“Ciao, mi chiamo Mario e ho sette anni, sette e mezzo per la precisione“.
Così si presente Mario, il triste protagonista del pezzo che il cantautore Mirkoeilcane ha presentato nella sezione giovani del festival Sanremese. Canzone di altissimo livello ma che, in molti, forse troppi, non hanno ben compreso (e chissà per quale motivo la cosa non è motivo per me di stupore).
Quella che sembra, inizialmente, una bambinesca e spensierata canzone narrata dagli occhi di un bambino rivela poi, nel suo scorrere, la natura drammatica, ansiogena ed estremamente teatrale di un pezzo costruito e scolpito per andare dritto al cuore.
Solo a metà canzone capiamo la vera tematica del testo e forse è proprio in essa che possiamo trovare il motivo per cui una canzone simile è stata così tremendamente incompresa.
La fuga, l’immigrazione, il dramma del viaggio disperato e della morte. Mario, il nostro protagonista, potrebbe rappresentare chiunque, Potrebbe essere un giovane bambino Italiano ai tempi dell’emigrazione verso gli U.S.A dei primi del 900. Potrebbe essere, però, anche un piccolo libanese in fuga, con la propria famiglia, dalla guerra e dalla povertà. Ma che dire, in un periodo in cui i malgoverni, i tam tam mediatici e le speculazioni politiche pre elezioni la fanno da padrona, è prevedibile che siano in molti a rimanere “congelati” di fronte a un tema così tanto cruciale.
Andiamo però ora a considerare l’aspetto più musicale.
“Che poi a chiamarla barca
ci vuole un bel coraggio
stare in tre
seduti in mezzo metro di spazio
è come me e gli altri 200
tutti intenti a pregare
ed io vorrei soltanto alzarmi e palleggiare“
Musicalmente parlando…
Una flebile chitarra acustica, archi e ululanti note di chitarra elettrica debolmente accennata introducono la prima fase del pezzo. Da notare come poi, progressivamente, il tutto sale in maniera impeccabile. “Stiamo tutti bene” si basa, di fatto, su un costante e implacabile crescendo climatico che parte da sonorità dolci e spensierate giungendo poi, inesorabilmente, alla drammaticità che il testo necessità.
L’intreccio che va a formarsi tra il crescendo orchestrale degli archi e le chitarre innalza la tensione progressivamente conducendo il pezzo fino al punto di rottura. In tutto ciò Mirkoeilcane non canta, non esattamente almeno. Di fatto lo stile vocale adottato dal giovane talento è quello del parlato teatrale che tanto potrebbe ricordare i cantautori di una volta (De Andrè, Guccini ecc) o Faletti. Un parlato dal gusto innocente, ignaro ed estremamente fanciullesco che ben fa risaltare come il tutto sia raccontato e vissuto dal punto di vista di un ragazzino che ancora non ha capito la tragedia a cui sta andando incontro (effetto ovviamente voluto ma che in molti non hanno ben compreso).
L’arrangiamento è curato fin nel minimo dettaglio. Gli strumenti si incastrano alla perfezione creando un atmosfera opprimente, ansiogena ed esplosiva. Un pezzo che, nato con sonorità fanciullesche e rilassate, si evolve e mostra la sua vera forma esplodendo in una composizione teatrale e drammatica. Il crescendo strumentale è perfettamente incollato al progredire della lirica riuscendo a valorizzarne ogni singolo momento aumentando, così, vertiginosamente il potenziale emotivo del tutto. In un festival fatto di canzoni spesso uguali a se stesse ed estremamente prevedibili, “Stiamo tutti bene” si mostra come una canzone piena di dinamica, esplosività e imprevedibilità degna di generi come il progressive rock di un tempo. Risalta, in maniera incredibile, la somiglianza alle composizioni dell’artista britannico progressive rock Steven Wilson (da non escludersi l’ispirazione a quest’ultimo, ormai conosciutissimo in tutti gli ambienti musicali) famoso per le sue composizioni drammatiche ed emotive.
“E’ il sesto giorno
adesso dormo, pure mamma e un tipo magro
qualcosina più in là grida che vede la Madonna
e questa barca adesso puzza di benzina e di morte
e mamma ha detto di non farci caso
e di essere forte“
Ascolta qui l’esibizione di Sanremo
In conclusione?
Molte le critiche portate a questo pezzo. In primis allo stile “parlato” della voce. Non vi è molto da dire a riguardo. Sono in molti i cantautori di una volta ad aver fatto la storia della musica senza avere grandi doti canore. Nel cantautorato (quello bello) che ha fatto la storia Italiana, a risaltare sono sempre stati arrangiamenti e soprattutto bellezze testuali. Le parole, unite alla musicalità delle strumentali, sono sempre state quanto, nel mondo del cantautorato, han dato vita a grandi opere anche al di la delle capacità vocali. Mirkoeilcane non è il primo a portare un pezzo dalla vocalità parlata, ciò non delinea “Stiamo tutti bene” come una non canzone. Lo è, anzi, a tutti gli effetti. La cura nell’arrangiamento (uno dei migliori di tutto il festival) e l’incredibile capacità immaginifica di un testo in grado di proiettare nella mente dell’ascoltatore ogni situazione scena dopo scena come fosse un film, la rendono un’opera dal grande valore musicale.
L’impatto emotivo è poi clamoroso. Le parole, supportate appunto da una strumentale incollata perfettamente alla lirica, conducono l’ascoltatore nel pieno della situazione riuscendo a regalare brividi di pura emozione e commozione come davvero poche canzoni in questo festival (forse nessuna) sono state in grado di fare.
“Stiamo tutti bene”, senza dubbio, non è un pezzo banale. Non è affatto orecchiabile sia a causa della scelta sonora sia a causa dello stile cantato. Abbiamo però di fronte un pezzo ricercato e ben strutturato, non banale e armonicamente impeccabile. Un pezzo non facile da capire. Lo si può notare dal quarto posizionamento nella sezione giovani e dalle tante critiche mosse.
Però una cosa va detta. Chi non in grado di cogliere il coinvolgimento di una simile canzone forse è proprio chi, con il suo cuore di ghiaccio, sta fin troppo bene per poter afferrare la drammaticità di una realtà tanto contemporanea quanto antica e legata alle origini degli italiani dei primi del 900. La musica è fatta per convogliare emozione e questo pezzo di Mirkoeilcane riesce a pieno nel suo intento.
Basta, per coglierle, avere un cuore.
“Allora onde evitare di addormentarmi come gli altri
ed esser buttato in mare
mi unisco al coro della barca
e inizio a piangere e gridare
non ho forza, chiudo gli occhi
e non so neanche nuotare“
Lorenzo Natali
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