Pochi giorni fa sono uscite le graduatorie dei fondi Siae provenienti dal bando Per Chi Crea, i risultati hanno creato un piccolo terremoto nel sottobosco delle etichette indipendenti italiane.
“Per Chi Crea” è un programma promosso dal Mibac e gestito da SIAE che destina il 10% dei compensi per “copia privata” a supporto della creatività e della promozione culturale dei giovani under 35 residenti in Italia che quest’anno ha distribuito oltre 12 milioni di euro.
Questo bando rappresenta una vera e propria risorsa fondamentale per la creazione di opere d’arte nuove da parte, soprattutto, di realtà emergenti.
La giuria preposta per valutare i progetti presentati da privati, aziende, scuole, enti e associazioni è stata composta, tra gli altri da Paola Dubini (Professoressa associata in Bocconi), Lorenzo Casini (Professore ed ex Consigliere giuridico dell’ex Ministro Dario Franceschini) e Luca de Gennaro (Curatore Artistico della Milano Music Week).
Fino a qui tutto bene, soldi elargiti per favorire la creazione di opere da parte di artisti giovani o per supportare progetti nostrani oltre confine. Ciò che ha fatto storcere il naso a molti del settore sono stati alcuni nomi risultati vincitori per la sezione dischi dove artisti come Dark Polo Gang, Motta e Lo stato sociale, sono risultati tra i beneficiari dei premi per la realizzazione di nuovi album.
Proviamo ad immaginare i membri della Gang affannarsi in un ufficio postale con carte bollate e timbri per presentare la giusta documentazione per produrre il loro prossimo album infarcito di disquisizioni su Gucci, Donne di facili costumi e pose da macho. Spiazza, a dir poco, vederli abbeverare alla fontana dei fondi pubblici quando sbandierano a destra e a manca la loro vita extralusso. Discorso in qualche modo simile per realtà più blasonate del cantautorato indie che ormai campeggiano stabilmente su tutti i maggiori palcoscenici nazionali.
Insieme a loro altri artisti abbastanza conosciuti, vedi Wrongonyou, Nicolò Carnesi e Germanò.
Inutile far finta di non pensare che il primo lotto che abbiamo nominato non avrebbe fatto alcuna fatica a trovare i fondi necessari per la realizzazione delle loro opere rispetto ad etichette ed artisti emergenti che faticano a trovare quel grande riscontro di pubblico, critica e vendite che invece ormai è ampiamente alla portata di realtà come la Dark Polo Gang o Motta, solo per citarne un paio.
Sono davvero soldi utili alla crescita della nostra musica quando nel sottobosco delle etichette indipendenti si trovano centinaia di realtà che faticano ad emergere rispetto a giganti del settore come ad esempio la Sugar o Carosello che gestiscono volumi completamente diversi.
Diverso è il discorso nel settore settore Festival e Rassegne Internazionali dove invece è giusto sostenere le realtà già forti nel panorama nazionale. Infatti 49.000 € sono andati a Garrincha Loves Chiapas (con Lo Stato Sociale, Cimini), 50.000 € a Woodworm Live in London (con Motta, FASK, La Rappresentante di Lista) e a Arezzo Wave in Paris (con Nigiotti, La Scapigliatura, La Rappresentante di Lista, La Municipal). Per la sezione Tour Internazionali, 50.000 € per il tour europeo di Calcutta e 28.675 per quello di Motta.
L’impressione è che la scelta di alcuni nomi sia stata in qualche modo comoda, affidando somme di denaro ad artisti che ne avrebbero certamente giustificato l’investimento. Così facendo però si rischia di finire in un circolo vizioso di autoreferenzialità che con la sua forza centrifuga va a sbattere sulle migliaia di realtà periferiche costrette a chiudere bottega o quantomeno ad abbassare l’asticella delle pretese artistiche e qualitative di un’opera musicale.
Non siamo qui a perorare la causa dell’assistenzialismo, la musica è un mercato che impiega moltissime risorse e non è giusto dover pensare soltanto alle risorse di bandi come “per chi crea” per presentare qualcosa di nuovo. L’editore puro è ormai una figura che sta quasi del tutto scomparendo, ma è difficile insistere nel criticare certe realtà piccole quando il piatto della bilancia pende in modo sproporzionato sempre verso gli stessi nomi.
L’indie, almeno per come lo si intendeva agli albori, era un territorio di sperimentazione feroce, capace di far germogliare opere prodigiose anche in presenza di penuria di mezzi e di certo continuerà a funzionare così, anche se alla luce di certi avvenimenti non sarà ugualmente probabile.

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