Il cantante pisano chiude a Roma la lunga serie di live che ha portato il suo disco d’esordio, La fine dei vent’anni, in giro per l’Italia. Splendida aperura di Paolo Benvegnù.
“Sarebbe bello finire così, lasciare tutto e godersi l’inganno”, dice Motta nel pezzo Del tempo che passa la felicità. Forse è proprio questo che ha pensato il cantante ieri a Villa Ada, ultima tappa di un tour lunghissimo, con oltre 100 date e di grande successo.
La fine dei vent’anni è stato un disco d’esordio che ha trovato un ottimo riscontro di critica e di pubblico. Grazie alla sua prima fatica discografica il cantante toscano ha vinto importanti riconoscimenti, come la Targa Tenco 2016 per il Miglior Album d’Esordio e il Premio Speciale PIMI 2016 del MEI.
Ai primi posti di tutte le classifiche per il miglior album 2016, ha riempito oltre 100 location, tra live club, teatri e festival, ha partecipato al Concerto del Primo Maggio e al Biografilm Festival di Bologna.
Motta è un polistrumentista che in passato ha lavorato con nomi del calibro di Nada, Pan Del Diavolo, Zen Circus e a Giovanni Tuppi. Dopo aver dato voce alle turbolenze dei vent’anni nei due dischi dei Criminal Jokers, Francesco ha deciso di cambiare direzione, con versatilità e creatività, è uscito allo scoperto, da solista, per parlare questa volta della soglia dei “trenta”, per raccontare la crescita, la consapevolezza con tutta la scia di esperienze, errori e vittorie applicate alla società odierna.
Cesare Petulicchio dietro le pelli, Federico Camici al basso, Giorgio Maria Condemi alla chitarra e Leonardo Milani alle tastiere hanno accompagnato Motta ieri nell’ultima tappa del tour, con grinta e passione, assecondando e sostenendo il cantante proprio come una famiglia, come ha definito lui stesso l’intero gruppo di lavoro. Una famiglia unita, che ha condiviso un anno intenso, ricco di emozioni e di live in tutta Italia.
L’esordio da solista del cantante pisano è stato pubblicato da Sugar e vede la produzione artistica e la co-scrittura di Riccardo Sinigallia. Un disco variopinto che miscela sonorità elettriche, punti pop e pennellate di pasyco rock. La scrittura è accattivante quanto semplice nella resa limpida del quotidiano così come nei voli pindarici della mente.
Il concerto di ieri è stato una vera festa di commiato, un arrivederci commosso per il quale Motta ha avuto l’onore di ospitare un artista del calibro di Paolo Benvegnú. Una vera punta di diamante che con la sua umiltà e sensibilità artistica ha aperto nel migliore dei modi il live.
Oltre quaranta minuti nei quali l’ex chitarrista degli Scisma ha suonato ben dieci pezzi, molti estratti dall’ultimo successo discografico H3+: da Nello spazio a Suggestionabili a Goodbye Planet passando per Olovisione, Se questo sono io, Il mare è bellissimo e chiudendo con No drinks, no food. La voce calda di Paolo, il timbro suadente e profondo, la sua tipica discrezione e dolcezza hanno preparato l’atmosfera. Il cielo si era liberato dalle nuvole che avevano minacciato Roma durante la giornata, il parterre di Villa Ada era pieno e l’aria carica di attesa per una delle promesse dell’indie e del cantautorato italiano.
Francesco entra carico di energia, si dona completamente dalla prima nota, non si risparmia, scatena mitragliate di colpi e di grinta sulle pelli, fa cantare la sua chitarra. Salta, balla, incita il pubblico, a volte si isola dietro agli strumenti, quasi invasato, trascinato in un’altra dimensione dalla sua musica.
Inizia a percorrere le dodici tracce del suo disco che, dopo un anno, il pubblico conosce alla perfezione. Si canta insieme sulle note di Se continuiamo a correre, Del tempo che passa la felicità, Prima o poi ci passerà, alternando riff infuocati al groove più intimo, a sound sfaccettati. Non mancano dediche e tematiche attuali, con Mio padre era comunista, Una maternità e Sei bella davvero. Piacevoli anche i due brani dei Criminal Joker, Bestie e Fango.
Timbro nasale e graffiato, a tratti dolcemente gracchiante, piacevolmente pungente. Ulula sulle corde, salta sulle note e amoreggia con le melodie. Poi si ferma, su un lungo pezzo strumentale e ammira il pubblico, osserva, orgoglioso e commosso, come a voler incamerare tutta quell’energia, imprimere nella memoria quegli occhi e quei sorrisi.
I capelli arruffati davanti agli occhi non coprono lo sguardo pieno di gratitudine per il pubblico che lo ha seguito in questo lungo tour e che ha dato respiro al suo disco d’esordio.
Dopo una breve uscita sale per chiudere e lo fa con una tripletta significativa: Roma stasera, Abbiamo vinto un’altra guerra, Prenditi quello che vuoi.
Si sente già la malinconia nella voce di Francesco durante i ringraziamenti, in realtà si avverte fin dall’inizio del concerto, una vena di quella nostalgia dolce nel ricordo e aspra nel presente di chi sa di aver vissuto un’esperienza unica, una condivisione di musica e di vita e che ora è arrivato il momento di prendere una pausa, solo un respiro già pieno di nuove idee e progetti.
“Giuro che ci vediamo presto!”, conclude il cantante e continua a ringraziare, a temporeggiare, sembra non voler lasciare il palco e il suo pubblico, che già gli manca tanto.
Scaletta di Paolo Benvegnù
- Nello spazio
- Suggestionabili
- Goodbye Planet
- Olovisione
- Una nuova innocenza
- Se questo sono io
- Avanzate, ascoltate
- Slow Parsec Slow
- Il mare è bellissimo
- No drinks, no food
Scaletta di Francesco Motta
- Se continuiamo a correre
- Del tempo che passa la felicità
- Prima o poi ci passerà
- Mio padre era comunista
- Una maternità
- Sei bella davvero
- Bestie
- Fango
- La fine dei vent’anno
- Cambio la faccia
- Roma stasera
- Abbiamo vinto un’altra guerra
- Prenditi quello che vuoi
Report di Sabrina Pellegrini
Foto di Laura Sbarbori
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