Ci era già successo di scandagliare la musica attraverso gli occhi di un addetto ai lavori, di un insider dietro le quinte, avevamo anche già intervistato un fotografo, così come un videomaker. Oggi il nostro viaggio nelle professionalità discografiche continua con una eccezione, anzi due: si tratta di una donna – dettaglio che purtroppo ancora oggi va rilevato come una perla rara in questo settore – ed è esperta in fotografia architettonica, prestata alla musica per ragioni umane, prima ancora che lavorative. Del resto la musica è condivisione, è passione, è unione.
Questo antefatto per presentare Lei, Claudia Camillo, classe 19… non si dice l’età di una donna, palermitana doc, attualmente “prestata” alla capitale olandese, sperando di riaverla presto in terra nostrana, con tutto il suo talento e la sua simpatia. Ha gestito la fotografia del videoclip “Inferno” di Meinskratch in collaborazione con DollyNoire, fotografa dei più grandi esponenti del mondo rap e r’n’b. Scambiamo quattro chiacchiere “internazionali” con lei.
Claudia Camillo: Fotografa autodidatta, esperta in architettura, blogger e appassionata di moda. A proposito di architettura: “Il mio primo amore, la mia ispirazione, il mio studio delle forme” così definisci questa categoria sul tuo sito. E osservando la foto Stairs ho subito pensato a Gabriele Basilico e alla sua Scale a chiocciola della Casa Balilla di Moretti. Inoltre avete anche alcune cose in comune: Basilico era un architetto, tu hai scoperto la passione per le foto architettoniche; Lui milanese, tu hai vissuto per un periodo della tua vita nella metropoli lombarda.
Ti ci rispecchi in lui o sei stata ispirata da altri fotografi?
Il mio primo amore e’ stata Vivian Maier, ricordo che comprai tutti i libri, mi documentai su tutto, volevo fotografare come lei. Poi arrivò la passione per Diane Arbus con la sua spontaneità cosi curata. Dentro di me però sapevo che la mia indole era un’altra, ovvero l’architettura che peraltro avevo sempre amato senza però scegliere architettura come indirizzo all’università! Sciocca me. Così piano piano mi avvicinai a Walker Evans e Berenice Abbott, Harold Allen e ai grandi amori come Berengo Gardin, Basilico, Guido Guidi, Mimmo Jodice e la smetto qui altrimenti vi annoierei. Quindi non so dirti chi mi ha ispirtato di più ma ti ho appena elencato i maestri che vi hanno insegnato la pulizia delle forme e il rigore.
Come mai prediligi il Bianco e Nero per le foto architettoniche e per i portrait?
Contrariamente a quanto si pensi il bianco e nero non toglie informazioni ma le aggiunge, rafforza la comunicazione che vogliamo ottenere, è evocativo perché negando colore all’immagine ne amplifica la magia; poi con il b/n è innegabile che la tridimensionalità sia più evidente così come la luce e la profondità. Poi, ormai mi conosci, amo l’eleganza è niente è meglio del bianco e nero.
Hai scattato anche per matrimoni. In Italia essere un fotografo o semplicemente un artista è difficile, almeno vivere di questo. Spesso e volentieri ho visto tuoi colleghi buttarsi sui matrimoni per arrivare a fine mese. È stato così anche per te?
No, nel senso che per fortuna a me il lavoro in Italia non è mai mancato. Quei pochissimi matrimoni che ho fatto sono stati un regalo ad amici che volevano foto diverse dai soliti book tutti uguali. Diciamo che amo moltissimo la ritrattistica ma di matrimoni ne faccio volentieri a meno. poi adesso si è fatto largo tutto un filone di foto di fidanzamento (engagement photo) tutte uguali che mi hanno fatto passare del tutto la voglia, sia di sposarmi che di immortalare quello degli altri. La gente ha poca fantasia e non ama rischiare; è difficile fare un servizio di nozze non banale che venga accettato dalla coppia.
Negli anni Settanta e Ottanta, un’espressione diffusa era “fotografo donna” per accentuare la presenza delle donne nel mondo della fotografia. Diciamo che la donna è sempre stata rappresentata dall’altra parte della macchinetta, la classica modella, musa ispiratrice e forse ancora oggi è così. Hai avuto difficoltà ad affermarti in questo campo?
Molte ma solo perché essendo una fotografa d’architettura e d’interni , l’ambiente è quasi tutto maschile. Poi lavorando spesso insieme al team di architetti e trovandomi a dover fare sopralluoghi nei cantieri, era sempre strano vedere arrivare il “fotografo Camillo” che però era donna 🙂
Ma veniamo adesso alla Musica – campo di pertinenza del nostro magazine – hai scattato per lo più nel mondo rap: Nayt, Jake La Furia, Andrea Rock. Questa scelta stilistica nasce dal tuo amore per la moda e quindi dalla necessità di ritrarre uno stile con un outfit identificativo? (Penso al più comune abbigliamento casual o elegante dei cantanti pop, senza tratti distintivi di genere musicale nell’abbigliamento)
La musica è arrivata per caso. Per anni ho seguito il mio fidanzato (Dj Yaner, Men in Skratch, insieme a Dj Aladyn e Dj Myke) in moltissime esibizioni. In queste occasioni ho avuto modo di conoscere tanta gente e si è sparsa la voce che fossi una fotografa e così è iniziato tutto. Le collaborazioni anche con Dollynoire, il video “Inferno”, i video di Jake la Furia, Nayt, le finali del DMC, dove spesso c’era a farmi compagnia Andrea. Insomma tutto per caso.
Da qualche anno vivi in Olanda, e non manchi di esaltarne le sue possibilità sconfinate per chi vuole fare arte a trecentosessantagradi. Hai conosciuto la discografia italiana e sicuramente anche quella dei Paesi Bassi, trovi delle differenze sostanziali che possano identificare l’una rispetto all’altra?
La musica olandese e per lo più elettronica. Sono maestri nell’organizzare grossissimi festival che raccolgono i dj piu bravi del mondo. Basti pensare a Tiesto, Martin Garrix. Hardwell, Afrojack. Direi che la musica italiana è su un altro binario, non meno interessante ma un altro.
Musicalmente parlando, nell’ultimo biennio in Italia spopola il fenomeno dell’it-pop, un indie alla Calcutta, Gazzelle, Thegiornalisti e “cloni”. Tormentoni da playlist spotify piuttosto che pezzi che possano segnare intere generazioni. Tu che l’arte la vivi attraverso un obbiettivo, come vivi questa caducità generazionale?
La musica è arte, l’arte è dinamismo quindi va benissimo la fusione di generi. L’arte si rinnova, rinnovandosi si mantiene sempre giovane e nello stesso tempo ben venga questo nuovo genere come la trap per quanto riguarda il rap, il benvenuto è sempre d’obbligo quando si parla di roba nuova ma quello che però va evitato e di essere copie di copie che esistono. Se pensiamo alla trap, credo che i veri pionieri e veri esponenti siano stati a Sferaebbasta e Vegas Jones, poi quante copie abbiamo? A volte ho come l’impressione che tutti questi nuovi emergenti si assomiglino tutti ma sarò io che sono anziana ed amo Lucio Dalla e Mina ;).
Sei mai stata fotografa ufficiale ad un concerto? Che emozioni suscita ritrarre la tensione, l’adrenalina, la carica e l’energia di un artista di fronte alla fame di musica negli occhi dei suoi fan?
Si, a tanti concerti. Bassi Maestro, Coez, Rancore, Salmo, Jake La Furia. E’ sempre una magia. Non saprei trovare altre parole. L’arte è magia , sia questa la fotografia – come nel mio caso – o la musica o il cinema o qualsiasi altra forma..
Nella tua lunga esperienza, chi sogni di fotografare ancora? Il tuo sogno lavorativo nel cassetto. Non sogno di fotografare qualcuno in particolare ma sogno di viaggiare per il mondo ancora tantissimo. Perché il mio nutrimento quotidiano è lo spazio che mi circonda. Voglio essere sempre stimolata da nuovi paesaggi o nuove culture. Quindi direi che il mio sogno nel cassetto è il mondo ma temo di dover trovare una cassettiera bella grande.
A cura di Fabiana Criscuolo e Beatrice Sacco.

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