Home Approfondimenti Saverio Lanza dei Pastis: “chi fa musica e chi fa arte dovrebbe essere sempre indie”

Saverio Lanza dei Pastis: “chi fa musica e chi fa arte dovrebbe essere sempre indie”

by InsideMusic
PASTIS E IRENE GRANDI
E’ uscito il 21 settembre 2018 “Lungoviaggio”, il visual album nato dall’incontro tra i Pastis, duo composto da Marco e Saverio Lanza, e Irene Grandi.

Questa settimana, per la rubrica Gioved-INDIE, abbiamo avuto il piacere di intervistare Saverio Lanza, musicista, autore, arrangiatore e produttore artistico che, insieme al fratello Marco, forma il duo Pastis. Lo pseudonimo, che deriva dalla lingua occitana e significa “miscela”, esprime perfettamente la singolarità della loro unione artistica che risiede nelle diverse discipline che i due interpretano, rispettivamente fotografia e musica, due mestieri diversi che con i Pastis si fondono in una nuova forma espressiva.

E’ stata una chiacchierata rigenerante in cui abbiamo parlato di musica Indie, di Vasco Rossi, di sogni, di progetti e ovviamente del loro ultimo progetto “Lungoviaggio”, nato dal sodalizio artistico con Irene Grandi. Un lavoro sbocciato dal successo delle rappresentazioni e dal riscontro entusiasta del pubblico, che riconosce il carattere originale della proposta, facendo nascere così negli artisti il desiderio di pubblicare le varie opere fissandole permanentemente. E’ in virtù di questo intento che si materializza oggi il visual album, un innovativo formato artistico e una veste ideale per lavori caratterizzati da un così stretto connubio tra immagini e musica.

pastis irene grandi

Partiamo con una domanda generale che in questo periodo, musicalmente parlando, ci riguarda da vicino: che cosa significa per te il termine Indie e cosa si mantiene ancora indipendente?

A me non è mai piaciuto dividere il mondo musicale. Capisco che fino a qualche tempo fa serviva per individuare quelle situazioni che non erano legate a delle major, però vedendo un po’ come si è evoluto l’Indie mi ha confermato quello in cui ho sempre creduto, cioè che “indie” è un termine virtuale, perché ci sono delle situazioni indie che sono diventate famosissime e invece situazioni pop che volevano essere maistream ma che poi non sono andate da nessuna parte. Quindi “indie” forse è un termine che serviva come riparo a chi voleva fare grandi numeri e che spesso poi non ci è riuscito, quindi non gli do un gran peso. Oltretutto è un termine che all’estero e nei grandi Paesi produttori di musica non esiste, perché loro sono tutti Indie e puntano alla qualità. Poi è chiaro, anche lì c’è il maistream ma non c’è questa divisione in cui “io sono indie e tu no”, ma c’è musica bella e musica brutta. E comunque oggi l’indie è rappresentato da questi cantautori che mi sembra ricalchino, non tutti, degli stilemi che oramai hanno decine e decine di anni. Ci sono stati degli artisti che hanno aperto strade nuove ma non per questo erano necessariamente indie. Battiato non è mai stato indie, ma è più indie di tutti.

Lo stesso Rino Gaetano a suo tempo.

Si infatti, Rino Gaetano, Lucio Battisti. E poi vogliamo parlare di De André? Altro problema è quello politico, nel senso che è ovvio che ad un certo punto diventi indipendente perché vuoi essere libero dalle case discografiche che oramai si sono standardizzate. E questo si, vuol dire essere indipendente, ma se poi sei indipendente e mi fai la canzoncina come me la faresti con una casa discografica non ha più senso. Che poi anche le case discografiche major sono così piccole che praticamente gestiscono un repertorio vecchio e non è che promuovono o fanno cose nuove e originali. Sono cambiati anche i tempi e quindi diventa obsoleto il termine. Io mi ricordo negli anni Novanta quando ero in un gruppo e c’era la grande divisione “indie e non indie”, oggi capisci che in un mondo liquido non ha senso, e poi chi fa musica e chi fa arte dovrebbe essere sempre indie. La dicotomia tra “chi ha curiosità per fare qualcosa” e quindi è indipendente, e “chi non si cura dei modi e degli stilemi”, rimarrà sempre. Ripeto, i dischi più rivoluzionari e più belli sono stati fatti dalle major, come anche il contrario.

Una collaborazione con un artista Indie come la vedresti?

Io oramai sono 10 anni che scrivo e produco insieme a Cristina Donà, e lei sulla carta è la regina dell’indipendente. Abbiamo avuto 10 anni di enormi soddisfazioni. Poi ho anche collaborato con Bugo, quindi nel mondo indie c’ho lavorato come nel mondo non indie. Ad esempio Irene Grandi non è indie però si è sposata bene con un progetto che invece in termini artistici è assolutamente indie, in quanto abbiamo fatto noi tutto.

Il vostro è un prodotto lontano dalle dinamiche commerciali.

Sai, oggi in Italia il problema è come quello dei supermercati: devi individuare lo scaffale. E lo scaffale di questo progetto ce lo siamo un po’ inventato, abbiamo individuato nel “visual album” una categoria per creare uno scaffale, e in Italia siamo stati i primi a farlo. Non siamo nella musica, nella fotografia, nel teatro, nella video-arte, ma siamo comunque in tutto questo e in nessuno di tutto questo. Poi intendiamoci, è possibile che domani fai il “botto”, ma noi di partenza abbiamo detto “facciamo qualcosa che ci piace” e poi vediamo le caratteristiche commerciali. Siamo stati fortunati che siamo riusciti a portare a casa un prodotto vendibile, ma il nostro primo intento non era vedere.

E si, anche perché è un progetto complesso.

Si esatto, complesso è la parola giusta. E’ stato difficile sotto tutti i punti di vista: chiedere i permessi per realizzarlo, comunicarlo alle persone e spiegarlo agli addetti ai lavori. Non è stato facile.

Qual è la video-canzone che più vi ha commosso o affascinato realizzare in “Lungoviaggio”?

Considera che questo lavoro che vedi è una sedimentazione lunga 10-12 anni, perché ci sono dei brani che abbiamo scritto io e mio fratello Marco 10 anni fa e poi abbiamo riaperto per far spazio ad Irene, quindi è difficile scegliere.

E si infatti, tu e Marco è dal 2005 che siete un duo. Come è nata l’idea dei Pastis?

Ci siamo uniti perché io musicalmente facevo delle sperimentazione, all’inizio ho fatto dei dischi in cui registravo dei barboni che urlavano per strada e degli immigrati; invece lui faceva fotografie per strada assurde, mettendo un telone a terra bianco aspettando che passasse la gente, e sembravano fatte in studio. E allora ci siamo uniti e ci siamo detti “prendiamo spunto dalla realtà, dal parlare delle persone”. Insomma, c’era una convergenza concettuale che ci ha portati a unire le forze.

Quindi l’idea è nata con lo scopo di far vivere la realtà?

Si, esatto. Insomma, la poetica dei Pastis era proprio questa cosa qui, prendere delle cose volute che invece appartenevano alla casualità e alla realtà. E’ una dimensione che mi è sempre appartenuta questa, e con i Pastis ha trovato una sua forza. Che poi le cose si possono anche sottrarre, invece si sono sommate, e la fortuna unica è stata avere Irene che si è aggiunta.

Con quale criterio avete scelto le storie e i viaggi da raccontare?

Allora, il viaggio è un tema che ci appartiene e prendendo suoni e spunti dalla realtà è chiaro che più ti muovi e più materiale hai. Che poi il viaggio può essere lontano, vicino, può essere all’esterno o dentro di noi. Inoltre il viaggio è un tema caro a Irene Grandi che si percepisce con Prima di partire per un lungo viaggio, che chiude proprio la tracklist con questa nuova versione, ma anche In vacanza da una vita, se vogliamo essere più “leggeri”, lei è una viaggiatrice di professione, ama viaggiare. Quindi il viaggio è un terreno comune. Poi c’è Terzani, c’è Marthin Luther King, c’è Vasco, questi sono viaggi all’interno di noi, non ci sono solo viaggi come si vede in India o in Ecuador.

Siete andati anche nello spazio con Samantha Cristoforetti.

Esattamente. Ad esempio quello è il viaggio più lungo che c’è ma è anche il più interiore. Anche perché per andare da soli nello spazio bisogna essersi studiati molto. E quindi insomma ci sono diverse versioni del viaggio, tante direzioni. E’ un tema che è riuscito a fare da minimo comune multiplo a quello che volevamo raccontare.

Quindi da chi è partita l’idea di questo progetto, da te e da tuo fratello?

Io già avevo prodotto l’ultimo disco di Irene, quindi lavorando con me era venuta a conoscenza del mio progetto artistico con mio fratello e poi era venuta a vedere qualche concerto, qualche performance che facevamo. E poi una volta ha detto “ma perché non facciamo qualcosa insieme?”. E per noi è stata una cosa ottima, anche solo per la visibilità, con lei il progetto acquista un altro peso. E dall’altra parte anche lei, nonostante appartenga al maistream, ha delle curiosità che poi l’hanno portata a sperimentare anche con Bollani e che ha attinto da autori indie. E quindi, con me e con mio fratello, ha avuto questa curiosità e la cosa è nata in maniera del tutto naturale.

Visto che hai citato prima Vasco. Se “davvero la vita è un viaggio, per capire, sbagliare e rifare tutto”, nella tua, o vostra, esperienza professionale prenderesti le stesse decisioni oppure cambieresti qualcosa?

Io alcune cose nella vita professionale le ho sbagliate e cambierei tante cose. Ho fatto tante cose diverse, ho avuto un gruppo, ho fatto l’artista, il produttore, ed è normale che con il senno del poi alcune cose avrei voluto farle diversamente. Certo, ora sono uno che riesce a dire di “no”, rispetto a prima. Ad esempio con questo progetto, che ha richiesto un anno e mezzo di tempo, ho dovuto dire no ad altre cose, perché se vuoi fare bene una cosa devi tirare indietro altre. Quindi se tornassi indietro direi no ad alcune situazioni.

Pastis e Irene Grandi con Vasco-Bassa

Nella vostra carriera avete collaborato con numerosi artisti di fama nazionale e internazionale. Con chi vi siete trovati meglio a livello professionale?

Sono state tutte collaborazioni particolari. Una grande rivelazione è stata Vasco. La cosa che mi è piaciuta è che ho trovato una persona affabile che ci ha fatto anche dei complimenti incredibili. Noi siamo andati da lui perché Irene ci ha detto: “a me piacerebbe in qualche modo allungare il viaggio anche nel viaggio della mia vita e coinvolgere persone che per me sono state importanti, e quindi mi piacerebbe Vasco”. E allora gli abbiamo mandato qualche pezzo Pastis e lui ci ha scritto: “guarda il progetto mi piace un sacco e voglio esserci anche io”. Insomma, è stata una persona sincera, affabile, intelligente, pronta. E io so bene, visto che lavoro nel campo della musica da anni, che ci sono persone che valgono molto meno di Vasco e sono “puzzolenti”, diciamo così. E lui, sarà forse perché ormai non ha più niente da dimostrare, è stato molto molto carino, e l’abbiamo visto di persona. Altre persone non abbiamo potuto vederle di persona come Martin Luther King e Terzani che però abbiamo avuto il piacere di collaborare con la moglie. La cosa più difficile forse è stata quella con la Cristoforetti, perché abbiamo avuto a che fare con la Nasa e puoi immaginare la cosa impressionante. Però è stato un viaggio dentro le persone anche questo, un bel viaggio insieme a tutti i nostri ospiti.

Come immaginate il vostro tour che partirà a breve?

In questi giorni lo stiamo mettendo su. Abbiamo fatto già vari concerto in questo anno e mezzo. La cosa importante da dire è che consideriamo ogni tappa che facciamo come una tappa del nostro “lungo viaggio”, e per fare questo ci saranno anche dei momenti interattivi con il pubblico perché Marco userà il suo strumento che è la macchina fotografica, quindi fotograferemo il pubblico e cercheremo di fare con loro quello che abbiamo fatto con i nostri ospiti. Poi suoneremo dal vivo con gli strumenti mentre scorreranno sul video le immagini che tu vedi sul dvd. Lo schermo diventa il quarto membro del gruppo, insieme a me, Irene e Marco. E vedo che la gente apprezza molto il fatto di essere coinvolta e quindi vedremo… L’importante è il percorso, non il punto d’arrivo. Ci esibiremo in tutta Italia.

Ogni artista ha dei sogni nel cassetto. Qual è il tuo o il vostro?

Uno? Ne ho molti di più… (ride) Il sogno nel cassetto è continuare a fare quello che stiamo facendo, in maniera libera e indipendente, con uno sguardo sempre curioso sul mondo e continuare ad esprimerci così, nel modo in cui ci piace fare.

Ti senti quindi realizzato con questo progetto?

Si, in parte si. Ma mai sentirsi realizzati, perché questi sono progetti che si nutrono di cambiamenti e se pensi di farne uno uguale non ti riesce. Quindi ogni progetto simile è un sogno nel cassetto che viene fuori. Quindi il sogno nel cassetto è proprio quello di continuare così, su questa strada.

Concludiamo con un gioco, una sorta di telefono senza fili. Prova a mandare un messaggio ad un tuo collega indipendente, chi scegli e cosa gli vorresti dire?

Mi viene in mente Giovanni Villocervetti che è un cantante che io ho sempre amato. E la cosa che vorrei dirgli è che ho apprezzato, e apprezzo, la sua capacità di non cedere all’effimero fascino della musica, ma rimanere nell’estetica, rinunciando a fare anche delle reunion a volte tristi. E per questo trovo in lui un faro che mi ha dato tanto nell’ambito della musica.

Potrebbe piacerti anche