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SUPEREROI, il nuovo disco de IL PAN DEL DIAVOLO: “Una dedica a noi”. L’intervista esclusiva

by Luca.Ferri
Il Pan del Diavolo

Esce oggi l’ultimo lavoro del duo palermitano, che torna dopo tre anni. “Il vero super potere? Affrontare positivamente la quotidianità”

Si dice che i veri eroi non sono i personaggi storici, i vincitori di battaglie memorabili o i protagonisti dei fumetti che hanno popolato la nostra fantasia da bambini. I veri eroi sono coloro che ogni giorno, senza particolari poteri, affrontano quella complessa e affascinante sfida chiamata vita. È proprio a questi che il duo siciliano de Il Pan del Diavolo ha dedicato la sua ultima fatica discografica. A quasi tre anni di distanza da Folkrockaboom torna con un lavoro che porta i frutti di una maturazione nei contenuti e nei suoni. Proprio Supereroi è il titolo scelto, uscito oggi 17 febbraio per la Tempesta Dischi. Nella title track questi supereroi sono “disillusi e con gli occhi rossi” però rivolti ad un “universo aperto ai sogni”. “Gli eroi sconfitti ci interessano poco”, ci ha riferito Pietro Alessandro Alosi voce del gruppo, “i trentenni di oggi hanno la sensazione di aver costruito castelli di sabbia, invece devono essere orgogliosi e sempre positivi”. Un disco dal groove ben definito dalle chitarre di Gianluca Bartolo, con riff folk/rock che disegnano il sound di tutto l’album. Il tutto sostenuto dalla voce di Alessandro Aloisi che, in questo ultimo lavoro, sembra aver trovato una nuova esaltazione. Gli arpeggi malinconici di ballate amare come quella de L’amore che porti e Qui adesso, si alternano a riverberi ironici come quelli di Messico, in una linea stilistica che porta il segno della vecchia impostazione del duo ma con un apporto elettronico che disegna nuove direzioni. Una ricchezza di sviluppi sonori, di influenza  e di spunti, merito anche delle importanti collaborazioni: da I Tre Allegri Ragazzi Morti, a Umberto Maria Giardini, a Vincenzo Vasi, fino a Piero Pelù che ha co-prodotto gran parte dell’album. “Un punto di vista completamente nuovo per la musica italiana, farebbe solo del gran bene se la musica de Il Pan del Diavolo iniziasse a girare nei media ufficiali”, ha dichiarato il “ragazzaccio” più rock della musica italiana…e se lo dice lui!

Tornate a quasi tre anni di distanza dall’ultimo disco Folkrockaboom nel quale era evidente un’impostazione folk, con innesti quasi country e addirittura distillati etnici come nelle evocazioni di flamenco in Mediterraneo. In Supereroi torna in modo preponderante la matrice garage rock, folk con aperture verso ballate amare come L’amore che porti e Qui adesso. In questi tre anni c’è stata un’evoluzione al livello di sound?

A: “Sì, è sicuramente un capitolo diverso da Folkrockaboom, ha una matrice più elettrica, anche i testi hanno un’intenzione nuova. In quasi tre anni vivi, fai esperienze, fai nuovi ascolti, l’ispirazione è stata rivolta più verso l’interno che verso l’esterno rispetto al passato. Noi siamo un duo, la nostra orchestra ha delle potenzialità limitate, quindi abbiamo cercato di ricostruire, di montare e di  smontare i suoni. Gli ascolti in parte sono stati quelli del passato, di matrice garage, in parte anche nuovi in uno studio del  sound e delle strumentazioni”.

Il tempo che passa lascia inevitabilmente tracce su ognuno attraverso le impronte delle esperienze, dei suoni e dei colori che incontriamo. Voi sembrate cresciuti, anche al livello di contenuti, sembra esserci un approccio più eterogeneo e maturo passando da riflessioni profonde come quelle di Aquila solitaria, alla disillusione di L’amore che porti fino alla direzione più ironica di Messico,  sbaglio?

A: “No, non sbagli. Io ho 31 anni e ad un certo punto della vita le impressioni cambiano, non mi sto dando del vecchio ma sicuramente si aprono nuove prospettive, nuovi obiettivi, nuove sfide, in generale cambia il nostro sguardo verso il mondo. Quindi sicuramente c’è stata una crescita e una presa di coscienza nei confronti del mio punto di vista,  il fatto di riuscire a distaccarsi e guardare un po’ tutto dall’esterno fa parte proprio di quel percorso naturale di maturazione che ognuno di noi vive a suo modo”.

Il vostro è un genere di matrice statunitense ma il vostro sangue artistico è italiano e per di più siciliano. Quanta tradizione nostrana e quanta internazionale c’è nel vostro dna musicale? Come vi siete formati?

A: “La nostra parte mediterranea è nel dna, è una cosa imprescindibile a partire dal punto di vista geografico, basta considerare il fatto che la Sicilia è un’isola e ha un’influenza diversa sulle persone rispetto ad altri posti. Accanto all’amore per la nostra tradizione, per la musica italiana c’è anche la grande passione per il rock, per le distorsioni che nascono dall’altra parte dell’oceano che ci ha dato tanto e che speriamo possa farci realizzare ancora tante creazioni”.

In Supereroi,  la title track, si parla di “luna storta”, di “tempi di attesa”, si incita ad urlare ad un “universo aperto ai nostri sogni”. Chi sono questi supereroi “disillusi e con gli occhi rossi”? Sembrano quasi i rappresentanti della generazione dei trentenni di oggi, che lottano per un sogno ma che devono fare i conti con la realtà.

A: “Assolutamente sì! Questa canzone è un po’ dedicata a noi, alla nostra generazione, che spesso ha la sensazione di aver realizzato solo castelli di sabbia. In realtà dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo costruito nonostante le difficoltà, bisogna avere un atteggiamento positivo e pensare che ci sono cose che funzionano e che possono migliorare ancora di più. Gli eroi sconfitti ci interessano poco. Quindi la definizione “supereroi” è ironica, non c’è niente di super, magari si è solo un po’ fuori dall’ordinario,  è una dedica a noi”.

La musica può essere un’arma da supereroi?

A: “Certamente, una bellissima arma. Ognuno ha la sua, la musica è sicuramente la più accessibile, che potrebbe accomunare tutti”.

Strisce parla di un “gioco pericoloso molto costoso”, “una medicina che non ha mai guarito”. Forse è un modo di  affrontare argomenti delicati sotto una veste amaramente ironica?

A: “Diciamo che il riferimento è a tutti quei sistemi superficiali e vuoti, che sia la droga, che sia il gioco d’azzardo, qualsiasi meccanismo che può portarti fuori strada facendoti indossare un vestito a strisce, che è quello della prigione. Il riferimento è al fatto di sentirsi speciali attraverso uno status,  un’immagine piuttosto che grazie ad un contenuto, questo succede quando diamo più importanza a quello che abbiamo che a quello che siamo”.

Buona parte dell’ultimo lavoro è stato coprodotto da un mostro sacro della scena rock italiana, Piero Pelù; come è nata e come si è svolta questa collaborazione? E cosa ha significato per voi?

A: “Piero Pelù era un nostro fan e diceva che voleva collaborare con noi da tempo. Siamo andati a casa sua ad ascoltare i provini, ma lui fin da subito ci ha riferito che i lavori suonavano già come un album fatto e ci ha riempito di motivazione. Noi eravamo quasi pronti ad entrare in studio, ci mancava solo una terza persona che si mettesse con noi a ragionare su come potessero funzionare alcune cose. Il contributo di Piero è stato micidiale, inoltre abbiamo avuto la possibilità di lavorare con un produttore che non è solo un musicista ma soprattutto un cantante, questo ha aiutato tantissimo la mia maturazione vocale, mi ha fatto capire come potevo usare al meglio questa mia arma. Abbiamo trovato grande professionalità ma anche grande umanità con tutte le persone con le quali abbiamo collaborato, c’è stato grande coinvolgimento creando quella magia che si realizza solo quando lavori con le persone giuste”.

E la grinta di Piero?

A: “Impressionante! Lui è una persona pragmatica, un grande professionista, ci ha dato tanto!”

Piero Pelù rappresenta una figura significativa nella vostra carriera, mi riferisco alla vostra apertura al concerto reunion dei Litfiba al Traffic Festival di Torino con più di 40.000 persone!

A: “Un’emozione grandissima. Era durante una delle prime reunion  della Trilogia del potere, Piero ci ha chiamati per aprire…inutile dirti la nostra soddisfazione: Piero, i Litfiba, 40.000 persone!”.

Il disco è impreziosito anche da importanti partecipazioni come quella de I Tre Allegri Ragazzi Morti, di Vincenzo Vasi e di Umberto Maria Giardini. Dove troviamo esattamente gli apporti? Come è lavorare e condividere con altri colleghi?

A:Mondo al contrario con i Tre Allegri Ragazzi Morti, Gravità zero con Umbeto Maria Giardini e Vincenzo Vasi, in La finale c’è il bassista dei Sacri Cuori Checco Giampaoli. Le collaborazioni, oltre ad aumentare il numero di attori messi insieme, le abbiamo volute soprattutto perché sono persone che abbiamo incontrato durante la nostra carriera, che conoscevamo e ammiravamo. Volevamo che queste energie, che in un certo modo avevano fatto parte del nostro percorso, si concretizzassero che entrassero a far parte del bagaglio umano. Oltre alle parole e alle note le collaborazioni lasciano energie,  lasciano l’interiorità che sta dietro al  lavoro”.

La vostra casa discografica è La Tempesta Dischi, un’etichetta indipendente, o meglio un “collettivo di artisti” come è stata spesso definita. La filosofia che la distingue, infatti, è proprio quella di interpretare la musica come “proprietà” degli artisti. Il vostro è un modo di credere e sostenere la musica indipendente in Italia?

A: “Più che sostenere la musica indipendente noi per il momento ne facciamo parte e noi come tanti altri gruppi dobbiamo ringraziare La Tempesta. La caratteristica di questa etichetta, che come hai detto tu è più che altro un collettivo, è quella di non guardare i numeri ma le energie, la firma musicale. Questo permette di produrre ancora gruppi che sono un po’ fuori dalle righe e che si distinguono per uno stile, per una penna; ogni gruppo della Tempesta ha un suo carattere distintivo, c’è grande varietà. E’ l’unica etichetta che ha creduto in gruppi particolari, fuori dagli schemi ed è l’unica in Italia in questo momento”.

A breve partirà il tour, l’altra parte del vostro lavoro.  In quale dimensione vi vedete meglio, in studio o sul palco?

A: “Noi amiamo entrambi gli aspetti, sicuramente il live è importantissimo, è il momento dell’azione della musica, nell’era digitale il contatto con il pubblico, lo scambio di energie con le persone è ancora una parte fondamentale. Quindi non vediamo l’ora!”.

 

 

Tracklist

Sempre in Fuga

Supereroi

Tornare da te

Strisce

Aquila Solitaria

L’amore che Porti

La Finale

Mondo al Contrario

Messico

Qui e Adesso

Gravità Zero

 

           Sabrina Pellegrini

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