Una chiusura in grande stile quella del Noisy Naples Fest con Sting. Un percorso di otto serate eventi iniziate con un omaggio alla terra partenopea con il trio Avitabile – Senese e Luchè, e chiuderà con un altro italiano di adozione, Sting. Come da tradizione di questo festival, ci prepariamo al concerto ripercorrendo la carriera del cantautore, ex leader dei Police, attraverso cinque sue canzoni, nel format da noi battezzato “biosong”.
Partiamo dall’inizio e cioè dalla domanda fondamentale: chi è Sting? Sting, pseudonimo di Gordon Matthew Thomas Sumner nasce a Wallsend (UK) il 2 ottobre 1951, ed esordisce come cantautore e musicista in una band, i Police, prima di intraprendere una carriera solista. Diciannove album all’attivo ed oltre duecento brani che portano la sua firma, sceglierne cinque, o meglio “i cinque” più rappresentativi sarà una vera ardua impresa, e – concedetemelo – non mi negherò la possibilità di uno strappo con qualche bonus-track. Sting lo merita, la sua arte anche.
Ma andiamo alla nostra biografia in musica. Primo brano di questa lista non può che essere “Roxanne” brano che ha permesso il debutto negli States alla band nel 1978. Due anni prima, nel 1976 a Londra, Sting, incontrò il batterista statunitense Stewart Copeland e il chitarrista Henry Padovani, con i quali formò il gruppo rock/pop deiThe Police. Presto Padovani venne rimpiazzato (dopo una brevissima parentesi in cui il gruppo era formato da 4 membri) dal più esperto Andy Summers, veterano della scena musicale inglese le cui sonorità, pulite e curatissime, contribuirono a distaccare definitivamente il gruppo dall’originario intendimento punk. L’esegesi di Roxane è davvero molto curiosa, brano ispirato ad una prostituta che esercitava nei pressi dell’albergo parigino dove il trio soggiornava. Sting aveva originariamente concepito la canzone come una bossa nova, benché abbia successivamente asserito che fu il batterista Stewart Copeland a suggerire il ritmo definitivo di un tango. Durante le registrazioni, Sting sedette accidentalmente sulla tastiera di un pianoforte in studio, e da questo derivano l’accordo atonale e la risata che sono stati mantenuti all’inizio del brano. La band all’inizio non confidava molto nel successo della canzone, ma Miles Copeland III ne rimase immediatamente colpito dopo averla sentita, divenne il loro manager e procurò loro il primo contratto discografico con la A&M Records.
A successo ottenuto, Sting inizia a ricevere proposte di collaborazioni autoriali e discografiche, risultando co-autore insieme a Mark Knopfler della hit “Money for Nothing” dei Dire Straits.
Nel 1985 – complice l’incontro fortunato con quattro grandi jazzisti – con l’album “The Dream of Blu Turtles” inizia la carriera solista del musicista. Tre hit si annoverano come indimenticabili estratti di quell’album, “Fortress Around Your Heart”, “Russian” e “If Your Love Somebody Set Them Free”. Ed è proprio quest’ultimo il secondo brano di questa nostra biosong. “Se ami qualcuno lascialo libero” sembra un messaggio rivolto ai suoi ex compagni di band.
Siamo così nel 1988, dopo un decennio di attività all’attivo e un nome che risulta altisonante in ogni angolo di globo, Sting viene coinvolto dall’organizzazione Amnesty International come ambasciatore del tour “Human Rights Now”, vicino alla questione della tutela della foresta pluviale amazzonica. Sulla scia di questa forte esperienza di arricchimento personale, complice anche la morte di suo padre, egli pubblica l’album “The Soul Cage”. Sono molto combattuta nella scelta del terzo brano di questa biosong, un pezzo di me vorrebbe fosse “All This Time”, ma la logica razionale collocherebbe “Why Should I Cry For You”. A vincere è quest’ultima. “E io addormentato sul letto dell’oceano vado alla deriva in un mare deserto per il resto dei miei giorni!”. Il repertorio di mari, deserti, stelle, nell’opera di Sting è assai frequente, fin dagli ultimi Police. Qui, in mezzo a una celebrazione nautico-geografica, appare pian piano un oscuro problema di cuore, e si viene a sapere che lei gli avrebbe detto “I love you in my fashion”.
Ah gli ultimi Police, rieccoli. Siamo in un salto temporale di quasi dieci anni, eccoci nel 2007 (con in mezzo tre candidature agli Oscar per la migliore canzone da parte dell’ex frontman nel 2001- 2002- 2004 e la quarta arriverà nel 2017), sono passati ben trent’anni dalla loro formazione e Sting decide di riunire la troupe per un tour mondiale in occasione di questo anniversario.
Quarto brano non può che essere “Every Breath You Take” di cui l’autore dice:
“Mi svegliai in piena notte con quella frase in testa, mi misi al piano e in mezz’ora la scrissi. La musica in sé è generica, come se ne sentono centinaia di altre, ma il testo è interessante. Suona come una confortante canzone d’amore. Al tempo non avevo compreso quanto fosse sinistra. Probabilmente stavo pensando al Grande Fratello, sorveglianza e controllo.”
Sì lo so, mancano ancora dieci anni fino ad oggi e ho soltanto una canzone a disposizione. Mi tocca ritornare con un piede nel presente, 20 aprile 2018, un fortunato sodalizio Sting- Shaggy decide di pubblicare un album in duo “44/876” dai prefissi dei loro paesi. Anticipato dal singolo “Don’t Make Me Wait”, quinto e (forse) ultimo brano di oggi.
Un piede nel presente sì, e l’altro? È rimasto nel passato. Concedetemelo uno strappo alle regole, io che sono sempre così ligia ad esse. Sesto ed anacronistico brano è “All This Time”, brano che racconta la morte di suo padre ed il desiderio di seppellirlo in mare, desiderio ostacolato dalle convenzioni e dalle religioni che hanno costruito formule diverse riguardo la morte: arrivano due preti, e vogliono fare a modo loro. “Riuniti in congregazioni, gli uomini impazziscono. E migliorano solo se lasciati soli”. La ragione per cui questo brano mi sta così a cuore, tale da volerlo inserire come bonus-trac è che ha dato il titolo ad un album inciso l’11 settembre 2001. A chi non fa ancora accapponare la pelle leggere tale data? È il giorno che ha segnato la fine della tregua post guerra mondiale e l’inizio di quella nuova guerra che dona un catastrofi come si somministra il veleno, goccia a goccia, mai tutto insieme. Nell’intenzione di mettere insieme un concerto a casa sua davanti a pochi ospiti speciali, Sting arruolò un gruppo di musicisti per suonare insieme a lui. Gli eventi che portarono alla notte dell’esibizione sono stati filmati, e tra questi gli attentati dell’11 settembre 2001a New York che si verificarono il giorno stesso del concerto, con il gruppo assemblato che venne reso a conoscenza della tragedia.
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Il calore e l’accoglienza del pubblico durante Fragile, ha poi convinto Sting ad eseguire il concerto per intero, come originariamente previsto. Il cantante ha comunque sottolineato nel documentario inserito nel DVD che il tono della serata si è rivelato molto diverso da come era stato originariamente pianificato. Il concerto avrebbe anche dovuto essere trasmesso integralmente in diretta via Internet, ma alla fine si decise di mandare in onda solo Fragile, preceduta da un commosso e sommesso annuncio di Sting in omaggio alle vittime dell’attentato.
Un escursus in note e parole prima di vederlo lunedì calcare il prestigioso palco dell’Etes Arena Flegrea, per salutare così una terza edizione di questo Noisy Naples Fest che ha incoronato Napoli come la vera capitale musicale del sud Italia, o forse pretenziosamente dell’Italia stessa, in questa ricca estate.
A cura di Fabiana Criscuolo
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