Marie-Hanry Beyle, noto semplicemente come Stendhal, fu tra i primi a descrivere lo stato di smarrimento e di angoscia percepito durante “la contemplazione della bellezza”. Per questo motivo a lui viene attribuito il nome della famosa Sindrome di Stendhal.
A voi è mai capitato di avere la tachicardia, capogiri, vertigini, confusione o addirittura le allucinazioni davanti qualcosa di assolutamente meraviglioso? No, non sto parlando di Ryan Gosling e né tanto meno di David Beckham, ma mi sto riferendo a delle opere d’arte. Se la risposta è sì, questo malessere ha un nome: Sindrome di Stendhal. Tale appellativo viene appunto attribuito allo scrittore francese divenuto famoso nei primi del 1800. Uno pseudonimo – quello di Stendhal, nome forse ispirato alla città tedesca di Stendal – utilizzato nel libro scritto dopo il suo Grand Tour effettuato nel 1817, che svenne davanti alla Sibille del Volterrano nella cappella Nardini di Firenze. Marie-Hanry Beyle ne diede una prima descrizione che riportò nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”:
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”.
Nonostante sia stato descritto già nei primi del 1900, la Sindrome di Stendhal è nata in tempi recenti. Infatti il disturbo venne individuato ed analizzato scientificamente per la prima volta solamente nel 1977 dalla psichiatra fiorentina Graziella Magherini, che descrisse alcuni casi di turisti stranieri in visita a Firenze colpiti da episodi acuti di sofferenza psichica ad insorgenza improvvisa e di breve durata. Dei 106 turisti descritti dalla Magherini, alcuni presentavano disturbi del contenuto e della forma del pensiero con intuizioni e percezioni deliranti associate a disturbi delle senso/percezioni con allucinazioni uditive, fenomeni illusionali e cenestofrenie; altri invece presentavano disturbi affettivi, con umore orientato in senso depressivo con contenuti olotimici di colpa e di rovina o, viceversa, in senso maniacale con euforia e manifestazioni di estasi. Altri ancora manifestavano sintomi riferibili agli attuali criteri diagnostici per il disturbo di panico, con crisi acute di ansia libera o situazionale. Grazie a questi studi, tale sindrome viene spesso definita “Sindrome di Firenze”. Questo anche perché il capoluogo toscano presenta un’elevata quantità di splendide opere d’arte e spesso la sindrome si verifica proprio nella famosa città italiana.
Ovviamente la Sindrome di Stendhal, che si presenta soprattutto nelle persone dotate di una spiccata cultura e sensibilità, non è limitata alla città di Firenze. Un recente studio nomina, tra le città più affette, oltre Firenze anche Gerusalemme e Parigi. C’è da aggiungere anche che il nostro Paese si presta maggiormente ad essere protagonista di questi disturbi, in quanto si potrebbe dire che l’Italia è un museo vivente che si dirama dal mare alla montagna e pervade qualsiasi borgo. Tale argomento è stato ripreso da Paolo Sorrentino nella prima scena de La grande bellezza, in cui un turista giapponese ammirando la maestosità della Città Eterna ha un mancamento. Così il regista, durante un’intervista, ha affermato:
“Per me era importante comunicare che Roma ha una bellezza talmente potente che, se osservata troppo a lungo, può uccidere”.
E’ recente inoltre la scoperta che anche la musica moderna, di forte impatto psicologico ed emotivo, può essere causa di stati molto simili a deliri comuni e allucinazioni, la cui diagnosi è accostabile alla Sindrome di Stendhal. Insomma, per chi si è trovato al concerto dell’artista che ama oppure ha ascoltato un album o una canzone, e ha avuto una reazione emozionale spontanea inattesa, adesso ha avuto la risposta di questa inaspettata “stranezza”.
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