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Alessandro Quarta all’Auditorium Parco della Musica: passione selvaggia

by Elena Fioretti
Alessandro Quarta

Testa pelata, presenza forte, imponente, volto espressivo… è così che si presenta Alessandro Quarta sul palco del Teatro Studio Borgna all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Quando le luci si abbassano non ce n’è più per nessuno. L’ascoltatore viene trascinato in un vortice di suoni delicati, potenti, malinconici e gioiosi che escono da un violino del 1700. Ma chi è Alessandro Quarta?

Classe 1976, salentino è uno dei più grandi musicisti italiani, violinista, polistrumentista e compositore è stato acclamato dalla CNN nel 2013 come Musical Genius. Ha iniziato a suonare in orchestra ed è diventato famoso in tutto il mondo ricoprendo il ruolo di violino da spalla con i più grandi direttori tra cui L.Maazel, E. Inbal, C. Dutoit, M. Rostropovich, M.W. Chung, G. Pretre, Z. Metha. Da qualche anno ha intrapreso anche la carriera di solista duettando con Carlos Santana, Lucio Dalla, Mark Knopfler, Celine Dion, Liza Minnelli e molti altri. Ha pubblicato due dischi: “One more time” (2010) e “Charlot” (2014). In Italia il suo nome inizia a circolare per il brano “Dorian Gray” composto ed interpretato dal vivo in occasione del Roberto Bolle and Friends 2018 e per la strepitosa esibizione al Festival di Sanremo 2019 in duetto con Il Volo.

All’Auditorium Parco della Musica, Quarta, insieme ad un ensamble composta da piano (Giuseppe Magagnino), contrabbasso (Michele Coaci), chitarra (Franco Chirivi) e batteria (Cristian Martina), ha presentato la sua ultima fatica: “Alessandro Quarta play Astor Piazzolla” un escalation di brani riarrangiati del famosissimo compositore italo-argentino. Il disco presenta sonorità jazz ed è stato registrato in 3D in Germania.
Al grido di “facce sognà” il violino di Alessandro Quarta suona le note di “Charlot” un tango malinconico composto dallo stesso in omaggio ad “Astore Piazzolla”, un musicista italiano che trae la sua creatività e il suo sentimento proprio dalle sue origini. Il violinista, a sorpresa, prende il microfono e ci introduce nella storia del Tango facendoci ascoltare degli esempi, suonati dal vivo, dei precursori di questo genere: dall’ “Habanera” di Bizet al “Por una cabeza” di Gardel. Il tango, continua Quarta, si suona con il bandoneon, uno strumento inventato per essere utilizzato in chiesa ma che diventa il simbolo di un genere musicale basso, suonato nelle balere, nei porti, nei bordelli. Il tango è fisicità, sensualità, musica terrena che ci fa volare.
Il concerto prosegue con il ricordo dell’esperienza di Piazzolla a Parigi con “Chau París” per poi continuare con “Cité Tango” simbolo degli anni newyorkesi del compositore. Il brano presenta delle forti influenze jazz e il violino di Quarta assume le sembianze a volte di un sassofono, a volte di una tromba.  Con “Rio Sena” Quarta ci invita a chiudere gli occhi e ad immaginare dame e signori della Bella Epoque che passeggiano sulla riva del fiume. La musica è evocativa  e, quando il violinista sussurra: “Parigi”, si svelano davanti a noi dei veri e propri quadri dipinti dalla musica che farebbero invidia ai più grandi maestri impressionisti.
“Years of solitude”, che segna il sodalizio artistico tra Piazzolla e il jazzista Gerry Mulligan, ha una melodia perfettamente tracciata dal violino che si trasforma quasi in una voce, in un lamento lontano, malinconico e struggente. Quarta introduce i brani, spiega e racconta di come ha scoperto il compositore italo-argentino proprio nell’anno della sua morte, avvenuta nel 1992.
È il turno di “Oblivion” magistralmente introdotta da un assolo jazz pianistico fino ad arrivare ad “Adios Nonino”, brano composto da Piazzolla in occasione della scomparsa del padre. Qui Quarta fa notare che il tango è pura passione e che Piazzolla ringrazia il padre per averlo generato, sessualmente, fisicamente. Da questo discorso parte l’introduzione agli ultimi cinque brani del concerto. I brani di Piazzola sono come un rapporto sessuale, continua il violinista, prima lenti poi sempre più veloci fino all’amplesso finale. Non dobbiamo vergognarci di questo né negarlo: il tango è passione, sesso, attrazione fisica, sudore, è ora di far finire quest’omertà musicale.
Con gli ultimi brani del periodo argentino (tra cui spiccano “Jeanne Y Paul”, omaggio al film “Ultimo tango a Parigi” e la famosissima “Libertango”) Quarta lascia parlare la musica dando il meglio di sé, coerente con quello che ha detto poco prima, il suo è un vero e proprio amplesso con il violino e con le note che escono potenti, selvagge ma, allo stesso tempo, delicate e sensuali. La sua è una danza sul palco in cui il musicista si dà totalmente, posseduto dalla melodia e dal suo strumento, arrivando a dare piacere a chi lo guarda e lo ascolta. Un tripudio di energia, uno spettacolo da ascoltare e da vedere, un’esperienza sensoriale che resterà indelebile nella mente dei fortunati spettatori.

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