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Children of Bodom: Hexed – Strafare con stile [Recensione]

by InsideMusic
Children of Bodom

Non si fanno pregare, i Children of Bodom. Pronti? Via? Macché. Hexed parte subito a mitraglia, con il riff terzinato di This Road. La canzone è una perfetta opener, capace di alternare cambi di tempo con suggestiva semplicità. La voce graffiata di Alexi Laiho poi completa tutto il quadro. Partenza impeccabile. A seguire, senza dare un attimo di quiete, piomba Under Grass and Clover. Le delicate tastiere vengono sostenute da una ritmica rapida, forsennata, trainata dalla poderosa doppia cassa di Jaska Raatikainen. In pochi minuti si ha subito l’idea generale dell’album. Children of BodomChildren of Bodom sperimentano quanto basta, mantenendo la vitalità del loro tipico sound, arricchendolo però con le sonorità più moderne.

Uno stile neoclassico infatti si riaffaccia in Glass Houses, con riff di chitarra graffianti e tipici del Power vecchia scuola, ma presentando il groove tipico della musica di questa decade. I cori poi tengono subito costantemente sulle spine l’ascoltatore. La musica cambia con il singolo Hecate’s Nightmare. Atmosfere vagamente horror, lente e drammatiche sono il perfetto contraltare al terzetto di canzoni precedenti. Uno splendido assolo di chitarra, sostenuto anche da un poderoso unisono con le tastiere, arricchisce notevolmente la qualità di questo brano lento. Il cambio di tensione rispetto ai brani precedenti non risulta quindi pesante all’ascolto, che fluisce senza problemi. Impossibile non scapocciare a ritmo. Si nota in questa sapiente gestione dei brani tutta la qualità e l’esperienza del repertorio dei Children of Bodom, giunta alla decima fatica in ventisei anni di carriera.

Era chiaro comunque che la calma di Hecate’s Nightmare era solo apparente. Kick in a Spleen riporta a riff spinti, una batteria death e una cattiveria generale da fuorilegge della musica. Lo special con clavicembalo e chitarra è un tocco di classe di cui i finlandesi ci hanno più volte deliziato nel corso della loro carriera. Probabilmente il punto più alto dell’album.Children of Bodom

Platitude and Barren Words decolla con un riff sognante, seguito da una strofa ancor più incisiva. La canzone vola, il quintetto non ne sbaglia una. Tutti i colpi sono a loro posto, la struttura non pesa affatto. Eccoci quindi a metà disco estremamente soddisfatti. Si arriva quindi alla title-trackHexed riassume lo spirito dell’album. Riff graffianti, alta velocità, sonorità neoclassiche, cambi di tempo e imponenti cori. La canzone ha anche un certo non-so-che di Progressive, che arricchisce il complesso di ispirazioni della band. L’assolo di chitarra a metà brano è poi un autentico gioiello, così come il finale piuttosto intimo di basso e tastiera.

Questo alleggerimento in coda è solo temporaneo. Relapse (The Nature of My Crime) non consente cali di tensione, ripartendo con le chitarre cadenzate di Alexi Laiho Daniel Freyberg. Il ritornello si apre con un arpeggio elegante e cori coinvolgenti. Le atmosfere vagamente horror si insinuano nuovamente nello special, mentre una mirabolante sezioni di assoli completano uno di brani più riusciti dell’album. Più complessa e forse meno convinta Children of Bodomdelle altre è Say Never Look Back. Nonostante un egregio lavoro da parte di tutti i musicisti, la band fatica a lasciare un segno inequivocabile, diversamente dagli altri brani.

Più lenta e malinconica è la successiva Soon Departed, caratterizzata da arpeggi di chitarra e sottofondi di tastiera particolarmente ispirati. Il bridge cadenzato rappresenta un quid in più per arricchire le atmosfere del brano. Tuttavia, nonostante anche un Laiho coinvolgente alla voce, la canzone non riesce a risollevare la piega che ha preso l’album. Come se mancasse continuamente qualcosa, sebbene il triste ritornello costituisca un punto di grande spessore compositivo. Ci pensa Knuckleduster a riportare in alto un disco molto bello, ma che si stava perdendo proprio sul finale. La canzone di chiusura si muove sempre sui graffianti riff, marchio di fabbrica del gruppo. A un ritornello spregiudicatamente hard segue una sezione di assoli da brividi. Le cartucce migliori vengono quindi giocate tutte su questo poderoso finale. Mossa di classe.

Hexed è quindi un album estremamente potente. Dopo un’attesa durata ben quattro anni, i Children of Bodom ritornano prepotentemente sulle scene, dimostrando di avere ancora molto da dire. La loro bravura sta nel non perdersi in autocitazioni, sfornando un disco elaborato, complesso, vario, capace di guardare a quanto di buono c’è nella musica odierna così come in quella del passato. Coniugare queste due componenti con tanta facilità non è assolutamente da tutti. Riuscirci al decimo disco dopo ventisei anni di carriera poi lo riescono a fare in pochissimi.

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