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Intervista al Duo Bottasso, fratelli nel folk

by InsideMusic
Duo Bottasso e Simone Longo

Il Duo Bottasso è composto dai due fratelli Simone e Nicolò, rispettivamente organettista (fra le altre mille cose!) e violinista/trombettista. Due che la musica ce l’hanno nell’anima e si propongono di portare avanti, con successo, la tradizione musicale italiana. Entrambi di formazione classica, vantano un curriculum di tutto rispetto: collezionando premi di settore, Nicolò e Simone hanno infine collaborato col collettivo artistico Cosenude Media Project, musicando il documentario Biserta e Altre Storie, con la collaborazione del sound engineer Simone Longo. Durante l’edizione 2019 del premio Città di Loano – unicum in Italia, in quanto roccaforte del folk italiano – hanno partecipato al progetto  LinguaMadre: il Canzoniere di Pasolini, dedicata al Canzoniere italiano di Pier Paolo Pasolini, pionieristico progetto di raccolta di poesia popolare pubblicato per la prima volta nel 1955. 

Raccontatemi: siete entrambi due musicisti che hanno ricevuto un’educazione formale, ma che ben presto hanno iniziato a seguire una via propria. Cosa rappresenta, dunque, per voi, il Duo Bottasso?

Il Duo Bottasso per noi è un progetto artistico in cui sappiamo di poterci muovere con una grande libertà, fondata su un’immensa fiducia reciproca; su un linguaggio musicale comune che abbiamo formato nei dieci anni di lavoro insieme; sulla capacità di comunicare fra noi in modo molto naturale e di improvvisare estemporaneamente e, ultima ma non meno importante, sul nostro essere fratelli!

Questa libertà espressiva si combina con la volontà di avere un progetto duttile e multiforme per rivolgerci a pubblici differenti e rinnovarci continuamente, evitando di rendere statica e stagnante la nostra musica: dopo i primi anni passati ad animare i balli folk in Italia ed Europa abbiamo deciso di portare la nostra musica in contesti maggiormente legati all’ascolto, ora stiamo esplorando i modi in cui i nostri suoni possono interagire con l’immagine. Ovviamente tutte queste diverse sfaccettature convivono e ci aiutano a differenziare il nostro modo di esprimerci.

Simone (Bottasso) sei un polistrumentista con una predilezione per l’organetto, Nicolò violinista e trombettista, mentre Simone Longo è un sound designer. Come si sono fuse le vostre competenze per dare vita a Biserta e altre storie?
Pur conoscendoci già precedentemente, il documentario “Biserta. Storia a spirale” è stata la prima vera occasione di collaborazione. Originariamente con il Duo eravamo incaricati di occuparci delle musiche e Simone Sims del suono (con il collettivo aMargine) ma ci siamo sin da subito interfacciati molto, finendo anche per scrivere alcune musiche insieme in alcuni casi (come per il brano Spirali). Quando con il Duo abbiamo deciso di pubblicare le musiche registrate, ci siamo resi conto che i suoni ambientali e le voci che Simone Sims aveva mixato con le nostre musiche erano elementi imprescindibili delle composizioni stesse: abbiamo quindi deciso di mantenere il sound-design sui brani già presenti nel documentario e di lavorare insieme a quei materiali che, pur non essendo diventati parte del film, sono nati in seguito alla visione delle immagini di Cosenude e quindi confluiti nell’album (come per Majestic e Attente).

Raccontateci qualche aneddoto dietro la composizione dell’album. Ad esempio, dietro la commovente Fragen.

Fragen è il primo movimento di una composizione di Simone per coro di voci bianche, organetto e violino, commissionatagli dal teatro d’opera di Chemnitz, in Sassonia, all’interno di uno spettacolo chiamato “Music by Heart”. Il brano fa parte di una composizione più estesa in tre movimenti, ispirata dalla lettera al nipote di Umberto Eco. Il testo è stato scritto dai bambini stessi, che durante i primi hanno risposto ad una serie di domande sulla memoria e sulla tecnologia, ad esempio “che cosa ti dimentichi sempre?”, “un alieno arrivato da  Marte ti chiede…che cos’è la memoria?”, “qual è l’ultima cosa che hai letto su Wikipedia?”, “il tuo proverbio preferito?”, etc… Alcune delle risposte dei ragazzi, sorprendenti e cariche di immaginazione, sono diventate  il testo della composizione.

Abbiamo provato, performato e registrato dal vivo il brano insieme ai 30 ragazzi diretti dal nostro fratello spirituale e direttore di coro Pietro Numico. E’ stata e una esperienza indimenticabile!

Con Biserta e altre storie ci troviamo di fronte ad una colonna sonora, quella del documentario Biserta. Storia a spirale, dei registi Michele Coppari e Francesca Zannoni. Il tema è scabroso di per sé: l’ultima città di fronte all’Italia, della Tunisia, che è stata preda di attacchi delle frange più conservative dell’Islam. Come avete approcciato dunque la composizione del vostro album, tenendo in considerazione lo stile lirico e descrittivo dei documentari di CoseNude?

In generale, i toni sono piuttosto cupi essendo un documentario permeato dalla violenza (che però non è mai manifesta ma sempre implicita o lasciata ad intendere). Nonostante questo, abbiamo deciso di inserire dei bagliori di dolcezza ed energia nella nostra musica, per rispecchiare la determinazione con cui i quattro protagonisti del documentario affrontano la loro situazione e raccontano le loro vicende. In qualche modo, il lirismo di Cosenude si fonde con l’approccio melodico del Duo Bottasso, mentre la componente descrittiva è incarnata dagli elementi di sound-design di Simone Sims.

Dopo aver ricevuto un canovaccio della storia (quattro personaggi; la storia di Biserta dagli anni Sessanta in poi; la violenza che ritorna in diversi momenti storici; tutto che cambia per poi restare uguale) e alcune indicazioni da parte dei registi sul mood delle musiche, abbiamo visto alcuni spezzoni di montato sui quali avremmo dovuto comporre la musica, dai quali ci siamo lasciati ispirare per comporre alcune bozze. Con il procedere del montaggio abbiamo fissato i materiali da utilizzare, le durate dei vari interventi e di conseguenza la forma delle composizioni.

duo bottasso intervista

Avete partecipato (e vinto) al Premio città di Loano, vincendo nella categoria “Miglior album giovani del 2018”, e quest’anno, invece, partecipate come ospiti dell’ambizioso progetto riguardante il Canzoniere Italiano di Pier Paolo Pasolini, una monumentale antologia della poesia italiana in dialetto e non. Quale sarà la filosofia del vostro contributo?

Il Canzoniere di Pasolini è un’opera del 1955 che precede il successivo interesse da parte dei fautori del folk revival per la musica e la canzone popolare. Pasolini aveva selezionato, basandosi su criteri estetici e linguistici, 700 pagine di poesia popolare, proveniente da tutte le regioni d’Italia, omettendo totalmente ogni tipo di notazione musicale.

Il nostro contributo sarà quindi quello di dare nuova voce a queste poesie, componendo nuova musica sui testi che abbiamo selezionato dal Canzoniere. Il nostro modo di selezionare il materiale testuale è stata la figura della madre, centrale nell’opera di Pasolini e che ritorna spesso nel Canzoniere, e della bellezza delle espressioni linguistiche dialettali. Abbiamo quindi musicato ninne nanne, preghiere, indovinelli e canti della resistenza in diversi dialetti e li abbiamo arrangiati a distanza con Elsa Martin (cantante) e Davide Ambrogio (cantante e multi-strumentista) e dato origine al progetto LinguaMadre. A Loano lavoreremo sulla performance di questi brani e presenteremo questo nuovo repertorio; in seguito lo suoneremo a Mare e Miniere e al concorso Premio Parodi in Sardegna, e speriamo in tanti altri contesti legati alla world music, al jazz e alla nuova composizione.

In Italia si parla tanto, troppo, di ricerca, senza in realtà comprendere profondamente il significato della parola. Potete definirvi, in qualche modo, “ricercatori”, nella vostra attualizzazione di sonorità antiche e grazie all’aiuto di uno “scienziato” della musica come Simone Longo?

L’incontro con Simone Sims Longo è sicuramente un modo per confrontarci con una visione attualissima della musica elettronica e, più in generale, delle arti multimediali. E’ a tutti gli effetti un percorso di ricerca che ha l’obiettivo di creare un linguaggio coerente, e per noi appagante, con strumenti originariamente molto distanti fra loro: per il Duo Bottasso è un’occasione di esplorare suoni che si amalgamino con quelli di Sims (usando sia nuove tecniche sugli strumenti acustici sia strumenti elettronici come tape, effetti, suoni campionati…) e di confrontarci con la perfezione esecutiva della macchine; per Sims è l’occasione di incontrare musicisti acustici che, pur non essendo infallibili come il computer e avendo possibilità limitate con i loro strumenti, hanno la fortuna di poter variare istantaneamente il loro modo di suonare, rendendo la musica sempre viva e frizzante.

Oltre a questi aspetti più sperimentali, è presente una forte volontà da parte di tutti e tre di mettere queste tecniche al servizio di un messaggio da comunicare, in modo che la nostra musica non una sperimentazione fine a sé stessa ma porti sempre con sé un filo narrativo.

Cosa è cambiato, in voi, dai tempi del vostro album “Crescendo”? Vi sentite, appunto, cresciuti, come musicisti e come persone?

Assolutamente. Grazie a Crescendo abbiamo potuto esibirci in molti festival e rassegne di world music con una grande attenzione all’ascolto, mentre prima ci esibivamo principalmente in contesti legati alle danze folk. Questo ci ha permesso di liberare la nostra musica dagli schemi fissati della danza e di darle spazio e respiro. Abbiamo allargato gli orizzonti e nutrito la nostra curiosità ascoltando nuova musica, il jazz, la musica contemporanea, la musica elettronica, e collaborato con songwriters e cantanti.

Crediamo che in un mondo in cui la musica viene spesso inserita in categorie, keywords e metadata un artista abbia il dovere morale di andare oltre queste barriere e curiosare  senza pregiudizi tra tutte le manifestazioni della “artistica vibrazione dell’aria” che è la musica. Sicuramente dopo averlo fatto ritornerà nella sua “categoria iTunes” con maggiore freschezza e versatilità.

Voi, da giovani, vi inscrivete all’interno di un filone culturale italiano purtroppo poco conosciuto al grande pubblico; non per niente Simone ha scritto una composizione ispirata a Q del collettivo di scrittori Wu Ming/Luther Blisset. Credete, o vi auspicate, che tale sottobosco potrà mai raggiungere più ampie fette di pubblico?

La nostra speranza è che la nostra musica arrivi sempre alle orecchie di persone curiose e disponibili a recepirla. Ovviamente questa ambizione riduce la possibilità di raggiungere il “grande” pubblico, perché ascoltare la musica in modo attivo (e, più in generale, confrontarsi con qualsiasi forma d’arte) richiede tempo ed impegno, oltre che una educazione artistica e musicale di base, sempre più ridotta nei programmi scolastici da scelte politiche più interessate a sviluppare altri tipi di conoscenze o studi nella scuola dell’obbligo.

duo bottasso intervista

Quali altri progetti hanno fra le mani i membri del Duo Bottasso?

Il progetto più immediato a cui stiamo lavorando è uno spettacolo audiovisual basato su materiali d’archivio degli albori del cinema (quando si facevano esperimenti sul colore colorando le pellicole a mano), in collaborazione con Simone Sims Longo e Cosenude Media Projects. Il progetto è realizzato con il supporto dell’Eye Film Institute di Amsterdam, forse il più grande archivio di pellicole europeo, dove abbiamo trovato e selezionato il materiale visual.

Lo abbiamo presentato il 17 agosto nel cinema di Altdorf (CH) nell’ambito del festival Alpentoene, che ci ha commissionato questo lavoro.

Individualmente, abbiamo progetti piuttosto disparati: Simone suona con Samurai, un quintetto di organetti con alcuni dei maestri dello strumento a livello europeo, con la New Rotterdam Jazz Orchestra e quando ha del tempo libero si diverte con i suoi coinquilini a radunare cinquanta musicisti in casa per fare delle session e dei video (il progetto si chiama Music Through the Walls (link)). Nicolò collabora con Pietra Tonale, un collettivo di free jazz molto attivo nella scena torinese, e ha recentemente preparato uno spettacolo in duo con il sassofonista contemporaneo Filippo Ansaldi.

Una profezia. Qual è il futuro del folk in Italia? E parlo del folk rappresentato dall’ensemble di artisti presenti (o nelle vicinanze del) Premio Città di Loano, non del folk rock o folk metal che, a quanto sembra, è in ottima salute.

Crediamo ci sia un buon rapporto tra coloro che hanno fatto per primi world music e musica tradizionale e che ora stanno per andare in pensione e le nuove leve che raccolgono il lavoro fatto da musicisti “meno giovani”. Le nuove generazioni portano nuovi elementi musicali che arricchiscono il linguaggio del folk, la generazione precedente lavora sul dare spazio a questo genere musicale in contesti sempre nuovi e più adeguati.

C’è una stima reciproca che aiuta entrambi nel percorso artistico.

Sicuramente il fatto che a differenza dell’estero in Italia non ci siano contesti istituzionali come Conservatori con un programma di musica tradizionale rende difficile la vita ad aspiranti professionisti di questo genere musicale. Speriamo in un futuro che un suonatore di musica tradizionale possa accedere ad un percorso formativo ufficiale ed a un diploma come i musicisti classici, elettronici o jazz.

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