Non solo un semplice pianista, Silvio Capeccia è un’artista completo e innovativo che con i Decibel ha dato vita ad una rivoluzione sonora che ha cambiato profondamente la storia del rock italiano.
Sue sono le mani che suonano l’inconfondibile intro di Contessa, e già questo di per sé basterebbe a dargli un posto d’onore nella hall of fame della musica italiana;
ma oltre che con i Decibel, Silvio Capeccia continua il suo percorso musicale da solo, nella musica Ambient, seguendo, come ci dirà durante l’intervista, un po’ il percorso di Brian Eno dei Roxy Music.
Così, dopo molte produzioni nello strumentale, tra suggestioni e leggenda, l’artista realizza “SILVIO CAPECCIA PLAYS DECIBEL – Piano Solo”,
una raccolta delle canzoni più rappresentative della band pioniera del punk rock italiano, reinterpretate in un’inedita versione al pianoforte.
Abbiamo intervistato Silvio Capeccia con una certa emozione perché ,diciamoci la verità, farsi raccontare gli anni forse più prolifici della musica italiana, della Progressive, della New Wave, da chi li ha vissuti, non capita tutti i giorni
INTERVISTA A SILVIO CAPECCIA
Buongiorno Silvio, innanzi tutto grazie per essere qui a Insidemusic.
Finalmente, cosa che non capita spesso, ho la possibilità di sentire un po’ di storia della musica direttamente dalla bocca di uno dei protagonisti, per cui con te, vorrei partire da lontano.
C’era una volta Silvio Capeccia quindicenne che nel 1972 Incontra Enrico Ruggeri , fonda gli Champagne Molotov e sicuramente non lo fa con un pianoforte a coda:
quindi, come è cominciato il tuo viaggio nella musica?
È stata una sliding door: io avevo iniziato a suonare il pianoforte in casa e proprio in quegli anni sarei dovuto entrare in conservatorio per sostenere l’esame di piano;
ma ho conosciuto Enrico ed abbiamo deciso di formare questa band.
Eravamo tutti e due “impallinati” con la musica inglese ,quindi è stato veramente l’incontro che ti cambia la vita ,
perché entrambi ci siamo lanciati a capofitto nella ricerca di altri strumentisti, di luoghi dove suonare e quindi per farla breve,
il mio esame è rimasto in conservatorio e la mia strada musicale ha preso un’altra direzione.
Immagino quindi che gli strumenti suonati non fossero propriamente “classici”.
Certo, da lì sono passato a organo, piano elettrico e sintetizzatore :tutta la range tipica di quegli strumenti che si suonano in un gruppo punk rock.
Erano gli anni della progressive e della mitica Cramp Records, anni in cui sono nate band storiche, allora all’avanguardia,
che poi sono entrate a far parte del repertorio musicale italiano.
La tua musica e quindi quella dei Decibel si è sviluppata in un ambiente estremamente fervido e prolifico:
cosa ricordi della scena musicale di quegli anni?
Noi a 13- 14 anni avevamo come punti di riferimento band progressive, come Yes, King Crimson, Gentle Giants, Genesis ,gruppi che avevano una tecnica musicale al di sopra della media.
Per fortuna però ,nel momento in cui noi ci siamo lanciati nel rock, in Inghilterra c’era già il punk e per noi si è aperto un mondo :
c’era la possibilità di fare musica senza essere virtuosi dello strumento, ma portando avanti un discorso sociale che in quegli anni era assolutamente in primo piano.
E quindi di quei tempi ricordo le assemblee studentesche, che non so nemmeno se esistono ancora, ma erano grandissime riunioni in cui tutta la scuola si fermava,
e all’interno di queste veniva concesso uno spazio per la musica in cui le band di giovani si dilettavano con 4-5- brani a testa.
Ho questo bellissimo ricordo di ragazzini che suonavano sul palco, senza computer e basi registrate, un’improvvisazione tecnica di fondo ma con tanta passione.
Io mi portavo dietro la mia tastiera utilizzando i nostri mezzi per eseguire quei pochi pezzi, un po’ come un talent ante litteram.
Quindi improvvisavate?
Noi a dire il vero, eravamo già molto determinati quindi presentavamo delle cover di brani di gente che al tempo non era ancora conosciuta, tipo Lou Reed o Bowie.
Sai ,non esistendo internet, i dischi non arrivavano con tanta facilità in Italia, i vinili si facevano arrivare dall’Inghilterra…
Caspita è vero…
Insomma avevamo questo repertorio molto strano, già mentalizzati su punk e new wave, movimenti nati in Inghilterra e da cui poi sono nati i Decibel.
Forse eravamo anche troppo avanti, tanto che spesso dovevamo finire in anticipo perché anche il nostro look veniva frainteso e dovevamo scappare.
Addirittura? Spiegami questa cosa
Sai l’Italia viveva anni difficili, erano gli anni delle BR, delle fazioni di destra e di sinistra che si scannavano a vicenda, e spesso noi sembravamo o troppo di destra o troppo di sinistra e ti garantisco che non era affatto facile farsi capire.
Successivamente, quando Enrico lasciò i Decibel, tu hai proseguito con loro e poi, anche tu, ti sei dedicato ad altro, iniziando un viaggio nell’ambient music.
Se vogliamo forse possiamo dire che hai continuato a sperimentare per conto tuo, è giusto? Come mai questa scelta?
La musica è bellissima, al di là delle etichette.
Noi abbiamo iniziato con il punk però poi ho voluto intraprendere la stessa strada di Brian Eno, che lasciato i Roxy Music ed ha iniziato questo viaggio nel mondo della musica strumentale.
Io l’ho trovato molto affascinante, mi sono lanciato completamente in questa esperienza realizzando sottofondi per pièce teatrali e gallerie d’arte che beneficiano molto di questo genere.
Quindi è stato un viaggio importantissimo nel quale ho sperimentato ancora con i miei strumenti ed in studio.
Diciamo un viaggio parallelo a quello del rock al quale poi il destino mi ha fatto ritornare.
Infatti, come succede spesso, pian piano si ritorna alle origini, ed ecco che dopo varie “ospitate”, nel 2017 i Decibel tornano insieme e poi nel 2018 arriva anche Sanremo.
Ecco, tornare lì dove possiamo dire che il vostro successo è esploso ,
(impossibile non ricordarsi Contessa del Sanremo 1980,di cui ho rivisto un anteprima dove il presentatore li definiva una band rock chic, solo perchè erano tutti in camicia e cravatta n.d.r.) :
quanto è stato un dejà vu e quanto invece una nuova esperienza?
Un dejà vu no perché quando abbiamo partecipato nel 1980 con Contessa, a 20 anni ,avevamo la presunzione di essere così avanti che il fatto di partecipare a SanRemo fosse quasi un atto dovuto.
Le cose non stavano così, e nel momento in cui ci siamo tornati nel 2018 lo abbiamo apprezzato ancora di più, quasi come un coronamento di tanti anni di attività e musica.
Poi c’è stata questa chicca della presenza di Midge Ure che cantò con noi nella serata degli ospiti:
lo abbiamo conosciuto e poi, quando è tornato in Italia , ha suonato con noi addirittura Starman di David Bowie , facendoci toccare il cielo con un dito,
perché lui e gli Ultravox erano stati nostri idoli di gioventù.
Che cosa stupenda ! Io credo che queste siano proprio le situazioni che ti fanno dire: ok, ho preso la strada giusta.
Assolutamente sì, indipendentemente dal risultato economico o di mercato, che ovviamente se arriva è ben voluto, ma la soddisfazione di cui parlo è superiore a tutto.
Diciamo che tu sei riuscito a portare avanti la tua parte classica, senza perdere quella rock, senza mai dimenticare il tuo primo amore.
Così in questo disco, SILVIO CAPECCIA PLAYS DECIBEL – Piano Solo, fai questa scelta particolare di suonare al piano solo le canzoni appunto dei Decibel.
Musicalmente come lo definiresti quindi? Rock da camera?
Beh rock da camera non è male come definizione! Ci possono essere tante definizioni, crossover ad esempio: di fatto , il mondo dell’ambient, della classica e del rock, magicamente si uniscono,
perché il pianoforte poi ha questa proprietà unica, che è quella di creare un mondo per qualsiasi brano tu vada a toccare.
Questo è quello che ho provato a suonare i brani dei Decibel, anche quelli meno pianistici :
ho visto che veramente si apre un altro universo ,ed è una sensazione bellissima quella di vedere rinascere in questa nuova veste brani che tante volte ho suonato dal vivo diversamente.
Lo hai fatto ascoltare a qualche altro membro della band? Cosa ti hanno detto a riguardo?
Beh Enrico Ruggeri è coproduttore del disco, l’idea è nata anche con lui,
quindi la band in generale ha recepito molto bene questo progetto ,anche perché di fatto è un modo di divulgare in maniera diversa quello che è il nostro repertorio.
Pensi di portare questo progetto anche su un palco?
Io penso che ogni musicista desideri proporre al pubblico i suoi lavori, quindi sicuramente c’è questa possibilità.
Siamo nel periodo critico che sappiamo, senza dilungarci su questo, direi che magari oggi è più facile proporre in una sala da 50 persone un concerto di solo pianoforte,
piuttosto che realizzare un concerto rock classico, che per una serie di motivi oggi è impraticabile.
Soprattutto per noi Decibel che avevamo un camion pieno di strumenti, tante persone a seguito tra fonici e tecnici.
Quindi suonare per piccole superfici, magari molto caratteristiche, come ho fatto due settimane fa a Milano alla Basilica di San Celso in un concerto molto suggestivo,
può essere la strada giusta da percorrere per suonare in pubblico.
Alla fine la mia sliding door dell’inizio mi è tornata indietro perché adesso mi trovo con un pianoforte davanti, così come era nei miei progetti iniziali.
Beh sicuramente è una cosa affascinante constatare come alla fine le cose che devono trovarti, prima o poi lo fanno.
Sì, dopo qualche anno questi discorsi li fai perché vedi le cose sotto una prospettiva un po’ più storica e puoi fare dei bilanci, ma di fatto, al di là delle etichette, la musica resta una grande passione:
si può chiamare rock, punk o Trap, a cui tra l’altro oggi si dà lo stesso giudizio negativo a cui fu sottoposto il proprio punk,
che col senno di poi invece ci ha portato artisti come Elvis costello:
insomma la musica è una strada lunga e fatta di tanti percorsi diversi.
E noi siamo pronti a percorrerli tutti (o quasi), cominciando magari proprio da SILVIO CAPECCIA PLAYS DECIBEL – Piano Solo.

Sono una toscana semplice : un po’ d’arte, vino buono & rock ‘n roll.
“Non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai”
(Frida Khalo)