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Dimaggio ci racconta l’Ep “A me non serve niente” – INTERVISTA

by Alessia Andreon
Dimaggio ph. Martina Loiola4

È uscito, venerdì 8 novembre, l’Ep d’esordio del giovane cantautore indie pop Dimaggio dal titolo “A me non serve niente”.

L’Ep è stato anticipato dal brano “Le nonne e le chiese” che è entrato in diverse playlist su Spotify, come Scuola Indie e New Music Friday.

“A me non serve niente” si avvale della produzione dal cantautore, chitarrista e producer Wepro ed è composto da 6 tracce in cui, Dimaggio, nome d’arte di Riccardo Roma, dichiara il diritto della sua generazione all’autoaffermazione, troppo spesso condizionata da fattori esterni quali famiglia e social media.

In questo senso, “A me non serve niente” sancisce la consapevolezza che la delusione delle aspettative altrui genera solo frustrazione in chi rincorre obiettivi e standard che non gli appartengono realmente.

L’Ep verrà presentato con un calendario di concerti che toccherà alcune delle principali città italiane, come Roma, Milano, Torino e Lecce. Il tour, promosso da Arci Rubik, fa parte della Programmazione Puglia Sounds EXPORT 2024, Fondo Speciale Cultura e Patrimonio Culturale L.R. 40/2016, art. 15 comma 3.

“A me non serve niente” è la risposta che ti sei dato quando hai analizzato quello che la società pretende e quello che tu, come individuo, vorresti. Quanta pressione sociale sente la tua generazione?

“A me non serve niente” è un brano che è stato trasposto, come concetto, nell’intero disco perché, spesso, la mia generazione si ritrova, a 18 anni, a dover decidere il proprio futuro, cercando anche di fare tutti felici.

È una generazione che sente la pressione dei social, in cui tutti ti osservano; molte famiglie hanno alte aspettative dal tipo di studi che sceglierai, spinte dallo spettro della disoccupazione e anche le relazioni emotive sono state sostituite da legami di tipo differente…

Io sono una persona che è solita farsi delle domande in merito a quello che sta vivendo e, questo, mi porta ad affermare che non mi serve niente perché, se questo è tutto quello che posso avere, preferisco non avere nulla e costruire da solo quello di cui ho bisogno. Quindi, il mio spazio di sicurezza è anche il mio spazio di autodeterminazione, che però non dipende da nessun fattore sociale.

“Linda” racconta la storia di chi è costretto a partire per cercare un futuro migliore lontano dal suo paese. Questo Ep è realizzato con il contributo di Puglia sound. Quanto è importante questo sostegno per chi, come te, ha un sogno e non vorrebbe dover andare via per poterlo realizzare?

Il fatto di aver avuto il sostegno di Puglia Sound per me, per il mio team di Alpaca Music e di Cristiana nello specifico, è stato fondamentale.

Per un artista emergente, avere la possibilità di suonare senza pressioni perché la Regione Puglia ci ha supportato con il bando tour e ha fatto da garante per noi è, innanzitutto, un grandissimo onore; inoltre, ci serviva anche come carico di pre-partenza dato che per un anno e mezzo abbiamo lavorato a questo EP ed era il nostro primo lavoro discografico come team.

Nel mio progetto ho voluto coinvolgere tutte le persone che, per passione della musica, mi hanno affiancato in questi due anni e che sono accomunate dal forte coinvolgimento nel progetto Dimaggio.

Una volta finito l’Ep, abbiamo avuto modo di farlo sentire grazie al supporto della terra dalla quale ci siamo allontanati in cerca di fortuna.

Questo appuntamento apre i tuoi concerti che ti terranno impegnato in questi ultimi due mesi del 2024, alcuni in duo, altri in full band. Qual è la dimensione giusta per la tua musica?

Il progetto Dimaggio è nato con chitarra e voce, quindi, la dimensione acustica mi garantisce, grazie anche al rapporto che ho instaurato con Emanuele Dell’Abate che è il mio chitarrista e ha contribuito anche nell’arrangiamento di tutti i brani, una tranquillità comunicativa. I live in duo sono irrinunciabili perché li reputo il modo migliore per promuovere Dimaggio nella sua essenza.

Quando, invece, mi ritrovo in band ho le spalle coperte e quindi mi sento più a mio agio; per quanto i brani siano gli stessi il risultato è diverso, è molto più divertente e riusciamo ad alternare momenti di forte entusiasmo ad altri di forte introspezione, mentre il live in acustico si gioca in chiave emotiva.

A me è piaciuta in particolar modo “Attacco di panico”, un brano travolgente, che ti fa calare nell’ansia che descrive, con un cambio repentino di sound. Posso chiederti in che momento è stata scritta?

L’ho scritta nel momento in cui  ho iniziato ad avere i miei primi attacchi di panico, se non sbaglio avevo 17 anni.

Nonostante fosse una canzone scritta tanto tempo fa, l’ho fortemente voluta nel Ep perché penso sia importante condividere la prima volta in cui si è soggetti a qualcosa che, nell’adolescenza, non ti aspetti: la prima volta in cui il tuo pensiero e la tua razionalità si interrompono e lasciano spazio a un fluire di emozioni.

Quando parlavamo con Wepro della scelta dei brani, tra alcuni scritti un po’ di tempo prima e alcuni più recenti, “Attacco di panico”, è stato quello che io sapevo già che avrei messo nell’EP.

Quando poi siamo arrivati in session di arrangiamento, gli ho chiesto qualcosa di più: volevo che fosse un brano capace di trasmettere l’ambiente di agonia e di ansia che riesce a dare l’attacco di panico, che poi ho voluto far culminare con un assolo di chitarra. Ho cercato di rendere in musica le sensazioni di chi vive un’esplosione d’ansia, che è un travolgimento completo che non ti aspetti.

Anche il fatto che sia a metà dell’EP è stata una scelta strategica perché ho immaginato che un ascoltatore potesse entrare nella mia testa con i primi tre brani e poi piombare in quel momento di caos che è tipico per una persona che, improvvisamente, viene colpita da un attacco d’ansia, come spesso mi succede purtroppo.

Mentre le altre cinque tracce sono abbastanza ritmate, “La sera dei licantropi” è una ballad acustica struggente. Come mai hai scelto questo brano per concludere la tua prima raccolta?

“La sera dei licantropi” racconta il mio primo grande innamoramento, di quando ho capito di poter amare un uomo. Ero completamente sconvolto e travolto dalla sensazione di essere capace e sicuro di poter amare, per giunta, un uomo.

“Attacco di panico” e “La sera dei licantropi” sono brani di stagioni passate della mia vita che, anche in sala prove, riescono a riaccendermi quella sensazione, quindi mi permettono anche di saperla comunicare molto bene.

È stata l’entità acustica del brano che mi ha fatto chiudere il sipario, sia perché è un brano a cui sono particolarmente legato, sia perché, quando ascolto lavori di altri cantanti, mi piace sentire una traccia più down e struggente in chiusura… mi mette nella posizione di pensare a tutto quello che mi è piaciuto e che non mi è piaciuto e quindi inizia un gioco di ascolti  che, nel mio caso, è molto interessante.

L’ho voluto fare proprio perché questo brano, nella sua piccolezza, che abbiamo voluto mantenere durante la produzione, è asciutto, quasi silenzioso e delicato; è un saluto, una carezza finale.

All’inizio del disco, con “Le nonne, le chiese”, ho voluto creare la sensazione di alba, immaginando che l’ascolto di un EP possa essere un piccolo viaggio, che inizia con l’esplosione ed è bello terminare con un saluto, una speranza, non di quelle che toglie il fiato, ma un abbraccio sincero, di quelli che ti danno tanto senza stravolgerti.

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