Home Approfondimenti Controluce, anche la musica va guardata con attenzione. Intervista ad Andrea Poggio

Controluce, anche la musica va guardata con attenzione. Intervista ad Andrea Poggio

by InsideMusic
Andrea Poggio è uno dei cantautori più interessanti del panorama della musica emergente italiana. Già frontman dei Green Like July con i quali ha alle spalle qualche anno di carriera ha appena dato alle stampe il suo promo lavoro solista, Controluce, uscito con La Tempesta. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui in occasione delle prime date del suo tour.
1) Controluce è un lavoro non immediato, parafrasando il titolo ha bisogno di tempo per essere assimilato, come se ci si dovesse abituare alla luce negli occhi. Com’è nato questo album? E non avevi paura di rischiare troppo al primo album solista?
Non credo che Controluce sia un lavoro di difficile fruizione. Piuttosto credo che ci stiamo abituando ad ascoltare la musica in modo superficiale. E sicuramente la crisi del supporto fisico non aiuta a migliorare le cose. Quando ero giovane, i dischi si comperavano e si dava loro il tempo necessario per crescere di ascolto in ascolto. Per esempio, ricordo ancora il giorno in cui ho comprato “Astral Weeks” di Van Morrison: al primo ascolto ne sono rimasto frastornato, non avevo mai sentito nulla di simile. Oggi abbiamo un modo di approcciarci alla musica, ma non solo alla musica, che è molto sbrigativo e, appunto, superficiale.
2) Rispetto alla tua precedente carriera hai cominciato a scrivere in italiano, come mai questo cambiamento? Quali sono le principali differenze tra i due tipi di scrittura?
È una decisione che è stata in parte maturata durante le registrazioni dell’ultimo disco dei Green Like July. Paradossalmente “Build a Fire” era il disco nel quale riuscivo, per la prima volta, ad avere il pieno controllo di quello che stavo facendo da un punto di vista musicale. Allo stesso tempo, però, mi rendevo conto di non riuscire ad avere una completa padronanza del mezzo espressivo con cui avevo scelto di scrivere i testi delle mie canzoni. Sicuramente cantando in italiano è cambiato l’approccio alla metrica. L’italiano è una lingua molto meno ritmica e che ti costringe a fare tutta una serie di scelte metriche ben precise.
3) Concordi sul fatto che in Italia scrivere in inglese non paghi in termini di riscontro col pubblico?
Dipende da che tipo di riscontro si sta cercando. In Italia ci sono moltissimi artisti che cantano in inglese e che lo fanno bene e che hanno un ottimo riscontro in termini di pubblico. Penso a His Clancyness, a Christaux, ad Any Other, ai Winstons, per citare i primi che mi vengono in mente. Tutti gruppi che forse non riempiranno i palazzetti, ma, ci tengo a precisare, riempire i palazzetti non è la ragione per cui si fa musica. O, meglio, non dovrebbe esserlo.4) Come è nata la decisione di mettere un punto all’avventura con i Green Like July e cominciare quella solista?
Penso che con i Green Like July si fosse chiuso un ciclo. Credo che con “Build a Fire” avessimo raggiunto un nostro piccolo apice espressivo. Sentivo che, dopo tanti anni, era giunto il momento di tentare strade nuove.

5) Il disco si avvale di una produzione internazionale, frutto anche delle tue esperienze discografiche precedenti. Cosa c’è di diverso e che valore aggiunto danno nel modo di lavorare ad un disco ed alla sua produzione all’estero rispetto che in Italia?
Credo che all’estero ci sia un po’ più di coraggio. In Italia ci siamo abituati ad uno standard di arrangiamento e di produzione che, da qualche decennio a questa parte, ci rende sicuri di venir presi in considerazione dalle radio. Il risultato però è che spesso i dischi prodotti in Italia suonano tutti uguali. Ovviamente a generalizzare si sbaglia sempre: il discorso non vale per tutti, ma per molti.

6) Quali sono i riferimenti musicali nel panorama italiano e non solo, a cui hai attinto per la scrittura di Controluce?
Una delle mie principali fonti di ispirazione è stato Piero Ciampi. Mi ricordo la prima volta che ho ascoltato “Io e te abbiamo perso la bussola”, ne sono rimasto folgorato. E poi, per ragioni diverse, Paolo Conte e Fabrizio De André.

7) Hai avuto l’occasione di aprire il concerto di artisti come Colapesce, come giudichi il sempre crescente riscontro che la nuova leva cantautoriale sta avendo in questi anni? Il ricambio generazionale è avvenuto o c’è ancora da lavorare?
Ovviamente sono contento che ci sia una maggiore attenzione per certi artisti, però non sono così sicuro che il crescente riscontro di pubblico sia sinonimo di una maggiore sensibilità in campo musicale. Ad esempio mi preoccupa tantissimo vedere che certi artisti internazionali, che magari fanno sold out a Berlino o a Parigi, escludono l’Italia dai loro tour europei. Insomma devo ancora capire se stiamo assistendo ad un fenomeno di hype passeggero oppure se ci troviamo dinnanzi ad un cambiamento serio e destinato a durare nel tempo.

8) Che rapporto hai con i social? Come ti rapporti al loro impatto sull’affermarsi di nuovi fenomeni musicali nati principalmente sul web?
Non amo i social, penso che siano un’enorme perdita di tempo, ma credo che siano ormai diventati un elemento necessario per la promozione del proprio lavoro. Per quanto riguarda i fenomeni musicali nati sul web, non ho nulla da eccepire, anzi dico bravi e buon per loro. A me di un musicista continua ad interessare principalmente la musica che fa, quindi molto bene se ai fasti dei profili instagram corrisponde una proposta musicale altrettanto sontuosa.

9) Il tour di Controluce ti sta portando in giro per la penisola, che altro dovremo aspettarci in previsione dei festival estivi?
L’idea per i prossimi mesi è di suonare il più possibile, alcune date estive sono già state confermate, tuttavia il calendario è ancora in via di definizione!

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