Matteo Mobrici (Canova): “A Napoli sarà certamente un concerto molto emotivo, le nostre canzoni dal vivo prendono tutt’altra forma insieme al pubblico, si verrà a creare un’atmosfera di festa anche su canzoni deprimenti, fa parte della magia dei nostri live!”
Riecco la rubrica più indipendente del web – Gioved-Indie – ospite della settimana è Matteo Mobrici, leader della band Canova, in tour per presentare il secondo album in studio – Vivi per sempre – pubblicato lo scorso 1 marzo per Maciste Dischi e Artist First.
Ciao Matteo, benvenuto nella nostra rubrica del giovedì più indipendente del web, Gioved-INDIE, domanda introduttiva generale: cos’è per te l’INDIE e cosa si mantiene ancora INDIPENDENTE?
Ciao a tutti i lettori di Inside Music! Credo che l’indie sia sicuramente un’attitudine, ma ancor più importante è il concetto di indipendenza. Noi siamo indipendenti specialmente nella libertà artistica, anche in quest’ultimo disco ci siamo realmente tappati le orecchie ed abbiamo seguito solo noi stessi. La nostra etichetta Maciste Dischi ci ha dato libertà totale e questo per noi significa indipendenza. Se ci allontaniamo dalla musica, invece, credo che il web costituisca uno strumento indipendente, dove si ha la possibilità di informarsi dove meglio si preferisce, senza che ti propinino qualcosa in televisione. Il nostro è certamente un tempo in cui hai la fortuna di poter essere indipendente.
Inside Music è la webzine che ti porta nel cuore della musica e, dunque, ti chiedo subito di parlarmi del nuovo album: qual è l’anima di “Vivi per sempre”?
“Vivi per sempre” non ha una sola anima, bensì diverse: non è un concept album, ma una raccolta di canzoni, quindi siamo stati attenti nella selezione di questi brani, ne avevamo tanti altri ma la nostra scelta è ricaduta su questi nove affinché il disco suonasse abbastanza omogeneo ma che allo stesso tempo avesse all’interno canzoni diverse sia come tematiche sia come sentimenti. Si tratta di un disco libero, sincero ed autobiografico.
In cosa differisce questo disco rispetto al suo predecessore? Avete seguito lo stesso iter per ciò che riguarda composizione, registrazione e missaggio?
Per quanto riguarda la scrittura abbiamo seguito lo stesso iter, ovvero io ho composto i brani ed in seguito insieme alla band abbiamo deciso di far suonare queste canzoni in un modo diversa dalla loro nascita. Per tutto il resto, invece, c’è stato un approccio diverso, tre anni fa incidemmo quel disco in maniera totalmente indipendente, ovvero le spese furono tutte a nostro carico. Per questo disco abbiamo affidato la produzione a Matteo Cantaluppi, abbiamo lavorato in team con lui, non ha snaturato il nostro suond per cui gli siamo molto grati per non essere entrato a gamba tesa ed averci lasciato il nostro spazio.
Nottambuli e libertini, ma allo stesso tempo anche romantici e diretti. Secondo te qual è il segreto del successo dei testi malinconici ed autoironici dei Canova?
Secondo me non vi è alcun segreto, ma certamente svolgono un ruolo fondamentale la spontaneità e la genuinità, due elementi che sono stati molto lontani dalle orecchie delle persone, credo che ci sia stato un brutto pop per almeno una ventina d’anni e anche la stessa parola “pop” era stata abbastanza sporcata. Adesso, invece, c’è sicuramente più libertà nella proposta, le nostre canzoni nascono dalla vita di tutti i giorni e hanno trovato la loro casa.
“Goodbye goodbye” è il vostro singolo in rotazione radiofonica, scritto subito dopo la vostra visita agli Abbey Road studios a Londra. Quale genesi si nasconde dietro questo brano?
Qualche giorno prima di registrare il nuovo disco ci siamo regalati questa vacanza, o meglio un sorta di viaggio spirituale perché per noi Londra rappresenta un punto fermo a livello artistico, così come gli Abbey Road studios costituiscono il tempio della musica. È stata un’esperienza parecchio emotiva, ci sono state vicende che hanno colpito in maniera positiva, altre in modo negativo: Londra è ormai diventata la città al centro europeo della globalizzazione, dunque ci siamo ritrovati a dir poco spaesati ed abbiamo respirato davvero poco della cultura inglese. La sera stessa del nostro rientro ho scritto immediatamente la canzone e l’abbiamo inserita subito nel disco, quindi posso dire che da un’esperienza non proprio positiva è nato qualcosa di molto interessante.
In “Avete ragione tutti” facevate riferimento ad alcuni dei vostri modelli musicali, quali i Doors e gli Strokes. Ascoltando “Ramen” si può apprezzare anche una certa influenza dei Coldplay…
Assolutamente sì. Mentre nell’album precedente si trattava di citazioni testuali, nel nuovo disco sono citazioni musicali, oltre ai Coldplay abbiamo inserito qualcosina dei Blink 182, così come non potevano certo mancare riferimenti agli Oasis. Abbiamo tramutato così i nostri ascolti in ciò che siamo noi, si tratta del grande passaparola della musica, che si evolve e prende anche nuove strade.
Non ti chiedo di Mahmood e Ultimo, ma qualche anno fa vi presentaste a Sanremo Giovani con “Io, te e Lucia”. In futuro ci riproverete? E che ne sarà di quel brano, lo inciderete?
Quell’anno non entrammo a Sanremo, forse per fortuna, davvero per un pelo, questo brano ce lo chiedono ancora in tanti, quindi è probabile che in futuro lo inseriremo in un album, quando saremo pronti anche noi. Non siamo molto amanti della musica in competizione, non posso dirti a priori che non riproveremo a partecipare, anche perché poi le strade della vita non sai mai dove ti portano, ma nel momento in cui avremo una canzone che ci chiederà di partecipare ad una gara, allora a quel punto noi ci andremo. Dipenderà tutto dalle canzoni.
In tour state proponendo anche la cover di “Rolls Royce” di Achille Lauro, la vera rivelazione all’ultima edizione del festival. È un brano in pieno stile Canova, l’avreste voluta scrivere voi?
Assolutamente sì, abbiamo deciso di arrangiarla al volo un paio di giorni prima di partire per il tour e di proporla dal vivo proprio perché ha quell’attitudine che magari avremmo voluto portare noi, quindi sicuramente è un brano che sta nelle nostre corde. Ai nostri fan sta piacendo molto e costituisce il momento del concerto in cui si salta e basta.
Siete stati protagonisti dello speciale Tg1 sul nuovo panorama musicale italiano, a tuo parere a che cosa è dovuta l’esplosione della cosiddetta scena indipendente?
Secondo me è il naturale frutto di anni e anni di “brutto pop”, come ho accennato già in precedenza. I talent show hanno creato un distacco gigante da parte del pubblico, le proposte dei nuovi artisti avvenivano praticamente solo da Sanremo e dai talent show. In quel periodo partecipammo anche ad “Amici”, ma evidentemente per fortuna non eravamo ancora maturi, una versione dei Canova molta acerba. È un’esperienza che ovviamente non rifaremmo, anche se abbiamo imparato quale sia la strada da non seguire, ovvero quella che non fa per noi. Questo nuovo movimento, invece, è stato reso possibile dalla gente, abbiamo iniziato a suonare in piccoli locali dove veniva a sentirci pian piano sempre più gente.
Nella mia recensione del vostro nuovo album ho azzardato un paragone, etichettando la title track come una sorta di “Vita sociale” 2.0, ci ho visto giusto?
In un certo senso sì, sicuramente a noi piaceva questo gioco di ribaltare totalmente le carte, lo slogan del primo disco era appunto “vorrei morire”, mentre noi volevamo ritornare con l’esatto contrario “vivi per sempre”, non soltanto per far capire di aver fatto un passo in avanti, del resto sono trascorsi tre anni dalla scrittura dei brani del primo album, ma anche per dare a chi ci ascolta un altro punto di vista, uno sguardo un po’ più ampio.
Lo scorso 20 marzo è partito il vostro tour, proprio dall’Alcatraz nella vostra Milano, dove si era concluso l’ultimo capitolo di “Avete ragione tutti”. Venerdì prossimo, invece, sarete a Napoli: cosa dobbiamo aspettarci?
Certamente sarà un concerto molto emotivo, queste canzoni dal vivo prendono tutt’altra forma insieme al pubblico, si verrà a creare un’atmosfera di festa anche su canzoni deprimenti, fa parte della magia dei nostri live, che rappresentano la metà della nostra attività. Proporremo una scaletta frutto del giusto mix tra le nuove canzoni e i brani del primo disco.
Ti saluto con un gioco: scegli un tuo collega indipendente a cui inviare un messaggio, una nota di stima, un vaffanculo, chiedere un featuring, io proverò a sentirlo ed aprirò la sua intervista con il tuo appello. Chi scegli e cosa senti di dirgli?
Scelgo Gazzelle e il mio messaggio per lui è: “Suca”. Lui capirà…
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