Rieccoci ad un altro appuntamento con Gioved-INDIE, la rubrica del giovedì più indipendente del web: ospiti della settimana sono i Portobello, band romana fuori il 10 maggio con il il disco d’esordio “Buona fortuna”.
Ciao Damiano, benvenuto nella nostra rubrica del giovedì più indipendente del web, Gioved-INDIE, domanda introduttiva generale: cos’è per voi l’INDIE e cosa si mantiene ancora INDIPENDENTE?
Crediamo che mai come oggi la musica indipendente sia ancor più di nicchia, ormai l’indie è considerato un “genere” anche se al suo interno racchiude numerose sfumature e sottogeneri. Probabilmente resta indipendente il ragazzino che produce il suo disco in cameretta con il computer in maniera totalmente autonoma. La vecchia scena non aveva l’obiettivo di arrivare al successo a tutti i costi così come accade attualmente, ciò ha generato una sorta di omologazione sia nei suoni sia nei testi. Se ci allontaniamo dalla musica, posso dirti che un certo tipo di cinema si mantiene ancora indipendente, ma penso anche alla ristorazione, da ex pizzaiolo ha avuto modo di conoscere ragazzi giovanissimi che si sono staccati dai canoni tradizionali di cucina, formando una nuova scena culinaria, un po’ come era accaduto nel rap alla fine degli anni ’90 o nello stesso panorama musicale attuale.
Inside Music è la webzine che ti porta nel cuore della musica e, dunque, ti chiedo subito di parlarmi del vostro nuovo singolo: qual è il significato di “Dietorelle”?
“Dietorelle” parla fondamentalmente di me ed in particolare di un periodo in cui vivevo in un appartamento di circa trenta metri quadri e facevo il pizzaiolo, lavoravo tanto ma guadagnavo poco e tali difficoltà, economiche e non solo, si ripercuotevano nella vita sentimentale. Parlo sarcasticamente del precariato in cui versavo, ma allo stesso tempo cerco di darmi anche una scossa per cambiare tale situazione, senza mai trascurare i momenti piacevoli che la vita comunque ci offriva.
“Buona fortuna” è il vostro debut album. Le nove tracce che lo compongono vivono di diverse anime, ma qual è lo slogan del disco?
“Buona fortuna” è da considerarsi già uno slogan, nel senso che noi ci auguriamo di avere tanta fortuna con questo disco, così come auguriamo un po’ a tutti altrettanta fortuna in un periodo piuttosto lugubre, come quello che stiamo vivendo, in cui sono troppe le negatività che circondano. Ti svelo una curiosità in anteprima, sull’artwork dell’album c’è il papà del nostro batterista, protagonista anche del videoclip del primo singolo “Un attimo e basta”, mentre all’interno una foto risalente agli anni ’80 della band in cui suonavano il padre e lo zio del nostro batterista e anche il papà del nostro tour manager affianca un’immagine di noi Portobello: in cuor nostro ci auguriamo di portare avanti ciò che è stato interrotto una quarantina d’anni fa e di riuscire a far conoscere anche la nostra realtà.
Ti va di raccontarci come ha avuto origine il progetto Portobello? Com’è avvenuto il processo da personale a collettivo?
Sostanzialmente ho sempre composto musica e scritto testi, anche come rapper autoproducendomi le basi. In passato ho incontrato numerose difficoltà che non mi hanno permesso di registrare un disco, tra università e lavoro non avevo una situazione solida alle mie spalle ed avevo anche accantonato l’idea di pubblicare un album. La musica, però, è una passione e così, dopo aver messo da parte un po’ di fondi, ho inviato l’Ep “1980” a Seitutto e Giuseppe Piccoli mi aprì le porte di Diavoletto Netlabel. Ai concerti ero accompagnato da musicisti con i quali non mi sono trovato tanto bene, ma semplicemente perché non credevano nel mio progetto. Di quel nucleo iniziale della band è rimasto soltanto il batterista Matteo, al quale ho affiancato gli attuali giovani musicisti del gruppo: sin da subito abbiamo scoperto di essere super affiatati e così abbiamo trasformato il progetto da personale a collettivo, ho scritto questo nuovo disco e l’abbiamo arrangiato insieme, anche con l’aiuto dei nostri produttori artistici Stefano Donato e Alex Cozzolino.
In che modo ti sei avvicinato alla musica? Quali sono gli artisti che hanno segnato la tua adolescenza e che influenzano la tua scrittura?
Mio padre e mia padre lavoravano nella radio di mio zio, quindi la musica l’ho masticata sin da piccolo, all’età di dieci anni ho iniziato a suonare la chitarra da autodidatta, per poi studiarla così come sto facendo ancora adesso. L’artista che mette d’accordo un po’ tutti è Lucio Dalla, nel disco infatti sono tanti i richiami a lui, è l’artista da cui traggo più ispirazione, così come a tutto il collettivo piacciono Fabi, Silvestri e Gazzè. Ognuno di noi ha un setting completamente diverso dall’altro, ma allo stesso tempo piuttosto variegato. Personalmente ho sempre ascoltato di tutto un po’, dal rap al jazz, passando per il rock ed il blues, mi piace la musica a trecentosessanta gradi. Il chitarrista Luca ascolta poca musica italiana, prediligendo l’indie anglosassone anni ’10, l’altro chitarrista Alfredo ed il tastierista Eugenio, invece, sono cresciuti insieme ascoltando tanto rock progressive anni ’70.
Al giorno d’oggi la comunicazione è molto importante nel mondo musicale, preferite Instagram o Facebook per interagire con i vostri fan?
In realtà noi non preferiamo un social in particolare, posso dirti che i nostri fan ci contattano prevalentemente su Instagram, che è il social dei giovani. Facebook, invece, sta passando nelle mani degli ultraquarantenni. Per nostra fortuna i nostri followers ci contattano spesso e noi rispondiamo loro sempre molto volentieri!
Qualora dovesse partecipare ad un concorso, sareste più propensi a scegliere il Festival di Sanremo oppure un talent come X Factor o Amici?
Assolutamente Sanremo! In passato X Factor ci contattò, ma con tutto rispetto rispondemmo carinamente di no, perché crediamo che non sia proprio il format più adatto a noi, personalmente non m’interessa realizzare cover o allo stesso tempo essere giudicato da quattro persone, si tratta prettamente di uno show di intrattenimento. Detto ciò, non ti nascondo che in futuro potremmo portare la nostra musica ad un concorso canoro come può essere il contest di Sanremo Giovani.
È un momento particolarmente florido per la musica italiana, a tuo parere a che cosa è dovuta l’esplosione della cosiddetta scena indipendente?
Sostanzialmente questa età dell’oro è dovuta ad un lungo periodo (dagli inizi degli anni ’90 fino al 2010 circa) di stallo che ha investito la musica italiana. Ad un certo punto il pubblico, e non mi riferisco solo ai giovani, ha sentito il bisogno di ascoltare qualcosa di diverso. Dopo il grande cantautorato degli anni ’70 e ’80, le case discografiche hanno deciso di puntare sui soliti noti. Nel giro degli ultimi dieci anni, anche grazie a internet, la gente ha avuto la possibilità di ascoltare nuovi artisti. Lo scorso inverno vidi in tv l’approfondimento sulla nuova scena musicale italiana, personalmente mi trovi d’accordo con ciò che ha affermato Colasanti di 42Records, ovvero così come non è giusto che comandino solo ed esclusivamente le major, lo stesso discorso va fatto anche per le poche etichette indipendenti che dettano legge.
Ti saluto con un gioco: scegli un tuo collega indipendente a cui inviare un messaggio, una nota di stima, un vaffanculo, chiedere un featuring, io proverò a sentirlo ed aprirò la sua intervista con il tuo appello. Chi scegli e cosa senti di dirgli?
Essendo un collettivo scegliamo una band che ci piace e sentiamo molto vicina a noi, veniamo entrambi da una città di mare: gli Ex-Otago. A nome di tutto il collettivo faccio loro un doppio appello: anzitutto di stima perché ci piace molto la loro scrittura ed il loro pensiero, e poi ci piacerebbe tanto realizzare un featuring o quantomeno speriamo di conoscerli.
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