“L’exuvia è la muta dell’insetto, ovvero ciò che rimane del suo corpo dopo aver sviluppato un cambiamento”
Inizia così la spiegazione che lo stesso Caparezza, al secolo Michele Salvemini, dà per riassumere l’essenza di questo lavoro, Exuvia, arrivato a quasi 4 anni da quello precedente.
Un album che è la testimonianza di un cambiamento tangibile, evidente, personale ma anche temporale, di luoghi e situazioni: Caparezza è cambiato, la realtà che si trova intorno, pure.
La descrizione che l’artista stesso fa di questo percorso, è talmente bella che non può essere omessa: le sue parole sono fondamentali per calarsi in questo viaggio, con cui prima o poi tutti dobbiamo fare i conti.
“Sto vivendo una sensazione simile a quella del felliniano Mastorna, che non capisce di essere morto o quantomeno non lo accetta, e questo gli rende insopportabile la nuova condizione di anima (in pena). Perché molte cose intorno a me hanno subito cambiamenti drastici, o semplicemente perché sono cambiato io e non voglio ammetterlo. Inoltre da qualche anno mi sento come Guido Anselmi, il protagonista di 8 e 1/2, regista quarantenne, svogliato, cullato dai suoi tormenti interiori, alle prese con un’opera che non riesce o che non vuole concludere, costantemente seduto vicino alla porta d’uscita ma mai pronto a varcarne la soglia”
“E allora questo disco vuole essere una fuga dalla mia exuvia, una sorta di iniziazione alla vita in una forma diversa – continua Caparezza– È la celebrazione del rito di passaggio, come accade nelle tribù indigene quando un individuo passa dalla fase giovanile a quella adulta affrontando rituali che prevedono prove di resistenza atroci. Il mio rito di passaggio è stato immaginare un viaggio espiatorio nella foresta”
L’Exuvia Experience
Prima dell’incontro vero proprio, Caparezza ed il suo staff ci regalano un viaggio virtuale all’interno dell’album, che presto sarà fruibile a tutti, e che centra pienamente l’obiettivo: non si tratta più solo di ascoltare qualcosa, ma di capirne il processo creativo, di sentirne il respiro passo dopo passo.
Si cammina in una selva incantata, a tratti oscura come quella di Dante, a tratti magica come il bosco di Alice nel paese delle meraviglie (che non a caso viene citata in una traccia fondamentale dell’album, “Il mondo dopo Lewis Carroll”, il cui tema è in realtà proprio l’opposto, il disincanto)
Si arriva alla fine, accompagnati sempre dalla voce dell’artista, dai suoi skit, con la voglia di ricominciare da capo per capire meglio i particolari.
Ma oggi abbiamo la fortuna di farci chiarire i dubbi direttamente da chi, in qualche modo, ce li ha generati.
Come arrivi a questo album?
Questo è un momento dove chiaramente sto affrontando un percorso più intimo rispetto ai primi album. È un percorso iniziato con Prisoner 709, dove non a caso l’ambientazione era una prigione, quella mentale. Qui invece la fuga si snoda in una selva, altro luogo simbolico, basti pensare al bosco di Charles Perrault o alla selva oscura di Dante Alighieri. Ogni brano è una riflessione sul mio passato, sul mio presente e sul mio futuro e racconta i miei passi avanti, i miei passi falsi, i miei passi indietro.
Uno dei temi principe di questo lavoro è l’accettazione di ciò che è stato, e la traccia “Campione dei Novanta” parla proprio di questo: come hai fatto pace col tuo passato?
Ci sono voluti anni per recuperare la fiducia in me stesso .– dice Caparezza – Semplicemente ad un certo punto mi sono svegliato ed avevo superato i 40. E nel mio nuovo mondo non avevo, e non ho, niente contro quel ragazzo di 20 anni che faceva rap, che ero io. Adesso ho un occhio quasi paterno sulla visione del mio passato, un po’ come se fossi diventato il mio stesso fratello maggiore.
E’ cambiato il tuo modo di scrivere ?
E’ cambiato il mio approccio alle cose. Molte volte chi scrive lo fa con il pensiero di piacere, non tanto ai fan ma per essere apprezzato da chi fa il tuo stesso lavoro. E’ un errore. Questa è una cosa che non mi interessa più. Lo faccio perché il mio modo di intendere e vedere le cose sia fruibile a chi lo vuole.
La pandemia ha influito sulla stesura del disco?
Sono sincero, non mi sono fatto influenzare in questo senso. Il disco parla di un percorso mio che è maturato a prescindere dalla situazione degli ultimi due anni. Così come la decisione di farlo uscire adesso in realtà ha seguito solo un’esigenza mia. Non ho strategie di marketing, non le ho mai avute. Ho semplicemente assecondato quello che sentivo.
C’è un brano particolarmente suggestivo, con un ritornello cantato da una voce femminile (Mishel Domenssain) quasi come fosse un incantesimo: El Sendero. Rappresenta il momento in cui ti fermi a respirare dopo una corsa, e decidi che non c’è fretta, puoi riprendere il percorso camminando. Quando è stato questo momento per te?
C’è stato molto tempo fa, ma in generale sono state le docce fredde che mi hanno fatto fermare per riprendere a camminare. Non è solo un momento di riposo, è quel momento in cui capisci che camminando hai il tempo di soffermarti su gioie e dolori allo stesso modo, accettando che ogni passo fa parte di un percorso necessario.
Com’è nata questa collaborazione?
Dalle mie ricerche musicali. Sono rimasto stregato da questa voce, in una canzone che ho scoperto su Spotify: una versione da brividi, un invito a camminare lungo il sentiero del dolore e dell’allegria appunto, senza fuggire.
Tra l’altro la canzone di Mishel si intitola “La selva” e prima ancora di scoprire questo pezzo, avevo pensato di chiamare l’album “In mi selva” che poi è l’anagramma del mio cognome (Salvemini n.d.r.)
Una domanda sulla composizione dell’album: cosa succede in te, artista, nelle fasi “ante” e “post” realizzazione?
Per essere più completa, aggiungerei alla domanda anche la fase “durante” che è emotivamente fondamentale.
Durante la stesura del disco, quindi prima della realizzazione, io sono intoccabile, come drogato da quello che sto facendo. Vivo di picchi altissimi e precipizi bassissimi, e proprio per questo non mi si può avvicinare troppo.
Quando poi il disco è pronto e ce l’ho tra le mani, divento agitato perché devo parlarne. È il momento in cui tutte le cose che sento tra me e me devo tirarle fuori, devo presentarlo, trovare le parole giuste. Un momento di tensione per me.
Il post invece, è un momento di decompressione. Io poi quando finisco un disco lo ascolto altre uno o due volte e poi lo archivio. Non lo riascolto più, non ci penso più.
Tutto questo si trova in 19 tracce, quelle di Exuvia, fuori, finalmente dal 7 Maggio.
Titoli (e sottotitoli)
CANTHOLOGY feat. Matthew Marcantonio “Things are scattered everywhere, no one seems to care, they’re trying to get somewhere, get away!”
FUGADA’ “In fuga dal mio disco precedente, da chi dice “Ti capisco”, invece mente”
UNA VOCE (SKIT)
EL SENDERO feat. Mishel Domenssain “Camina, guerrero camina, por el sendero del dolor y la alegria”
CAMPIONE DEI NOVANTA “Sai, a volte il traguardo comincia da un passo falso”
LA MATRIGNA (skit)
CONTRONATURA “So che vivi nell’incuria, non ragioni, non decidi. Chi di te si prende cura lo fa contro i tuoi principi, ma va bene così.”
ETERNO PARADOSSO “Un adulto che fa un genere da ragazzini tanto ai ragazzini piace la roba per adulti”
MARCO E LUDO (skit)
LA SCELTA “E sono contento della scelta che ho fatto, nemmeno un rimorso, nemmeno un rimpianto”
AZZERA PACE “Tu dammi un consiglio che farò il contrario”
EYES WIDE SHUT “Se togli l’arte dal mio mondo è solo un posto banale”
GHOST MEMO (skit)
COME PRIPYAT “Non parlo al mondo come prima ma parlo a vuoto come Pripyat”
IL MONDO DOPO LEWIS CARROLL
PI ESSE (skit) “Dove sei meraviglia? La noia mi tiene la briglia”
ZEIT!“Io non pensavo tu invecchiassi come tutto il resto”
LA CERTA “Pensami, non cercarmi”
EXUVIA “E sarà tutto nuovo come da neonato con la pancia all’aria, dopo il mio passaggio dalla pancia all’aria”
Sono una toscana semplice : un po’ d’arte, vino buono & rock ‘n roll.
“Non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai”
(Frida Khalo)