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Ghemon: Scritto nelle stelle – Recensione

by Raffaele Calvanese

Qualche  anno fa, precisamente nel 2018, è uscito un bel libro “L’uomo che trema” di Andrea Pomella. In quel libro si racconta una storia che da personale diventa universale, una storia di caduta e rinascita senza una redenzione perpetua, perché, forse è una delle cose che più mi è rimasta addosso da quella lettura: non ci si può mai dire completamente fuori da una storia come quella del protagonista. La storia di una depressione.

In una delle sue pagine più intense l’autore dice:

L’opacità è dei sani. Lo è perché il non vedere l’esatta forma delle cose è il dispositivo di natura attraverso il quale ci salviamo da noi stessi.

Il percorso artistico di Ghemon è una rinascita, un’elaborazione del lutto, un guardarsi allo specchio ed in qualche modo la strada è scritta nelle stelle, come il titolo del suo ultimo bellissimo album. Inizialmente l’uscita era prevista per fine Marzo ma il rapido precipitare degli eventi ha fatto slittare tutto, fino a mettere a rischio completamente l’uscita. In giorni come questi ci rendiamo conto di quanto i dischi nuovi e la musica da scoprire siano importanti nella vita delle persone. Per questo motivo l’uscita, seppur posticipata di Scritto nelle stelle è come ossigeno puro in giornate che sembrano tinte solo di claustrofobia.

Quelli di Ghemon non sono album come gli altri, spceialmente gli ultimi due. Rappresentano un percorso musicale e personale, un modo di mettere ordine nell’incredibile quantità di input che ogni essere umano che lascia le difese abbassate improvvisamente si trova a fronteggiare. Dopo la mezzanotte uscimmo a riveder le stelle. Questo disco tra Avellino e l’America è fatto di un suond compiuto, di un r’n’b ormai arrivato a maturazione completamente immerso di tutto il background che Ghemon ha accumulato negli anni.

Le sequenze e le influenze anni 80 sono maggiormente presenti rispetto a Mezzanotte, (vedi alla voce Due settimane). In particolare in questo disco rispetto ad album rap nel senso classico del termine i ritornelli riassumono un’importanza superiore, quasi mutuabile al pop, vedi brani come In un certo qual modo o Champagne. Si parla d’amore, di amicizia e di elaborazione dei lutti che la vita ci porta continuamente ad affrontare.

Come nel libro citato in apertura anche questo album è la storia di un artista che si guarda dentro, mettendo insieme passato presente e futuro e prova a costruire una nuova narrazione di sé e del mondo circostante con una consapevolezza nuova e lo fa usando tutte le armi che ha: l’intelligenza, la forza delle parole, la letteratura, l’arte, la musica, l’ironia, la memoria.

Un inguaribile romantico che non ha smesso di tremare, ma che sa qual è la sua strada e che un passo dopo l’altro, un disco dopo l’altro continua a regalarci emozioni tenendo le difese abbassate, perché l’unico vero modo di comunicare qualcosa di importante è proprio guardare in faccia i propri mostri,che sono gli stessi di chi ascolta e non solo di chi canta, e Ghemon in questo è davvero uno degli artisti migliori in grado di farlo.

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