Gli Stag sono una band romana che nasce dal progetto musicale solista di Marco Guazzone, voce e pianista della band. Negli anni si sono esibiti dal vivo in tutta Italia, in Inghilterra e in Libano. Hanno collaborato alla composizione di varie colonne sonore per cinema, teatro e televisione e hanno partecipato al Festival di Sanremo nel 2012. Un anno fa è uscito il loro secondo album “Verso le Meraviglie” e quest’anno, insieme a Marianne Mirage hanno inciso la colonna sonora del film “The Place” di Paolo Genovese, conquistando la cinquina dei finalisti per l’ambito premio “Migliore brano originale” nella notte degli Oscar italiani, ai David di Donatello.
Ci facciamo una chiacchierata con Marco, un bilancio di questo anno e una visione d’insieme su passato e futuro artistico della sua band.
Ciao Marco, ci ritroviamo oggi ad un anno dell’uscita di “Verso Le Meraviglie” il vostro secondo album, di quali meraviglie senti di volerci parlare dopo questi primi dodici mesi?
É passato un anno esatto in effetti, giustissimo. Non lo so, sono tante e tutte ugualmente belle, mi hai messo in difficoltà.
Allora a proposito di David, ti tolgo dall’imbarazzo della scelta usando il modus operandi della kermesse, facciamo una “cinquina di meraviglie”..
Okkei dai… Quinto posto: quest’anno di date e di tour, è stato molto bello, molto pieno e soprattutto ci ha fatto conoscere luoghi e persone nuove, abbiamo suonato in locali incredibili e ci ha dimostrato che le persone – dopo cinque anni di attività degli Stag – sono ancora appassionati alla nostra musica e che hanno piacere di continuare a fare questo viaggio insieme. Quarto posto: l’ultimo videoclip che abbiamo girato, che è stato veramente una scoperta. Siamo stati in questo posto fuori Roma (Dragona), un museo molto particolare, il “Museo Agostinelli”, il cui sottotitolo senza farlo a posta è “Museo delle Meraviglie”. La location è stata perfetta per la canzone poiché il singolo si chiama “Kairòs”, parla del tempo, del momento giusto in cui ognuno decide di cambiare le cose, questo posto è stato come trovare lo spazio fisico delle sensazioni che racconta il brano. Terzo posto: Elisa, l’Arena di Verona. Questo rapporto va avanti da un po’ di anni ed è stata lei in realtà a trovare noi sul web, a scriverci e a chiederci di aprire il suo concerto a Lucca in passato. Quest’anno mi ha riscritto e dato la possibilità di aprire l’ultima sua data dei quattro concerti per il suo ventennale di carriera all’Arena, con ospiti incredibili, la Vanoni, Gino Paoli, Emma e tanti altri. Per noi è stata un’esperienza unica perché l’Arena di per sé la metto tra le meraviglie, salire su quel palco mi e ci ha fatto risentire quell’energia molto forte che avevamo provato sul palco di Sanremo. Elisa poi è un’ARTISTA tutto maiuscolo, non solo con la A, la sua predisposizione e cura verso noi giovani, la sua ospitalità sono ammirrevoli, è una persona unica. Secondo posto: i David di Donatello, l’occasione di portare su un palco anche tutta la nostra passione per il cinema. Al di là della bellezza di riuscire ad entrare in una kermesse del genere – che sono i nostri Oscar, quindi cosa poter volere di più? – la realtà gratificante è che è avvenuto tutto con una squadra molto giovane: il nostro brano è cantato da Marianne Mirage, che è lei stessa giovanissima. Abbiamo condiviso questa esperienza insieme dalla conferenza stampa della settimana precedente, all’incontro con il Presidente della Repubblica la mattina della cerimonia di assegnazione dei premi fino alla diretta su Rai 1 della sera. La cosa che più ci ha più divertiti è stato il red carpet su cui abbiamo fatto casino. Primo posto: La musica nuova, quella che stiamo già scrivendo, quella che ci sta portando in posti molto nuovi e siamo un po’ sorpresi di una serie di realtà, ma in fondo è questo il potere della musica, quello di portarti dove non ti aspetti. Il primo posto perché questa è la nostra benzina, scoprire che abbiamo tanto ancora da raccontare e che possiamo farlo in una maniera nuova, prima per noi, è uno stimolo che non è scontato, e si merita il primo posto.
La tua storia artistica, come ci hai anticipato, nasce con i tuoi studi all’Istituto di Cinematografia a Roma. Hai scritto colonne sonore per film e serie TV come “Tutto può succedere”, ti va di raccontarci il tuo amore per la combo musica e cinema?
Io prima di scoprire che avrei fatto il musicista che canta anche (il mio primo strumento è il pianoforte e lo suono da quando ho sei anni e fino ai tredici anni non sapevo neanche di voler cantare) avrei voluto fare il compositore di musica da film perché ho sempre avuto questa passione per il cinema. In realtà la sua origine la posso affondare già in famiglia, penso mi sia stata trasmessa molto dai miei genitori, da mio fratello che è un po’ più grande e mi faceva vedere sempre molti film da cinema, quindi è una passione che ho da sempre. Ho continuato poi a coltivarla al Centro Sperimentale, lì ho iniziato a fare i primi lavori, poi in maniera parallela ho scoperto che sempre più il mondo delle colonne sonore è contaminato dalla musica pop, la canzone diventa un altro personaggio della rappresentazione. C’è molta contaminazione fra i due mondi e questo mi affascina molto. Io amo così tanto le immagini, le storie, guardo molto cinema d’autore, film che magari non sono neppure usciti in sala e che scopro ai vari Festival del Cinema, così come film mainstream e anche tanti film brutti. Nel cinema come nella musica non mi piace fare distinzioni di genere.
Tra le varie meraviglie, dicevamo, ci sono le aperture a Levante ed Elisa. Cosa porti nella tua arte di queste due esperienze?
Purtroppo in Italia è una cosa che si fa poco, c’è poca cultura delle aperture, sia da parte degli artisti grandi che da parte del pubblico. Noi ci siamo ritrovati in date – non in queste due, perché sia Levante che Elisa hanno un pubblico molto educato, anzi Elisa la prima volta uscì a presentarci quando ancora non era vestita e truccata, ai suoi cinquemila fan di Lucca – in cui non siamo stati accolti con attenzione. Per fortuna però ci sono ancora molti artisti che puntano ai giovani, Niccolò Fabi ad esempio quest’estate ci ha invitati in una data pazzesca a Macerata in questo anfiteatro all’aperto. Sarebbe bello se anche per il pubblico queste diventassero occasioni per scoprire nuove realtà. Tornando alla domanda, ognuno di questi artisti ti da – attraverso prima di tutto il pubblico loro, poi attraverso lo staff, il loro modo di prepararsi, di gestire l’emozione – una lezione artistica, ogni volta è come se ci ritrovassimo a fare delle masterclass con dei professionisti.
All’estero la realtà è diversa, penso all’anno scorso in cui i Muse hanno aperto gli U2 non in una data, in tutto il tour. Non so se questa è una realtà che potrebbe avvenire in Italia, se un artista “grande” accetterebbe di aprire un altro “grande”.
Quindi pensi che ci sia più egocentrismo in Italia rispetto all’estero da parte dei big?
Sì, ma penso anche che non dipenda tanto dall’artista quanto da tutta la macchina intorno. In alcune situazioni ci è capitato che l’artista ci volesse, ma il contesto creato intorno ha reso sfavorevole la nostra performance.
Parliamo dei David di Donatello, siete stati candidati nella cinquina dei finalisti per il premio “Miglior brano originale”. Come nasce questa canzone?
È stata un’operazione molto bella e rara, siamo stati coinvolti già in fase di sceneggiatura ed è avvenuto tutto molto più profondamente. Molto spesso per i tempi di ripresa uno arriva a lavorare alle colonne sonore a film già fatto e hai poche possibilità di margine di modifica. In questo caso invece ci è arrivata la sceneggiatura da Marianne che aveva conosciuto Paolo Genovese a Sanremo l’anno scorso mentre era in giuria, l’aveva coinvolta nella realizzazione di questo film e lei ha fatto una cosa molto bella, ha voluto creare una squadra e condividere questa opportunità con noi. Abbiamo letto la sceneggiatura un paio di settimane prima di fissare questo incontro con Marianne, poi è venuta lei a Roma a casa mia, abbiamo parlato tanto prima di metterci a scrivere, dalla mattina fino alle quattro del pomeriggio, e poi in un’ora è nata questa canzone.
A proposito di Marianne Mirage, come nasce questa collaborazione fra voi?
In questo devo ringraziare il nostro editore – la Sugar Music – che è anche l’etichetta di Marianne. L’anno scorso ci ha messo subito in contatto, ci hanno fatto conoscere – in realtà è loro abitudine quella di unire più artisti del loro roster, anche provenienti da mondi musicali molto diversi, per creare prodotti artistici inaspettati – e la possibilità di mettere a frutto questi mesi di scambi di idee e di energie fra di noi è avvenuta proprio col film. Le canzoni sono fatte veramente di energie, emozioni e scambi di condivisioni, più ti conosci col tuo partner più la condivisione diventa efficace.
Altri progetti in musica e cinema?
È in post produzione la terza stagione di “Tutto può succedere” in cui abbiamo collaborato di nuovo con alcuni brani e saremo protagonisti di un piccolo cameo nella storia. È l’ultima stagione ed è stato molto bello riuscire ad essere parte attiva in questa serie dalla prima all’ultima edizione.
Inside Music è una webzine italiana indipendente nata nel 2017 e dedicata alla musica, che offre notizie aggiornate, live report, interviste esclusive, recensioni di album e approfondimenti. La piattaforma si rivolge agli appassionati di musica, proponendo contenuti dettagliati e di qualità su artisti, concerti e novità del panorama musicale nazionale e internazionale. Visita Inside Music per rimanere sempre aggiornato sulle ultime tendenze e scoperte musicali.