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Primo Maggio di Roma- L’anno zero del concertone

by InsideMusic

Il report del concerto del Primo maggio 2018 a Roma per insidemusic

 

La mia generazione ha perso, quella di mio padre amava vincere facile, quella dei ragazzini che potrebbero essere miei figli non ha neanche giocato.

Il concertone del Primo Maggio è riassumibile nel tweet di Sfera Ebbasta dopo la sua esibizione “Avevo due rolex sul palco”. Il concerto più contemporaneo che si potesse immaginare. Contemporaneo nel senso che la politica era l’ultimo dei pretesti per salire su quella ribalta, con buona pace di Lodo, frontman de Lo Stato Sociale, che con la sua band a suon di slogan politici aveva cominciato a muovere i primi passi.

Sarà un caso che da un po’ di anni a questa parte si è sentita l’esigenza di cominciare un percorso nuovo, diverso e parallelo a quello del concerto organizzato dai sindacati a Piazza San Giovanni?

La scaletta di quest’anno ha schierato a Roma molti dei nomi più ricorrenti nei cartelloni dei maggiori festival di musica alternativa o emergente. C’erano quasi tutti, Gazzelle, Canova, Galeffi, Mirkoeilcane, Francesca Michelin, Sfera Ebbasta. Sotto al palco tanti ragazzi, molto giovani, nessuna bandiera, tantomeno quella dei quattro mori.

Ambra e Lodo conducono in modo molto istituzionale, il trasporto è poco un po’ per la lontananza di certi temi dal mondo di Ambra un po’ per l’impaccio di Lodo a gestire una piazza tanto grande ed al contempo a dover parlare di sicurezza sul lavoro seguendo il canovaccio dato dagli autori, attento a non dire parole fuori posto. Una delle poche cose buone de Lo Stato Sociale era la spontaneità, imbrigliata nelle rigide regole del politicamente corretto ha finito per far fare al gruppo di punta di Garrincha la stessa fine dei sindacati che organizzano il concertone. Entrambi agonizzanti.

Un concerto contemporaneo si diceva, perché per nulla politico. In qualche modo pre-politico, con artisti osannati dai ragazzi nelle prime file venuti in Piazza San Giovanni a promuovere i loro singoli o i loro tour, vedi Sfera ed Ermal Meta. Non ci avete fatto niente, così canta il pubblico, incurante della mancanza di lavoro, incurante della mancanza di un’offerta musicale degna di questo nome. Ma forse è anche un po’ il gioco delle parti. Probabilmente non c’è nemmeno la sensazione di perdersi qualcosa come un futuro degno di questo nome.

La Trap è stata la grande protagonista di quest’edizione, vera grande novità musicale degli ultimi anni, che fa grandi numeri tra le giovani generazioni e che in molti della vecchia guardia continuano a denigrare con la puzza sotto al naso liquidando il tutto con le solite frasi di circostanza “non so nemmeno chi sia questo Sfera Ebbasta”. Ma probabilmente una domanda dovremmo farcela se quando sale Gianna Nannini sul palco deve fermare l’esecuzione di “Sei nell’anima” perché nessuno sotto al palco conosce le parole mentre poi con Sfera il pubblico è in delirio totale. Per parafrasare gli Zen Circus, che hanno fatto un po’ da collante tra varie generazioni di musicisti emergenti, “stiamo diventando i nostri genitori”

E’ una generazione pre-politica che usa linguaggi totalmente diversi da quelli che anche sul palco di Taranto continuano ad essere celebrati, con tanto di tarantelle, musica balcanica e combat-folk ancora in loop. Il futuro di questo paese guarda ai Frah Quintale ed alla Trap, la piazza si riempie per artisti con cui molti di quelli che scrivono di musica faticano ad entrare in contatto. E’ il gioco delle parti, un quarantenne non può davvero comprendere il linguaggio di un artista nato meno di vent’anni fa, ed anche quando si sforza di farlo usa categorie e riferimenti sbagliati. Questa asimmetria comunicativa rappresenta bene il concetto di contemporaneità di questo palinsesto che è stato apprezzato molto più dai ragazzi che dagli addetti ai lavori. In qualche modo, provocatorio, forse quest’edizione del concertone era persino troppo sperimentale. Molti osservatori non erano preparati a dover incasellare tanti artisti, anche mediocri, con tanto riscontro tra i giovani.

Il pubblico è cambiato, ai concerti si è abituati più a fare i video ed a condividerli sui social che ad afferrare il cantante che si butta sulla folla per fare crowd-surfing. Lo ha capito Cosmo che lanciandosi sul pubblico è finito dritto a terra. È difficile afferrare una persona che ti si butta addosso se con una mano afferri il cellulare. Lo ha detto anche lo stesso Cosmo dopo l’episodio “mi dispiace per quelli delle prime file che si sono beccati 80 chili di realtà addosso”.

In questo contesto musicisti come Carmen Consoli, John De Leo,  Max Gazzè ed i Ministri apparivano come i reperti di un mondo che ci siamo lasciati alle spalle da un pezzo. La loro musica era su un altro livello rispetto alle nuove leve e forse anche per questo era compresa di meno, apprezzata di meno, cantata di meno. Addirittura Gazzè ha osato portarsi dietro un’orchestra. La cantantessa ha suonato tre pezzi in siciliano voce e chitarra, John De Leo ha fatto una cover di De André e suppongo che molti dei ragazzi in piazza ignorassero chi fosse de Leo ma anche che canzone stesse cantando.

Della scaletta pomeridiana di sicuro le cose migliori le hanno portate Wrongonyou, che meritava una collocazione più consona, Dardust ed Erio, vere e proprie voci fuori dal coro a livello di sound e potenza interpretativa.

La serata si chiude con i Calibro 35 che giocano un campionato a parte, la loro esibizione rapisce per ricchezza musicale e ritmo incalzante. Ultimo ma non meno importane Fatboyslim che cerca di far diventare Piazza San Giovanni una succursale dell’Ushuaia di Ibiza, il programma televisivo termina con Ambra e Lodo inquadrati con espressioni intimorite nemmeno fossero in un rifugio antiaereo a ripararsi dalla musica del dj inglese.

Il concertone meno politico degli ultimi anni termina con la consapevolezza di aver assistito al passaggio di un testimone generazionale, i nomi altisonanti sono stati del tutto assenti, si è giocato in casa pescando tra le nuove leve e lo spettacolo in qualche modo ne ha risentito. Sono mancate anche le voci femminili se si escludono Maria Antonietta nelle prime ore del pomeriggio e Carmen Consoli, ma questo è un discorso più lungo che merita altri approfondimenti. Per forza di cose il voler percorrere due strade parallele con Taranto ha impoverito entrambi i palchi, ognuno con una sua proposta ben definita. È stato un concerto contemporaneo come è contemporanea la difficoltà ad assimilare nuovi generi e nuovi artisti, la stessa difficoltà che si riscontra nel portare questi nuovi stili ad un livello superiore. È come trovarsi ad un anno zero della comunicazione sia musicale che politica, si è ballato su delle macerie, chi c’era prima vedeva solo le rovine, chi è appena arrivato forse ha visto uno spazio vuoto su cui costruire qualcosa, anche se non sa bene cosa.

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