Home Interviste In attesa di Bandiere, l’intervista a Giorgio Ciccarelli.

In attesa di Bandiere, l’intervista a Giorgio Ciccarelli.

by InsideMusic

Giorgio Ciccarelli: dai Colour Moves, ai Sux!, passando per gli Afterhours fino alla carriera solista. In vista dell’uscita del suo nuovo album Bandiere, abbiamo fatto due chiacchiere con lui.

 

Ciao Giorgio e grazie per il tempo che ci hai concesso. È un piacere averti su Inside Music. Sappiamo che il 30 marzo uscirà il tuo nuovo album Bandiere. Album realizzato con Musicraiser. Come mai questa scelta? Credo che sia una grande scommessa quella di affidarsi ai fan, non credi?

Sì, hai detto bene, affidarsi ai fan è stata una grande scommessa, per fortuna mi è andata bene e l’ho vinta. Mi spingo a dire che coinvolgere le persone che apprezzano il tuo lavoro nella produzione di un tuo disco, è un’idea rivoluzionaria (nell’ambito ovviamente della produzione musicale). Soprattutto mi sembra l’unica ed ultima scelta rimasta a chi vuole fare musica ad un certo livello, stando fuori dalle mode musicali del momento e non regalando il proprio lavoro all’etichetta di turno. Beninteso, comprendo perfettamente che l’etichetta di turno, è una piccola azienda che deve per forza di cose almeno rientrare delle spese sostenute per produrre un disco. Ecco, il problema è questo, il momento storico in cui vive la discografia è drammatico, non si vende più un disco, c’è pochissimo interesse intorno a certa musica, per cui, investire diventa difficile e rischioso. Puntando sul crowdfunding, tutti questi problemi si azzerano, hai in mano il controllo totale della tua produzione e puoi decidere che farne, come uscire e con chi. Mi sembra perfetto…

 

È appena uscito il video del singolo “Voltarsi indietro” realizzato dall’artista Cosimo Brunetti, singolo che apre Bandiere. Quanto dista questo tuo ultimo lavoro da “Le cose cambiano” e quanto ci si avvicina?

Ho voluto fortemente cambiare rotta, fare un passo oltre “Le cose cambiano” e spero di esserci riuscito. Sono partito con questi presupposti quando mi sono messo al lavoro per Bandiere. Devo dire che il virare su certe sonorità per me assolutamente nuove, è stato molto naturale, perché figlio dell’ultimo anno di tour fatto in duo con Gaetano Maiorano. In quest’ultimo tour abbiamo usato in modo massiccio elettronica, tastiere e drum machine, tutti strumenti alieni al mio modo di vedere la musica, almeno fino ad allora. Questa esperienza ho cercato di portarla dentro Bandiere, per cui direi che l’elemento di distanza con “LCC”, sta proprio nel vestito differente, cucito con tessuti mai usati prima, mentre l’elemento che avvicina Bandiere al primo disco, credo stia nel mio modo di comporre musica; sempre di canzoni si tratta, e sono sempre io che le faccio, con i soliti pregi e i soliti difetti.

 

 

Sia “Le cose cambiano”sia “Bandiere” iniziano con un Intro e sembrano poi ricollegarsi all’ultima traccia di entrambi gli album. Un ciclo che inizia e finisce. Pura casualità o dietro c’è un pensiero ben sviluppato?

Vedi, parlando dei soliti pregi e soliti difetti, l’idea che un disco inizi come finisca, è un mio pallino da tempo, è una cosa che mi è sempre piaciuta e che ho sempre apprezzato e cercato di mettere nei miei dischi. E se non si può fare, che almeno ci sia un intro che ti spiani la strada all’ascolto e che ti metta nel giusto mood per affrontare quel viaggio. Quindi, nessuna casualità, anzi, c’è la ricerca nel rendere circolare l’ascolto; il disco inizia come finisce e finisce come inizia, come se andasse in un eterno loop.

 

Bandiere è un disco che affronta temi etici e politici ma è un disco che sembra essere anche alla ricerca di comunicazione. È così?

Siamo nell’era della comunicazione, tutti inglobati più del necessario dalla tecnologia e da tutto quello che essa porta con sé: cose belle e utili ma anche tanta distrazione dai rapporti reali. E questa questione delle relazioni, della comunicazione tra persone che si guardano negli occhi mentre parlano, perché sono davvero interessate a quello che si dicono, è uno dei temi fondamentali del nostro tempo e che io e Tito Faraci (autore dei testi) affrontiamo spesso nelle canzoni.  Per cui, sì, è un disco che è alla ricerca della comunicazione nel senso che tratta e sonda questo tema e, nel contempo, la richiede a gran voce.

 

In “Un moderato coraggio” canti: “Le rime con cuore e amore rimedieranno al dolore” in quasi tutti i brani utilizzi molto spesso le rime.  Di solito, soprattutto in questo periodo, le rime sono usate da rapper o da generi che -diciamo così- non ti si addicono. Come mai questa scelta?

Oggi le rime sono snobbate perché sono collegate immediatamente a testi banali, da musica sin troppo leggera italiana. Io penso invece che le rime, anche quelle baciate, possono dare musicalità a un testo, lo rendono incalzante, gli danno ritmo. Certo, bisogna avere la capacità di usarle in maniera non convenzionale e dosarle nel modo giusto. Tito Faraci, a mio parere, è molto bravo a fare questo tipo di lavoro.

 

Questo brano “Un moderato coraggio” ha subito attirato la mia attenzione a livello di arrangiamenti. Puoi parlarci della sua composizione, credo che sia molto ricercata e precisa.

Bene, sono contento che abbia attirato la tua attenzione, perché è stato il primo pezzo su cui ho messo le mani e che ha fatto un po’ da matrice, da pietra di paragone per gli arrangiamenti dei pezzi successivi. Dopo una prima stesura di base, l’ho riempito di tastiere e di elettronica vintage, è poi passato per le mani di altri due tastieristi/elettronici, Max Lotti e Nicodemo, che hanno dato il loro apporto spingendo il brano ancora più lontano dai miei soliti lidi. Quindi c’è stato un gran lavoro di sottrazione e di cesellamento per arrivare a completarlo e a presentarlo così come lo hai sentito tu. Anche a livello compositivo c’è stato un gran lavoro certosino, perché dovevamo far “digerire” una canzone di 4’29” che non aveva un ponte, o un C, o come diavolo si chiamano quelle parti, che non sono né strofa, né ritornello…

 

Difatti questo è un album a livello musicale e di testi molto forte, meticoloso. Ad esempio “Due per tre” è il pezzo più elettronico di tutto l’album. Come ti sei trovato con questo approccio all’elettronica e all’uso di synth?

Come ti dicevo, tutto è nato dall’ultimo tour, il “Più vicino tour”, affrontato in duo.  La sfida era quella di non far rimpiangere la band con la quale siamo andati in giro per tutto l’anno precedente. Abbiamo riempito la sala prove di strumenti che andavano in direzione opposta alla fisicità della rockband, quindi drum machine, elettronica varia, synth e abbiamo iniziato a suonare i pezzi. Quel che è venuto fuori è stato un interessantissimo ibrido che mi ha entusiasmato a tal punto da volerlo riportare fedelmente anche nel nuovo disco.

 

 “Una cosa da capire che riguarda le bandiere? Perché devo rispettarle se per loro gente è morta? Semmai sono da buttare, ammainate, in fondo al mare.” È una parte del testo di Bandiere, canzone omonima dell’album. Credo che sia molto attuale come concetto. Quanto ti ritrovi nella nostra bandiera?

Le bandiere per me dovrebbero essere semplicemente uno strumento di delimitazione geografica. Personalmente, non gli do nessun valore, né sacro né simbolico, soprattutto alla luce del fatto che nel loro nome sono morti degli esseri umani. Questo, ovviamente, in estrema sintesi…

 

Sono uscite le date del tour. Dall’8 marzo sarai in giro per l’Italia. Dividerai il palco con qualcuno?

Sì, certo, lo dividerò ancora con Gaetano Maiorano con il quale già avevo messo a punto il riarrangiamento di tutti i brani di “Le cose cambiano” in chiave duo.

 

Ci sarà anche un tour estivo?

Certo, stiamo collaborando con Giovanni Gigantino de “la fabbrica etichetta indipendente” che ci fa da agente booking e con il quale abbiamo collezionato 96 concerti in due anni a supporto dell’uscita del primo disco, una macchina da guerra insomma…

 

Grazie Giorgio per questa chiacchierata e in bocca al lupo per il tuo nuovo album!

Grazie mille!!!

 

Beatrice Sacco

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