni fa il nuovo album del cantautore romano LEO PARI, dal titolo “AMUNDSEN”.
Leo Pari in questi anni si è fatto conoscere anche come autore, produttore e musicista ottenendo, in ogni ruolo che ha ricoperto, ottimi risultati, grazie alla sua sensibilità e la sua penna, capace di evocare immagini di grande fascino.
Il nono capitolo della discografia da solista di Leo Pari è un viaggio che, come indica il titolo scelto per l’album, prende il nome dal grande esploratore norvegese Roald Amundsen, per dimostrare quanto, a volte, guardarsi dentro sia difficile e imprevedibile, come l’esplorazione tra i ghiacci del Polo Sud.
In questa intervista abbiamo parlato del suo nuovo lavoro discografico, dei prossimi concerti che si terranno a Roma e a Milano e di tanto altro….
Ciao Leo e benvenuto su Inside Music!
Amundsen è il nono album di una carriera in cui hai svolto diversi ruoli, quale ti piace di più?
Tutti i ruoli che ho giocato all’interno di questa “partita musicale”, che a volte è stato quello dell’autore o del musicista per altri, a volte è stato quello del produttore o del cantautore, hanno un loro fascino perché in ognuno ci sono degli aspetti molto interessanti, che sono peculiari.
Banalmente, scrivere delle canzoni per qualcun altro mi permette di poter dire delle cose che magari, dette da me in una mia canzone, non sarebbero adatte….
Mi permette per esempio di parlare al femminile quando scrivo per un’interprete donna; è molto interessante e bello, sento che tutti questi aspetti completano la mia carriera.
Quindi quando scrivi sei già consapevole che la canzone non sarà tua ma la interpreterà qualcun altro?
Tendenzialmente è quello che accade più spesso o, almeno, è quello che mi è successo con Federico Zampaglione dei Tiromancino o con Malika Ayane.
Ci siamo incontrati apposta per scrivere una canzone per loro, quindi la direzione era ben chiara.
Questo album è forse il più introspettivo e, se ho ben capito, quello con cui hai avuto più difficoltà.
L’album, infatti, prende il nome da un esploratore.
Ti va di raccontarci in che modo la tua storia e quella di Amundsen si sono incrociate o intrecciate?
Hai ragione, è una scelta coraggiosa quella degli argomenti di cui tratto in questo disco, come è coraggiosa l’impresa che decide di intraprendere un esploratore.
Il parallelismo è nato in modo casuale; mi sono imbattuto nella biografia del grande esploratore artico del secolo passato, Roald Amundsen, che aveva fatto dei viaggi interminabili in territori gelidi, impervi ed ostili.
Ho notato subito l’assonanza con la ricerca e il percorso interiore che stavo facendo in quel momento, in cui stavo andando a sondare delle parti di me, ancora sconosciute in primis a me stesso e che, sicuramente, si assomigliavano così tanto a quei luoghi che Amundsen aveva visto e studiato durante i suoi lunghi viaggi.
Il disco è stato anticipato da due singoli, “Roma est” e “Giorni no” che, da diverse prospettive, raccontano la paura e la bellezza di crescere.
A che punto della tua evoluzione musicale ti senti?
Mi sento abbastanza nel centro.
Io non credo mai nei punti di arrivo e in quelli di partenza; per me ogni disco è una tappa di un unico percorso artistico.
Sento di essere riuscito a mettere in questo album una sintesi dei vari sound che ho utilizzato durante la mia carriera.
Sono andato a mescolare l’elettronica con dei suoni acustici come il pianoforte, la chitarra, le batterie che sono state tutte suonate, invece di usare quelle elettroniche come avevo fatto in altri dischi.
Nello stesso tempo sono riuscito a mettere anche tutti quei suoni sintetici, quei tappeti di sintetizzatori che mi è sempre piaciuto utilizzare.
Mi sento in un momento in cui i vari Leo Pari che ci sono stati nel passato stanno convogliando in un’unica e definitiva forma di espressione.
“Dormi” è una canzone d’amore che sboccia in un mondo che, tra covid, guerra in Ucraina e le altre guerre più distanti, sia temporalmente che geograficamente, riesce a regalare un po’ di speranza….
Dormi è una ninna nanna per rassicurare una persona che, come dice il ritornello “sbocceranno i fiori a Damasco, anche per te”.
Parla di come in fondo non ci siamo evoluti per niente.
Io, per esempio, sono cresciuto in piena guerra fredda, ho visto cadere il muro di Berlino, però ora c’è quello tra Stati Uniti e Messico che mi fa pensare che non siamo andati poi così tanto avanti.
Con Marco Galeffi ho parlato del contributo che hai dato al suo album, uscito di recente, e di quanto si creino rapporti di stima e amicizia quando si lavora insieme.
C’è qualcuno dei tuoi colleghi con cui vorresti collaborare?
Si, ce ne sono molti. Mi piacerebbe molto collaborare con Cesare Cremonini.
Tra l’altro, seguendolo su Instagram ho visto che ultimamente ha fatto un viaggio che l’ha portato in Alaska, al Polo Nord.
Chissà magari io potrei raccontargli del Polo Sud e da cosa nasce cosa… potrebbe essere un’idea!
Tu sei anche autore per altri cantanti. Niccolò Fabi, che tu conosci bene, ha raccontato di come tragga spesso ispirazione dai libri che legge. Tu da cosa trai ispirazione?
La mia fonte principale di ispirazione sono le persone. Leggo molti libri ma leggo anche le persone.
Secondo me nella vita reale c’è già tutto; anche la realtà di un libro è già filtrata dalla penna dello scrittore, mentre la realtà è ancora materia grezza, è ancora materia bruta.
Allungando l’orecchio, semplicemente, mentre si sta seduti in un bar si possono sapere tantissime cose… Più reale di quello credo non ci sia altro!
Ad inizio aprile ci saranno due tappe per presentare l’album, una a Roma e l’altra a Milano. Ti vedremo in tour questa estate?
Ci sarà un tour estivo, si, assolutamente! Queste sono le prime due date di presentazione in cui suonerò l’album Amundsen e qualche estratto dai lavori precedenti.
Ci sarà da divertirsi e ci saranno diversi ospiti e anche qualche realtà nuova in apertura… sarà molto interessante!

Per ogni cosa c’è un posto
ma quello della meraviglia
è solo un po’ più nascosto
(Niccolò Fabi)