In questa puntata di Musica&Lavoro abbiamo intervistato Andrea Spinelli, live painter della musica dal vivo.
Più di 400 gli artisti che ha ritratto da sotto il palco tra cui Levante, Afterhours, Daniele Silvestri, Ermal Meta.Nel 2017 partecipa per la prima volta come live painter al Concerto del Primo Maggio a Roma; l’anno seguente prende parte alla 68esima edizione del Festival di Sanremo ritraendo i musicisti in gara e nel maggio dello stesso anno è live painter ufficiale del Primo Maggio Libero e Pensante 2018 di Taranto.
Come è nata questa idea del live painter per la musica dal vivo?
È nata da un’abitudine: disegno sin da quando sono piccolo e non ho mai smesso di farlo. Pian piano negli anni ho acquisito questo metodo di ritrarre dal vivo, ho sempre girato con il taccuino in tasca ritraendo tutto ciò che vedessi, ad esempio mentre ero in metro disegnavo le persone che vedevo. Poi un giorno ho deciso di applicarlo alla musica. Infatti dieci anni fa ero batterista in una band e mi sono avvicinato alla musica dal vivo.
Avete avuto successo come band?
Successo no, però abbiamo aperto vari live come quello di Dell’Era e D’Erasmo, Bologna Violenta… Un sacco di belle iniziative.
Soprattutto nei i concerti c’è movimento sul palco. È difficile ricordare e ritrarre una sorta di movimento?
È una questione di attitudine. Per me è molto più semplice fare un ritratto dal vivo di una band o di una persona che si muove piuttosto che fare un ritratto da studio. Questo mi viene naturale, è un modo totalmente diverso di concepire e di fare disegni o ritratti, anche tecnicamente più complesso, poiché in movimento devi riuscire a mettere sullo stesso foglio più elementi che contemporaneamente fanno cose diverse, come se dovessi scattare tante fotografie e poi metterle assieme in un collage.
Quanto ti ispira la musica durante un dipinto?
Tantissimo, soprattutto per i colori. Sono arrivato a farne più di 400 e mi sono accorto che ho sviluppato una sorta di associazione tra determinati generi, determinati strumenti con l’uso di determinati colori.
Le luci del palco, invece? Ti aiutano nell’ispirazione per il disegno?
Sì. Mi danno soddisfazione anche nel dipingerle. Tante volte capita che se non ho una “botta emotiva” data dalla musica, mi appoggio sulle luci del palco.
Ultimamente dalla musica sei passato a ritratti e paesaggi… Una pausa dagli artisti?
Sì, ho preso una piccola pausa – come ti dicevo – dopo 400 disegni, ho cominciato a sviluppare delle tecniche: sono molto metodico, quindi mi piaceva rafforzare un mio metodo fino a quando non ho visto che stava diventando ripetitivo. Prendendo una pausa pensavo di sviluppare altre competenze, altre tecniche per poi magari ritornare sul filone della musica, ovviamente integrando tutto quello che ho imparato di nuovo.
Perciò adesso sei abbastanza soddisfatto di quello che hai imparato in questa pausa?
Pensavo che non mi sarei trovato molto bene perché – appunto – sono stato più di 3 anni su soggetti in movimento. A volte mi manca questa dinamicità, differentemente dalle cose in studio, perché molto spesso ti rifai a una foto. Ma il più delle volte, devo dire, ho imparato tante cose nuove, ho variato molto.
“Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”. Oggigiorno vivere di arte è difficilissimo in Italia, quasi impossibile. Cosa ne pensi?
Questa frase è molto bella, effettivamente è così… a volte! Lavorerai con passione, con tanta soddisfazione però anche con tanto sacrificio, rinunce e tutti i problemi annessi alla categoria di cui si fa parte, ad esempio i fumettisti, gli illustratori e i disegnatori in Italia non sono visti come lavori, figurati il live painter! Ci sono tantissimi ostacoli, soprattutto economici; è un lavoro che devi inventarti ogni giorno, però la soddisfazione è tanta.
Visto che hai nominato i fumetti… Dal live painting non hai mai pensato di sfociare in un altro genere? Magari nel fumetto? Ti ci vedrei bene in una serie di fumetti magari riguardanti la musica.
Tempo fa con Fabrizio Galassi era nata una bozza di un fumetto, volevamo farlo su Eddda e raccontare la sua storia e quella dei Ritmo Tribale, ma per vari impegni non è andata a termine. Io, paradossalmente, prima di iniziare a fare illustrazioni, pittura, una delle primissime cose che ho realizzato sono stati proprio i fumetti. Penso che ci ritornerò, magari non subito. Non una graphic novel ovviamente ma un piccolo fumetto che racconti la biografia di qualche artista italiano.
Altri artisti italiani, sempre in questo ambito, ne hai incontrati diversi?
Ho incontrato Gipi, abbiamo scambiato quattro chiacchiere… e ricollegandomi alla domanda precedente, mi disse: “Io non sarei in grado di farlo, proprio perché è un modo diverso di concepire il disegno.” Però artisti che fanno quello che faccio io non ne conosco tantissimi, siamo abbastanza una rarità in Italia. Inoltre parlo più con i musicisti che con gli artisti grafici, pittori… mi viene più semplice. Non ho molta confidenza con gli artisti del mio mondo.
Gli artisti che hai ritratto nei live hanno sempre apprezzato questa tua arte?
Al 99,9% sì. Addirittura diversi big, come Bersani, hanno apprezzato tantissimo, non pensavo, visto che sono abituati a ricevere le fan-art, artwork, lettere, disegni… invece si sono stupiti.
Hai trovato un cambiamento in questi anni su come le persone si approcciano all’arte. Ad esempio vanno tantissimo i fumetti come quelli di Zerocalcare. Pensi che questo abbia aiutato la tua arte?
Sì ho notato questa cosa. Ha aiutato me ma anche il pubblico ad apprezzarlo. Vedi Toffolo, Zerocalcare, Labadessa, hanno avvicinato e educato all’arte grafica. Ulteriormente ci sono tantissimi musicisti che hanno fatto studi di grafica, di illustrazioni; la cultura non ha più confini, non ci sono più limiti e ben venga! Sono un gran sostenitore di queste cose.
Ph. Nicola Cordì
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