Il primo giorno del Bella Storia Fest è stato un vortice di emozioni inimmaginabile. Un vortice sia visivo, che sonoro, che spirituale. Il secondo giorno è stato ancora peggio. Nelle ultime 72 ore sono successe così tate cose al palo Fieristico di Venticano (AV) che alcune di essere meritano approfondimenti che verranno realizzati nella sezione delle Interviste. Per ora, lasciate che vi racconti quello che è successo.
BellaStoria: una puntata di Black Mirror durata quarantotto ore
A fare da padrone a questo Festival è stata la tecnologia comunicativa. Sembrava a tutti gli effetti di stare in una sorte di videogioco online. Una sensazione che si avvicina molto agli eventi dei giochi di ruolo live (un tipo di esperienza che ricorda giochi online MMO come Ingress). Infatti per poter capire quello che stava accadendo tra i due palchi, bisognava sempre prendere in mano lo smartphone e cliccare il profilo Instagram del Festival o dei The Jackal. A causa di disguidi dovuti al maltempo, infatti, l’organizzazione è stata costretta a posticipare di diverse ore l’inizio della scaletta, quindi le Stories Online diventavano a tutti gli effetti l’unico modo di capire cosa stava accadendo tra i due palchi. E l’effetto finale è stato frenetico, coinvolgente e entusiasmante. L’unico dispiacere è quello di non aver potuto essere fisicamente presente all’inizio di ogni esibizione. Lo sanno bene i The Jackal che, con meticoloso sincronismo, sono riusciti a presentare con brevissimi interventi l’intera manifestazione dividendosi a gruppi. Proprio per questo ho iniziato a parlare con il pubblico sotto al palco, chiedendo cosa gli stava piacendo.
Ho incontrato Dave (nome di fantasia), sceso per le vacanze in Italia. Dave mi racconta di come negli States i social siano divenuti ormai una minaccia a cui la gente sta scappando. C’è paura sulla condivisione dei propri dati negli ultimi mesi e mi dice che non si farà mai e poi mai un account instagram sapendo di dare i suoi dati a Facebook. Gli chiedo di parlarmi del festival ma mi chiede di non fargli video o foto, è una cosa che lo spaventa, quindi rispetto la sua scelta e non chiedo oltre.
La voglia di rimanere scollegati o semplicemente anonimi è anche una delle caratteristiche più comuni tra gli artisti del Bella Storia. Nomi come M¥SS KETA, Liberato (o chi per lui), The Andrè, Frah Quintale (con i suoi video), hanno giocato molto sul mistero dietro la loro identità. E in effetti lo svelare questi piccoli e inutili dettagli, finirebbe solo col deludere qualcuno. Basti pensare a Daft Punk, Bansky e tanti altri artisti che hanno deciso di rimaner celati dietro alle telecamere. Ed oggi, proprio con i social, diventa impresa ardua non essere catturati da una telecamera.
Degli artisti che ho avuto modo di conoscere in questi giorni, mi sono reso conto di quanta preparazione artistica comporta la scelta dell’anonimato. Ma anche di cosa comporti l’alternativa, ovvero finire con l’essere riconosciuti ovunque. Da un lato infatti c’era The Andrè, un misterioso cantautore che non voleva essere fotografato o filmato, e dall’altra Gianluca Fru dei The jackal che ogni 10 passi che faceva, arrivava qualcuno a chiedergli una foto, facendomi tornare in mente questa bella canzone di Elio, e lui finiva per divertirsi a trovare variazioni su tema foto come uno spavaldo Raymond Queneau.
Secondo la Statisticbrain.com l’anno scorso sono state postate su Instagram 52,000,000 foto al giorno e la piattaforma sembra aver raggiunto un miliardo di utenti mensili. Credo che se continueremo così saranno più i ricordi che condivideremo che quelli che avremo.
FESTIVAL INDIE O FESTIVAL TRAP?
Su questo punto è bene soffermarsi: Credo che si tratti della stessa cosa. Ve lo ricordate il Dubstep di qualche anno fa? Esatto, Quello coi suoni del flex. Avete presente i flex vero?
Ecco, la trap è il Flex del Dubstep, ma aggiornato a 15 anni dopo la nascita del Dubstep; si tratta di nuovi sottogeneri musicali che si uniscono tra di loro negli anni ma che formano tutta una serie di sottocategorie che confondono le persone per quante ne esistono. Per quanto mi riguarda, il 10 e l’11 Agosto a Venticano ho assistito ad un festival di musica indipendente che toccava così tante sottocategorie che ad una certa mi sono detto: elencarle non serve a nulla. E così semplicemente mi sono messo ad ascoltare sotto al palco.
La LINE-UP che sono riuscito a sentire è stata onestamente poco più della metà degli artisti presenti sul palco proprio perché era fisicamente impossibile stare contemporaneamente su due palchi diversi e preferisco quindi limitarmi a parlare di chi o cosa ho ascoltato con attenzione. Quindi chiedo scusa (perché ero curioso di sentire) a Joe Clemente, Holi Color Festival, Vinyl Giampy, Gima / Talpah, Wrongonyou, Yombe e Quentin 40 che erano presenti sul palco ma io purtroppo mi trovavo dall’altra parte.
Giorno 1 del BellaStoria Festival: FABER IS NOT DEAD
Il primo giorno è stato più che altro un esperimento visuale. Infatti a predominare erano le animazioni proiettate sullo schermo che trasformavano il festival in un gigantesco cinema all’aperto in grado di raccontare attraverso la musica. Inoltre in una piccola galleria che separava i due palchi, c’era presente l’installazione artistico/sonora del collettivo agata, un gruppo di studenti del conservatorio di Avellino che hanno realizzato e creato degli strumenti musicali utilizzando l’acqua come elemento base, facendo quindi della found music, ed hanno proiettato animazioni dal vivo, creando un vero e proprio passaggio attraverso il multiverso musicale del festival.
The Andrè
Ispirato da Fabrizio De Andrè e il suo lavoro di adattamento sui testi di Brassens ma con i testi del panorama contemporaneo italiano, The André, non ha solo intrattenuto con ironia il pubblico ma ha dimostrato grandissime doti musicali ricreando le atmosfere sonore del cantautore genovese (grazie all’aiuto di un preparato strumentista che si porta con sé). Inoltre in vari intermezzi ha cantato i versi dei testi originali di Faber (e non solo), con impeccabile professionalità riuscendo a far illudere, anche solo per un secondo, che Faber fosse ancora vivo.
COMA COSE
Si tratta di un duo electro pop ma dal vivo erano in tre, incluso un bravissimo batterista che forniva un groove travolgente. Due stili musicali in uno, una band in grado di sorprendere inevitabilmente. Il pubblico sembrava fortemente riconoscersi nel testo di Anima Lattina:
Parlare e bere birra fino alla mattina
Abbiamo un’anima lattina
Sempre che abbiamo un’anima
NITRO
Con l’asta del microfono che ricordava un po’ sia i Korn che Terminator 2, Il Rapper Nitro ha tirato fuori la sua energia realizzando metriche ritmate e graffianti senza mai sbagliare un colpo o una sillaba. Nel poco tempo della sua esibizione ha saputo esaltare un pubblico spiazzato come me dal sapere se iniziava o meno qualcosa sull’altro palco.
GHEMON
Mi è dispiaciuto non aver potuto sentire Ghemon da sotto il palco in quanto proprio durante la sua esibizione ero in sala stampa (a poca distanza dal palco) a pubblicare un cielo stellato. Ghemon quindi è stata la mia colonna sonora mentre cercavo di realizzare qualcosa di bello. E sarà forse anche grazie alle sue canzoni che appena avevo terminato queste pubblicazioni (e casualmente in contemporanea anche la sua esibizione) mi sentivo davvero bene.
NU GUINEA
I Nu Guinea hanno realizzato un disco chiamato Nuova Napoli che è praticamente una bomba di suoni. Quello che riescono a creare con un misto di campionamenti e registrazioni è un Dj Set potentissimo che incuriosisce, soprattutto a chi non conosce la musica partenopea. Sicuramente una delle band che più mi ha entusiasmato con la sua energia.
M¥SS KETA
Io di Myss Keta ci devo fare un articolo a parte perché nel documentarmi su di lei sono venuto a conoscenza di un sacco di cose che fa lei che sintetizzare tutto in tre righe di recensione non serve a nulla. Ah, inoltre, posso dire che quel mio amico dell’America di cui vi parlavo ad inizio articolo, mi ha detto, da Fan della Club House e dei Peaches, che l’ha adorata. Io invece ho adorato il suono dei synth alla Sick Tamburo (Non a caso entrambi pubblicano per la Tempesta, una delle mie etichette preferite per tanti motivi) e gli splendidi video.
SKIN
Dato che il maltempo aveva spostato tutta la scaletta di due ore, l’esibizione di Skin è cominciata tardissimo. Si rispetta la scelta di proporre repertorio degli Skunk Anansie e ti godi un buon misto, da Skin che si mette al dj-set, di Club House ed EDM proveniente da una donna che assomiglia sempre di più ad un vecchio blues man e che sei contento di aver visto almeno una volta nella vita.
Giorno 2 del BellaStoria Festival: SI ACCHIAPPA MALAMENTE CON QUEST’INDIE
Con questa citazione tratta da un brano di Enzo Savastano (di cui parleremo fra poco), si riapre il discorso dei sottogeneri musicali cominciato il giorno prima con The André. In questo secondo giorno infatti ogni artista che ho avuto modo di sentire, ha omaggiato in qualche modo la sottocategoria Trap con una cover. Willie Peyote ad esempio si è messo a cantare Thoiry con la sua band mentre a 30 metri si esibiva il suo autore Quentin40.
Frah Quintale invece, grazie a quell’arnese magico chiamato Autotune ha regalato agli spettatori la “Sfera Ebbasta Experience”, cantando acapella “Sciroppo”. Ed Enzo Savastano, beh, lui è l’autore della canzone Indie definitiva che cita Calcutta, Brunori Sas e l’immancabile Bologna in un bel mix sarcastico:
Minore presenza visuale rispetto al primo giorno compensato da un ottimo livello tecnico dei musicisti (quando dico musicisti parlo di tutta la band). Per il resto questo è quello che mi ricordo di aver visto:
MODA LODA BRODA
In controtendenza con la corrente di citare la Trap invece i Moda Loda Broda hanno riarrangiato e riadattato “Mia cara Miss” degli Squallor e mi basta questo in un concerto rap per sentirmi compreso.
ENZO SAVASTANO
Il gruppo musicale di Enzo Savastano è spettacolare. Non solo l’ironia dei testi, serviti più che altro come trampolino di lancio, ma è soprattutto la musica il punto di forza di questo progetto. Non è semplice mischiare Deep Purple, canzoni di natale, Raggae Music, Rap, Gianluca Fru e Indie in mezz’ora. Beh, Enzo Savastano e la sua numerosa e validissima band ci riescono benissimo. E rivedendo un suo vecchio video di 5 anni da, avreste mai creduto che quest’uomo potesse arrivare ad un livello tecnico e qualitativo del genere?
WILLIE PEYOTE
Lui lo attendevo con ansia e sono rimasto piacevolmente sorpreso quando è arrivato sul palco accompagnato da una band che così tutto ad un tratto ti cita i Rage Against the Machine. Bravo Willie nella scelta musicale, sui testi e sulla scelta dei titoli, sempre interessanti e interpretabili su più chiavi di lettura.
FRAH QUINTALE
Questo è forse l’artista che mi ha più diviso da un punto di vista di coinvolgimento. Non riuscivo a capire perché le canzoni su Youtube mi erano pure piaciute. Così mentre ascoltavo e pensavo, ad un tratto mi sono reso conto che il palco era gremito di gente venuta a posta per sentire lui. Ho dunque chiesto in seguito pareri ad amici e passanti sulle loro impressioni: a colpire di questo musicista sembra essere l’impatto emotivo delle sue canzoni, il modo in cui racconta le sue relazioni. In effetti, a ripensarci a posteriori, se avesse cantato acapella il tutto, liberandosi degli archetipi di quello che definisce lui stesso Street Pop, forse, e solo forse, la sensazione di coinvolgimento sarebbe stata diversa.
LIBERATO IL KRAKEN
Mentre ero fuggito un attimo a comprare dell’acqua, vedo attraverso le storie del social che prima dei Frenetik & Orang3 facciano partire la base di “9 maggio”, sul palco si presenta un musicista di spalle con una felpa e il cappuccio. Neanche il tempo di capire cosa succede che tutti cominciano a pubblicare storie. Alla fine si scopre che si tratta solo di uno scherzo dei The Jackal. Ecco, una cosa di cui non ho parlato fino ad ora sono i The Jackal che per tutto il tempo hanno trottato da una parte e l’altra del festival cercando (e riuscendo) di presentare e coordinare il tutto nei limiti del possibile.
Io che loro li seguo dai tempi di Van Dammo sono stato molto contento di scambiare qualche opinione con Alfredo in merito alla realizzazione tecnica dei video.
Ah si sempre in merito a Vandammo, pubblicato 9 anni fa, avreste mai pensato che questi tizi sarebbero arrivati a presentare un social Festival? Ecco, questa è la bellezza degli artisti indipendenti.
ZULU’
A chiudere in bellezza il festival ci ha pensato Zulù dei 99 Posse che come mi ha fatto notare il mio amico Andrè, presenta un album dal titolo “Quant’ ne vuo’”, proprio per via della quantità incredibile di influenze contenute all’interno della scaletta. Infatti, canta dapprima una versione di Curre Curre Wagliò in chiave Dubstep, poi stravolge completamente tutto il repertorio che lo ha reso quello che è. Ogni canzone si trasforma in un viaggio inedito per gli spettatori toccando davvero una quantità diversissima di categorie musicali. Essendo anche la fine del concerto, ad un certo punto ci si ritrova anche con gli altri musicisti sotto il palco, rimasti proprio per godersi l’esperienza, mi metto così a parlare (e pariare) con sharkemcee rapper di Enzo Savastano durante il Raggae Neomelodico e di nuovo coi The jackal, ritrovo anche vecchi amici dei tempi delle scuole. Così circondato dalla musica della mia adolescenza e dagli amici del passato, mi sembra di essere ritornato a casa.
IN CONCLUSIONE:
L’intero BellaStoria Festival, organizzato dai ragazzi del Tilt di Avellino (Non mi metto a scrivere i nomi per paura di dimenticare qualcuno, ma tutta gente in gamba) è stata una prima prova convincente a cui spero ci sia un seguito con dovute migliorie. Infatti questa cosa del doppio palco è da riprogettare, così come è da rivedere il prezzo dell’acqua ad un festival (Posso capire gli alcolici e il cibo che possono costare un po’ di più ma l’acqua la si beve per evitare di sbattere a terra).
Il primo Bella Storia Fest è stato un esperimento, la prova che qualcosa di nuovo (e soprattutto inedito) è possibile in posti in cui i giovani non vengono presi in considerazione come pubblico decisionale. Per una volta invece sono stati proprio i ragazzi che online hanno suggerito quali artisti prendere in considerazione per la line-up e questo può tranquillamente essere il primo segnale di un cambiamento in positivo nel panorama della musica indipendente. L’inizio, appunto, di una bella storia.
A cura di Andrea Turel Caccese
Photogallery di francesca Struzziero e Angelo Nardone
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