Anticipato dalla band intenta ad accordare gli strumenti, sono le 21.30 di questo mercoledì 23 maggio 2018, Claudio Domestico – in arte Gnut – saluta Napoli e si prepara ai suoi novanta minuti di spettacolo nella splendida cornice del Teatro Sannazaro, per la seconda tappa dell’”Hear My Voice Tour”.
Il nuovo EP del cantautore è stato registrato in Francia suggellando ulteriormente il sodalizio artistico con il paroliere Alessio Sollo, noto alla sua città per le innumerevoli poesie che regala ai suoi lettori sui canali social quotidianamente. “Hear My Voice sono quattro canzoni d’amore in una lingua in cui non esiste il verbo amare. In napoletano l’amore è soltanto un sostantivo – l’Ammore. Non è possibile dire in napoletano Ti amo, sarebbe tradotto con Te Voglio Bene”.
Una data molto attesa, poichè Gnut – a differenza dei suoi colleghi appartenenti alla medesima scena – non si mostra ai suoi fan unendosi ai vari collettivi urbani, fuori promozione, ma coltiva la sua arte in maniera intima e solista; esattamente la stessa atmosfera che ha riproposto in questa occasione.
Un pubblico adatto alla location, silenzioso, attento ad ogni accordo, ogni parola e ogni intenzione, anche quelle di “ciaccarella” che va accordata ad ogni brano, a dimostrazione della cura maniacale dei dettagli artistici profusa.
Un inizio in classico stile promozionale, si parte con i brani appartenenti all’ultima fatica professionale del duo SolDo (Sollo – Domestico), pronti a riscaldare il pubblico in sala.
“Questa canzone d’amore la amo follemente, in realtà i brani erano già stati selezionati, quando Sollo ha pubblicato questa poesia e ho trovato un cuoricino di mio padre fra i commenti, e quindi per lui, per me, ho deciso di inciderla!”, è così il momento di “Nu Peccato”, brano condito da un notevole assolo finale di mandolino, eseguito da Michele Signore, passerella perfetta per la presentazione dei suoi musicisti.
E’ il momento dei brani cosiddetti “Nevergreen”, brani datati ma che non restano negli annali – a differenza degli Evergreen. “Dimmi cosa resta”, in una gag di fan action con il pubblico che diventa parte integrante della band, battendo a ritmo le mani. Un cantastorie d’amore è Gnut per il suo pubblico, ma evidentemente deve esserlo anche per chi tali sentimenti in lui li ispira; è il momento del brano “Il resto del corpo”, nato in un pomeriggio di pioggia con la testa della compagna addormentata sul suo petto, in un fiume di sentimenti che andavano musicati. Breve parentesi goliardia sul famigerato “Giro di Do”, brano nato da un’esigenza “accademica” di aver coscienza di accordi e tempi, in una arte permeata sempre dall’autodidattismo e dall’improvvisazione. Un brano che si chiude in un medley dei veri evergreen italiani, composti in Giro di Do, con una inedita imitazione di Battiato conclusiva.
A proposito di amori e di ispirazioni, non manca il tributo alla famiglia, condensata in un testo ispirato alla triste storia della sua bisnonna e del suo amore sbagliato, “Solo una carezza”, già precursore di un tema così attuale adesso come la violenza sulle donne. Argomento che deve essere particolarmente caro all’artista, che continua la sua performance live con “Nu poco ‘e bene”, brano suonato in macchina a diverse prostitute in occasione della Festa della Donna, per regalare anche agli emarginati un sorriso.
Abbiamo aperto questo pezzo sottolineando l’intimismo del cantautore, questo suo lato è enfatizzato nel momento in cui la band lo lascia solo sul palco, permettendogli di eseguire alcuni brani raramente suonati in un live, tra cui “Quello che meriti”, un arrivederci e un ad maiora al mister Sarri.
“Ora finalmente un pezzo allegro, che parla di solitudine!”, scherza Claudio ironizzando sul contenuto cantautoriale ed impegnativo dei suoi brani. La solita pantomima dell’ultimo finto brano Gnut decide di svelarla, “Quello che resta”.
Momento ospite, o potremmo dire autoriale, entra in scena un Alessio Sollo particolarmente ispirato, il duo svela così l’origine dei loro lavori. Per un periodo di tempo gli scambi di buongiorno via whatsapp tra i due, avvenivano attraverso le composizioni del poeta, a cui Domestico proponeva una bozza di armonizzazione, arrivando finanche a quaranta opzioni di brani. Eseguono insieme un pezzo blues “Uocchie senza core”, quando Alessio – rivolgendosi alla platea – racconta la sua idea di amore ideale “quello che dovrebbe imparare dall’amicizia”.
Ma gli ospiti non finiscono qua, a sorpresa entrano Colella (La Maschera) e Tartaglia (Tartaglia Aneuro), per eseguire insieme una inedita versione di “L’Ammore ‘o vero”, da Capitan Capitone del maestro Sepe.
termina così lo spettacolo, in un boato del pubblico che rivuole l’artista almeno per un saluto finale, è il momento di “Passione”, grande classico della musica napoletana, eseguito chitarra e voce.
Un artista legato alle sue origini, ma non impantanato nell’alibi della sua meridionalità. Gnut è un cittadino del mondo, ha vissuto per anni altrove, ma l’esigenza delle radici torna preponderante nel cuore di chi le ha salde dentro di sè. Rimettersi in gioco in un’altra realtà – difficile come quella del sud – è un atto coraggioso ma allo stesso tempo coerente. Una scelta apparentemente di nicchia, ma di pari passo con il motore della propria arte.
A cura di Fabiana Criscuolo e Lorenzo Scuotto
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