Torna Gioved-INDIE, la rubrica del giovedì più indipendente del web: ospite della settimana il cantautore Nico Scardamaglio, in arte Scarda, fuori con il nuovo singolo estivo “Tropea”.
Ciao Nico, benvenuto su Inside Music, la webzine che ti porta nel cuore della musica! Sei ospite di Gioved-Indie, la nostra rubrica del giovedì più indipendente del web, domanda introduttiva generale: cos’è per te l’indie e cosa ti mantiene ancora indipendente?
Ciao, un saluto a tutti i lettori di Inside Music! In questi ultimi dieci anni l’indie ha cambiato molte volte il suo significato, sebbene inizialmente veniva identificato come l’appartenere ad un’etichetta appunto indipendente, adesso è divenuto una sorta di genere musicale. Al di là di tutto ciò, credo che la cosa che accomuni gli esponenti di questa corrente sia il fatto che tutti provengano dal basso, iniziando a suonare nei locali, autoproducendosi il disco con pochi spicci e guadagnandosi il pubblico sul campo, chi più velocemente, chi meno. A mantenermi indipendente è la mia totale libertà di scelta artistica, almeno per quanto riguarda i testi, ma anche a livello di suoni ed arrangiamenti sono sempre io ad indicare la strada da percorrere e infine il fatto di appartenere ad un’etichetta indipendente (Bianca Dischi).
Il tuo nuovissimo singolo “Tropea” è uscito il 21 giugno, proprio nel primo giorno d’estate, scelta assolutamente non casuale a giudicare dalle fresche e leggere sonorità che caratterizzano il brano: ma è vero che l’amico e produttore Nicola D’Amati ti suggerì di scrivere una canzone sulla “Riccione del Sud” dopo aver ascoltato la hit dei Thegiornalisti?
Ricordo che mi propose di scrivere un pezzo di questo tipo, ma non è sulla base di quel suggerimento che ho scritto questa canzone, anche se certamente Nicola ha i suoi meriti nella fase produttiva. È un brano che scrissi due anni fa, ma decisi di non inserirlo nell’album anche per via delle sonorità più fresche appunto, così mi promisi di farlo uscire in estate ed eccoci qui. Si tratta di una canzone un po’ diversa dalle altre, se la si ascolta bene ha un testo abbastanza profondo, il sound invece strizza l’occhio al reggaeton. Quest’estate avevo voglia di far uscire un pezzo estivo e così mi sono tolto lo sfizio.
Se “Tropea” costituisce il tuo pezzo estivo, a maggio avevi pubblicato un inedito tardo-primaverile nel quale si erano già potuti apprezzare alcuni elementi di evoluzione musicale, pur rimanendo fedele alla tua cifra stilistica e al sound dell’ultimo progetto discografico: “Distrutto” può essere considerato una sorta di title track mancante di “Tormentone”?
“Distrutto” è rimasta fuori da “Tormentone” perché l’ho scritta un annetto fa a disco già pronto, dunque le otto tracce che lo compongono erano già state selezionate. A mio avviso sì, questo pezzo può essere considerato un ideale seguito dell’album, non solo per il sound, ma anche per le tematiche affrontate.
Sei originario di Napoli e cresciuto a Vibo Valentia in Calabria, ma è a Roma che hai iniziato a muovere i primi passi in musica. Quanto è difficile per un cantautore o un musicista che opera nel Mezzogiorno emergere a livello nazionale? Allo stesso tempo, quanto ti ha influenzato il vivere a stretto contatto con i principali esponenti della cosiddetta “scena romana”?
La difficoltà di fare il cantautore al Sud consiste proprio nel non avere la possibilità di stare a contatto con altri colleghi di taglio nazionale. La maggior parte di loro opera da Roma in su, anche se ci sono delle grandi eccezioni, vedi Dario Brunori, il quale abita in provincia di Cosenza e pare riesca a muoversi bene anche da lì. Però, ripensandoci bene, Dario è entrato nella scena musicale nel periodo in cui si era trasferito a Siena. Quindi alla fine credo che sia di fondamentale importanza entrare in contatto con uno scena, così come è successo anche a me: quando ero giù in Calabria ho sentito di aver qualcosa dentro di me, ma non l’ho mai tirata fuori, anche perché si era sviluppata una sorta di pudore nel far vedere agli altri un qualcosa di tipo artistico, nei luoghi di provincia spesso ci si vergogna quasi di esternare il sentimento. Quando poi sono arrivato a Roma mi sono reso conto di potermi finalmente esprimere, non ero più l’unico e dunque non avrei dato nell’occhio.
Il tuo esordio artistico risale al 2012, quando hai scritto la colonna sonora del film “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia, per cui hai ricevuto una nomination al David di Donatello 2014 per la migliore canzone originale: ti sei trovato subito a tuo agio a scrivere “su commissione”? E che cosa hai imparato da questa particolare esperienza?
Ancora oggi, quando mi capita di dare uno sguardo alle statistiche su Spotify, “Smetto quando voglio” è uno dei miei pezzi più ascoltati, quindi come dire “buona la prima”. In precedenza avevo scritto dei pezzi, registrati in maniera molto casalinga, e caricati su YouTube, ma quando ho intravisto la possibilità di incidere un disco li ho rimossi. È stata sicuramente un’esperienza più che positiva, in primis perché mi ha consentito di fare un grosso salto in avanti in termini di pubblico, in secondo luogo mi ha insegnato ad elaborare ciò che leggo e trasformarlo in musica: adesso quando scrivo una canzone faccio sempre riferimento ad appunti che sottolineo sui libri, infatti il mio secondo disco è un insieme di citazioni, ovviamente che percepisco come mie e chiaramente rielaborate.
Le tracce del tuo debut album “I piedi sul cruscotto” si contraddistinguono per un suono più acustico rispetto a quelle più elettroniche del suo successore, durante il tour di supporto a “Tormentone”, infatti, ti sei esibito per la prima volta con una band: com’è avvenuto il passaggio da cantautore che fa cantautorato a cantautore che fa pop?
Oltre ad una piccola componente modaiola e quindi legata all’adeguarsi alla nuova scena, è stata principalmente una mia esigenza artistica, ho avvertito il bisogno di evolvermi ed offrire qualcosa di diverso nel nuovo disco. Così alle sonorità acustiche (in ogni traccia è sempre presente una chitarra acustica, anche se più nascosta) ho aggiunto caratteristiche elettroniche, compiendo una grossa ricerca di suoni che rievocassero nel cervello vere e proprie immagini. È stata una scelta che ha dato i suoi frutti ed il pubblico ha apprezzato questa sorta di rinnovamento.
Il 27 giugno hai aperto il concerto del tuo amico Calcutta al Rock in Roma presso l’Ippodromo delle Capannelle: il cantautore di Latina ha dichiarato che l’indie-pop è finto e che ormai si cerca di ricreare sempre la stessa identica atmosfera. Sei d’accordo con lui quando afferma che il bello del nuovo pop è commettere errori nuovi?
Ho avuto anch’io modo di leggere quest’intervista e leggere queste affermazioni mi ha fatto riflettere non poco. “Il bello del nuovo è pop è commettere errori nuovi” è proprio la frase che mi ha colpito di più, la prossima ondata rivoluzionaria (quella successiva a “Mainstream” per intenderci) nascerà sicuramente da un errore, da un qualcosa di strano, mai sentito. Quindi sono d’accordo con lui, bisogna avere il coraggio di osare! Chissà chi avrà il cosiddetto lampo di genio, purtroppo non si tratta di una cosa che puoi studiare a tavolino: bisogna lavorare, continuare a scrivere canzoni, il successo è un incidente di percorso, non bisogna cercarlo con insistenza, se deve arrivare lo farà in maniera del tutto spontanea. Mi trovo d’accordo con Calcutta anche quando dice che l’indie-pop ricrea sempre la stessa atmosfera, ad un certo punto sono saliti tutti sul carro del vincitore, attualmente c’è una grande emulazione, molti nuovi esponenti della scena non li sento sinceri e di questi solo in pochi iniziano un vero e proprio percorso. Al giorno d’oggi si prova a fare musica anche quando non si ha molta cognizione musicale, ormai non costa niente, tanto vale provarci. Ogni nuovo artista che entra nel meccanismo va ad ingolfare proprio quest’ultimo e chi merita di emergere rischia di impiegarci più tempo.
Ti saluto con un gioco: scegli un tuo collega indipendente a cui inviare un messaggio, una nota di stima, un vaffanculo, chiedere un featuring, io proverò a sentirlo ed aprirò la sua intervista con il tuo appello. Chi scegli e cosa senti di dirgli?
Interessante…scelgo un artista che nel corso di quest’anno si è fatto sentire ed è andato bene, mando i miei più sinceri complimenti a Postino! Ci conosciamo di persona, ma abbiamo avuto modo di parlare una sola volta, magari se è disponibile per un feat. io sono pronto!
Intervista a cura di Lorenzo Scuotto

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