La tradizione musicale italiana è stata caratterizzato da una profonda commistione tra il ruolo di autore di testi e quello di interprete, regalando al mondo delle note un palcoscenico di autori a 360°. Un vero e proprio modus operandi entrato in crisi negli ultimi decenni, con la progressiva scissione dei due ruoli, senza che ciò riuscisse ad intaccare, nella memoria dell’ascoltatore italiano, il ricordo dei grandi del passato.
Si inserisce in questa prospettiva l’ultimo album di Alessandro Hellmann, a dodici anni di distanza dal primo, in cui, da autore di testi, torna ad esserne anche l’interprete, realizzando Come prati a primavera, un album composto da dieci tracce dedicate alle sue figlie e non solo.
Ciò che salta immediatamente all’orecchio dell’ascoltatore è la carica poetica dei testi dell’autore che mescola stili diversi, esplorando ambiti vicini alla filastrocca, per arrivare a toccare con delicatezza anche il pop. La particolarità dei suoi testi è proprio nel contenuto e nelle chiavi di lettura: Hellmann tesse canzoni in grado di arrivare ai più giovani ma anche agli adulti, attraverso le molte emozioni che sono in grado di suscitare. Questo perché il messaggio di Hellmann è, per se stesso e per la sua generazione, quello di ricordare l’infanzia; mentre per le sue figlie e per i loro coetanei quello di saper apprezzare il loro stesso presente: un’età dell’oro, quella de “i prati a primavera”. Tracce delicate, quasi ninne nanne, si alternano a tracce più allegre, cinguettii di una stagione di vitalità e energia.
Apprezzabile la scelta dell’autore di dedicarsi ad un genere, il cantautoriale, non in voga in questo momento, preferendo un album decisamente più vicino alle sue corde, e che può essere apprezzato da quella profonda schiera di fan del genere, intrappolati nell’amore per la poesia musicale grazie a inossidabili miti come Fabrizio De André e Angelo Branduardi.