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La “Cometa” de Il Muro Del Canto. Intervista a Daniele Coccia

by Giusy Alfano
Il Muro del canto; Cometa

Dopo il lungo tour estivo e il primo ciclo di date indoor appena concluso, Il Muro Del
Cant
o rilascia Cometa – per l’etichetta FioriRari – il nuovo brano che anticipa il
quinto progetto della band capitolina, un lavoro che verrà edito nel 2022, a dieci anni
esatti dal loro primo album.

Alla voce, questa volta, troviamo Alessandro Pieravanti, solitamente voce narrante e
percussionista del gruppo. Il brano è recitato sulle strofe, seguendo la tradizione del Muro
dello Spoken Word, cantato a tre voci nei ritornelli e racconta una storia di sconforto urbano.
Come spesso accade la soluzione la si cerca alzando gli occhi al cielo e in questo caso
sperando di essere portati via da una Cometa.

La canzone racchiude in sé il tema dell’amicizia, parla di come la vita prenda strade inattese
e di come ci si possa ritrovare in poco tempo in difficoltà. Nel finale, come spesso accade
nei brani della band, c’è un forte sentimento di speranza: “e mo che dall’arto hai visto tutto
voresti sartà e ritornà de sotto abbraccia la prima persona che passa de là guardalla
nell’occhi e dije che je la potemo fa!


Il singolo Cometa ha la voce e il testo di Alessandro Pieravanti; la musica è di Daniele Coccia Paifelman – lo abbiamo intervistato per InsideMusic-; Eric Caldironi, Ludovico Lamarra, Alessandro Marinelli, Alessandro
Pieravanti
, Franco Pietropaoli.

Il brano è stato registrato, mixato e masterizzato da Franco Pietropaoli presso Ermes Records di Roma.

Intervista a Daniele Coccia de Il Muro del Canto

Andiamo un po’ a ritroso per i lettori di Inside Music. Come è nata e si è poi
concretizza l’idea de Il Muro del Canto e quale è stato il ruolo di Daniele Coccia nella
genesi del gruppo?

Il muro del canto si è formato nel 2010, dapprima per un’idea embrionale nata
da un paio di canzoni concepite in romano, e poi, nel corso del tempo, ho radunato
tutti i musicisti che compongono attualmente la band. La genesi è avvenuta
abbastanza naturalmente: un giorno stavo ultimando l’ultimo brano che doveva
rappresentare il disco che stavo componendo da solo. Questo brano è
venuto fuori in romano, e da lì mi sono reso conto che c’era una bella prospettiva
creativa. Da quel momento in poi ho cominciato a scriverne altri. Ho conosciuto ed
“arruolato” degli amici.


Come vi siete conosciuti?

Sostanzialmente, ci siamo conosciuti suonando. Con le nostre band precedenti è
capitato che avessimo condiviso il palco, ci siamo incrociati quasi tutti in occasione di
un festival a Sabina. Con Alessandro, invece, ci conosciamo da quando eravamo
ragazzini, con lui è stato più semplice. Conoscevo un fisarmonicista, per altro
bravissimo, e ne ho approfittato.


L’idea del nome del gruppo invece da dove viene?

L’idea del nome è più semplice di quel che si possa immaginare. È nata soprattutto
per un’assonanza con “pianto”. Nel tempo si è rivelato molto in linea con noi, che
suoniamo tutti predisposti in fila, come a formare un muro. Ma l’idea originale nasce
principalmente per l’assonanza tra “pianto” e “canto”, che ci piaceva molto.


Quali sono i punti di riferimento nella musica tradizionale romana, e come ha plasmato la
vostra, di musica?


Noi, in realtà, punti di riferimento nella musica romana non ne abbiamo mai avuti. Facciamo
musica “romana” perché cantiamo in romano, ma le nostre influenze sono tutt’altre. Su
Roma, il nostro punto di riferimento sono Romolo Balzani e Gabriella Ferri, che ci hanno
molto appassionati ed ispirati, ma in tutta onestà nessuno dei componenti ha mai avuto
esperienze simili, né siamo mai stati profondi conoscitori della musica romana. Siamo stati
piuttosto travolti dalla possibilità di poter cantare nel nostro dialetto, e la cosa continua a
stupire anche noi, appassionandoci. Ma le nostre radici affondano altrove. Io, per esempio,
sono un amante del metal e del cantautorato italiano classico…


Il 24 Dicembre è stato edito “Cometa”. Ci racconti la genesi del brano e di cosa parla?


Cometa” è nata questa estate, ed abbiamo cominciata a suonarla durante il tour estivo.
Origina da un racconto di Alessandro Pieravanti, che ha scritto pensando proprio a questo
specifico momento storico. Parla del rapporto con se stessi, quando l’individuo tende ad
estraniarsi, fino a desiderare di rifugiarsi su una cometa, guardare tutti dall’alto, e non tornare più.
Ma proprio come ne Il Piccolo principe, anche qui nasce l’esigenza di tornare tra le persone,
e la canzone dopo un inizio un po’ triste, restituisce un po’ di speranza nel finale, che è
quello che ci auguriamo tutti…


Cometa è una disamina urbana attenta e minuziosa, più attuale che mai nel periodo in cui
le dimensioni della crisi economica e sociale stanno producendo i loro effetti più efferati in
tema di disuguaglianze. In “Cometa” coesistono il dialogo con gli emarginati ed una velata e
bonaria denuncia alle istituzioni, ma è soprattutto un inno alla capacità di far fronte avversità
uscendone rafforzati a seguito di un evento critico negativo.


Secondo te, da questa situazione abbiamo l’opportunità di uscirne migliori o ne usciremo più
alienati?


Le possibilità sono al 50%, nel senso che una buona percentuale finirà per estraniarsi,
mentre un’altra metà troverà la forza di reagire e ne uscirà rafforzato. Qualcuno si
arricchirà e qualcuno si impoverirà. Dipenderà molto dalle circostanze.


Ma voi non siete certo principianti nei temi di analisi sociale. Infatti, nel 2013 usciva “Ancora
Ridi”, un progetto in cui si parla di usura, povertà e precariato.
Com’è cambiata Roma in questi nove anni?


La percezione che ho io, Daniele Coccia, è di peggioramento progressivo, dal punto di vista
sociale, ma anche culturale ed economico. Il verde pubblico è in estinzione, il degrado è
sempre più esteso e la disoccupazione è a livelli altissimi. Un dramma che si dirama in molti
ambiti.


C’è stata una forte contrazione salariale, come attesta il rapporto di Roma Capitale del 2021,
purtroppo.


Nel 2016 usciva Figli come noi, una canzone contro gli abusi in “divisa”. Canzone che è
arrivata anche in finale per il “Premio Amnesty International 2016”. Dal G8 di Genova, al
caso Aldrovandi, Magarini, e poi Stefano Cucchi e fino al caso più recente della Caserma di
Piacenza; dopo 30 anni di dibattito politico e sociale, nel 2017 è stato approvato il reato di
tortura, che nella nostra Costituzione è interessato ancora da numerosi limiti che lo rendono
inapplicabile in moltissimi casi, non trattandosi di un reato specifico, come ci contestano
l’ONU e la Corte Europea stesse, ascrivibile a chiunque.


Tu pensi che sia corretto affermare che alla mancanza di giustizia, corrisponda in egual
misura una mancanza di indignazione da parte dell’opinione pubblica, in Italia?

Concordo pienamente. Oltre alla mancata indignazione da parte dell’opinione pubblica,
credo sia da tenere in forte considerazione anche la volontà politica di fare certe scelte.
Dinanzi ad una legge del genere, purtroppo, la mancata applicazione è da perseguire come
egualmente criminale.


Tornando all’imminente nuovo progetto de Il muro del canto, quali anticipazioni puoi darci?


Noi abbiamo tutto il materiale pronto, ci manca soltanto la registrazione in studio che, a
causa delle norme anti-Covid19 e del gran numero dei componenti della band, purtroppo continua
a slittare. Spero che riusciremo a farlo il prima possibile, ma purtroppo non abbiamo una
data certa perché siamo tutti in attesa di capire come si evolverà la situazione pandemica.
Sicuramente l’album sarà pubblicato nel 2022.


In regime di ascesa dei contagi da Covid-19 ed in vista delle nuove restrizioni, avete in
progetto tour o concerti per il 2022?


Noi in verità avevamo la volontà di suonare, anche a ridosso del disco, quindi, qualora si
possa fare ci proveremo. Abbiamo una data a Bologna, il 22 Aprile, sperando che si
concretizzi, è il secondo anno che ci proviamo, quindi sarebbe davvero bello.”


Allora speriamo di poterci vedere presto in giro. In bocca al lupo per il nuovo singolo e per
l’album in fase di ultimazione. Buon anno!


Grazie a te di tutto. E auguri di buon anno!

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