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La romanità di G.G. BELLI nella musica degli ARDECORE – INTERVISTA

by Alessia Andreon
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Gli ARDECORE hanno presentato, lo scorso ottobre, il loro doppio album e libro “996 – LE CANZONI DI G.G. BELLI“, un nuovo ed innovativo progetto, dedicato al grande poeta romano Giuseppe Gioachino Belli.

Belli è una figura rappresentativa della romanità in quanto ha realizzato un’opera enorme, composta di oltre 2000 sonetti che hanno dato voce, dignità e “lingua” al popolo di Roma.

In questa intervista il gruppo, per voce di Giampaolo Felici, racconta come siano stati affascinati da uno degli autori più rappresentativi della letteratura romana, tanto da cercare di dare una seconda vita ai suoi testi.

Un lavoro complesso quello ideato dal leader del progetto Ardecore, vista l’ampia produzione di Belli, ma che li sta’ ripagando con un ottimo successo.

Vi siete sempre distinti per il lavoro di valorizzazione della cultura popolare romana e per gli arrangiamenti che sottolineano questo lavoro di riscrittura, ma qual è stata la scintilla che vi ha fatto intraprendere questa strada?

Onestamente non lo ricordo più quale sia stata la scintilla iniziale.

Dapprima era più un paradosso forse, o anche una specie di sfida con noi stessi.

Approcciare ad un mondo che non era il nostro, la curiosità di trovare un ponte con quello del folk, soprattutto con la canzone e la lingua romana, una dimensione che era solo da ricercare.

In qualche modo è stata una motivazione per sperimentare in una direzione che ci attraeva. Non avevamo intenzioni particolarmente durature. Solo poi abbiamo capito che era bene continuare a starci dentro.

Con “996 – LE CANZONI DI G.G. BELLI” avete dovuto fare anche un importante cernita all’interno della sua prolifica produzione letteraria.
Quanto tempo e impegno c’è voluto per arrivare a questi due album?

Io personalmente ci ho lavorato su un paio di anni prima di coinvolgere gli altri alla concretizzazione delle strutture.

Chiaramente parliamo di un periodo di tempo in cui cerchi più che altro una strada, quello dell’ispirazione, piuttosto che un vero lavoro costante e giornaliero. Che poi è il periodo più difficile, quello del foglio bianco, che non sai che forma avrà e soprattutto se sia quella la strada giusta.

Concretamente diciamo che ci sono voluti più di quattro anni, dal primo brano concluso, fino all’uscita del primo volume.

Gli album hanno una forma particolare, infatti, sono scaricabili tramite QR code dal libro che è l’unico supporto fisico che avete voluto consegnare nelle mani dell’ascoltatore.
L’intento era quello di dare una nuova vita alla poetica di Giuseppe Gioacchino Belli tramite un’esperienza immersiva nella sua poetica?

Il materiale che costituiva l’idea iniziale era tanto. Non sarebbe potuto rientrare in un supporto piccolo come è quello di un cd, né tantomeno dentro l’essenzialità di un disco in vinile.

Il libro è lo sfondo adatto sia per il tema che per la complessità che il suo sviluppo comportava.

Ci sono dentro due introduzioni al Belli, a parte una nostra, estrapolata da quella originale del poeta, trovi quella di Marcello Teodonio, che è il personaggio più accreditato al mondo per scrivere del nostro poeta preferito.

Poi ogni canzone ha una copertina, i testi, le note di GG Belli e quelle di Teodonio e poi tutte le partiture sui sonetti, che sono la parte che trasforma in canzoni e aggiunge le ambientazioni alle immagini create dalle sole parole. Un po’ il frutto leggibile del nostro sforzo.

All’interno ci sono tutte le storie e i personaggi che ci sembrava importante raccontare.

È molto istintivo, molto emozionale quello che ci trovi dentro.

Il Belli, certamente; soprattutto quello che ha voluto rappresentare nei personaggi di un tempo che è tutt’altro che lontano.

Le storie, i discorsi e le emozioni, sono come sarebbero nella vita attuale. Niente nei racconti, rimanda ad un mondo che non abbia gli stessi difetti di quello che viviamo ora.

Ad arricchire i testi ci sono anche le illustrazioni di Scarful. Com’è nata l’idea di dare un vestito non solo a questi due album, ma anche ad ogni singola canzone?

Scarful ha disegnato tutti i nostri lavori in precedenza e anche su questo è stato il primo ad esser coinvolto. Non ha detto di no perché anche se non lo dirà mai, ci vuole bene. Ha curato le copertine dei singoli dei due volumi.

Per le illustrazioni si è curato di riunire le tavole di più illustratori, e oltre alle sue, nel libro ci trovi quelle di Marcello Crescenzi, di Claudio Elias Scialabba e quelle di Ludovica Valori, che oltretutto è parte integrante del gruppo.

Siete una realtà consolidata del panorama artistico romano, con quasi vent’anni di attività del progetto Ardecore… ormai avete un pubblico affezionato! Come si accostano i “non romani” alla vostra musica?

Siamo sempre attratti e incuriositi dal suonare nel resto d’Italia e anche se siamo in un periodo difficile per la musica live, stiamo cercando di suonare più possibile, perché dal vivo si riesce a ricreare molto di quello che si è elaborato nella fase delle registrazioni.

Il pubblico, quale che sia il contesto, è sempre stato molto coinvolto durante i nostri live, anche perché i testi sono sempre molto drammatici, soprattutto quelli del vecchio repertorio. Comunque da questo punto di vista stiamo migliorando, dopo Vecchia Roma, questo è il secondo album in cui non muore nessuno dei protagonisti delle storie.

Certo, Lalla, su “la Mala fine” forse non ce l’avrebbe fatta … ma anche il condannato all’impiccagione su “Er confortatore”. Chiaramente anche Abele su “Caino”.

Comunque il sacrifico dell’agnello su “Er zagrifizzio d’Abbramo” sacralizza il tutto e torna la pace.

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